Ancora un’emergenza. Ancora escluso il Parlamento
Il Governo ha deliberato due nuovi stati di emergenza legati alla crisi ucraina. Si tratta di atti amministrativi, legittimati dalla legge ordinaria, ma problematici rispetto alla Costituzione che per evitare derive autoritarie non prevede lo stato di emergenza. In ogni caso, sul modello dell’art. 78, qualunque “emergenza” non può prescindere dal ruolo centrale del Parlamento.
Il Consiglio dei Ministri, con deliberazione 25 febbraio 2022, ha dichiarato, ai sensi dell’art. 29 del d.lgs. n. 1/2018 e successive modificazioni (c.d. Codice della Protezione civile), lo «stato di emergenza per intervento all’estero» (da non confondere con quello deliberato per ragioni sanitarie) fissato in tre mesi. L’obiettivo è quello di consentire alla Protezione civile, i cui interventi in questa ipotesi rientrano all’interno delle attività del Meccanismo di Protezione civile dell’Unione Europea, di compiere operazioni in ambito internazionale. Inoltre, con successiva deliberazione 28 febbraio 2022 ed in ragione dell’inasprirsi del conflitto tra Federazione Russa e Repubblica di Ucraina, fino al 31 dicembre dell’anno solare in corso il Consiglio dei Ministri ha deliberato un altro stato di emergenza, ai sensi degli artt. 7, comma 1, lett. c) e 24 del d.lgs. n. 1/2018, per assicurare soccorso ed assistenza alla popolazione ucraina sul territorio nazionale (anche questo, come il precedente, è indipendente dalle note vicende sanitarie).
Ora, se, da un lato, il vigente Codice della Protezione civile legittima i due interventi da parte della componente collegiale del Governo della Repubblica, dall’altro non si può non porsi qualche interrogativo circa la compatibilità della disciplina normativa rispetto alla forma di Governo parlamentare «a debole razionalizzazione» delineata nella Parte II della Costituzione repubblicana. Il Testo fondamentale del 1948, com’è noto, ad eccezione dell’ipotesi bellica di cui all’art. 78, non prevede né lo stato di eccezione, né quello di emergenza: una scelta voluta dall’Assemblea Costituente per il pericolo di derive autoritarie. Tuttavia, la deliberazione dello stato di guerra, operata dalle Camere le quali conferiscono all’Esecutivo i «poteri necessari» (e non tutti i poteri), mostra in modo inequivocabile la centralità del Parlamento, propria del modello parlamentare, rispetto ad una situazione di eccezionale gravità che coinvolge l’intero territorio nazionale. Pertanto, si potrebbe ritenere, prendendo a riferimento il parametro costituzionale di cui all’art. 78, che questo, al di là dell’espresso e specifico riferimento alla situazione bellica, possa costituire un modello sulla base del quale «costruire» le emergenze.
Questo significa che la mancata costituzionalizzazione dello stato di emergenza (oltre che di quello di eccezione) non può legittimare il legislatore ordinario, come avvenuto con il Codice della Protezione civile, a derogare, qualora si verifichi un evento tale da azionare strumenti non ordinari per fronteggiarlo, alla centralità delle due Camere nella fase di dichiarazione. Tanto la deliberazione emergenziale per «intervento all’estero», quanto quella sul soccorso ai profughi ucraini in Italia, non solo non contemplano, in base alla normativa vigente, un ruolo per il Parlamento italiano ex ante, ma nemmeno prevedono un controllo ex post, cioè successivo, dal momento che i due provvedimenti del Consiglio dei Ministri non sono decreti-leggi da convertire entro il termine perentorio di sessanta giorni ex art. 77, comma 2, Cost., ma atti amministrativi a portata generale per i quali è problematica la stessa impugnazione al T.A.R. per il Lazio. Aveva ragione il filosofo Giorgio Agamben: a suon di emergenze, queste sono oramai «normalità consolidata».
(*) Avvocato del Foro di Verona
(**) Associato di Diritto Costituzionale italiano e comparato e Dottrina dello Stato presso la Libera Accademia degli Studi di Bellinzona (Svizzera)-Centro Studi Superiore INDEF. Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico. Vice-Referente del Campus universitario e di Alta formazione Unidolomiti di Belluno.