Ancora liberi in Sierra Leone gli assassini di padre Amadu
La Chiesa cattolica chiede alle autorità più impegno per consegnare alla giustizia i responsabili e riflette sulle cause del forte aumento dei crimini

Ancora non sono stati assicurati alla giustizia i malviventi che il 30 agosto hanno ucciso in Sierra Leone padre Augustine Amadu e la Chiesa cattolica reclama maggiore impegno da parte delle forze dell’ordine. “Chiediamo alle autorità, e specialmente alla polizia, delle risposte e di agire con decisione affinché nessun’altra famiglia, nessun’altra comunità e nessun’altra Chiesa debbano più sopportare un dolore simile” così si è espresso Peter Konteh, presidente dei sacerdoti cattolici in Sierra Leone e Direttore Esecutivo di Caritas Freetown, intervistato dall’agenzia di informazione ACI Africa il 19 settembre. Padre Amadu è stato ucciso la notte tra il 29 e il 30 agosto da uomini armati che hanno fatto irruzione nella casa parrocchiale in cui viveva da solo. Il 31 agosto avrebbe dovuto celebrare la messa di commiato dalla parrocchia dell’Immacolata Concezione di Kenema dove prestava servizio perché era stato destinato alla parrocchia di St John Kailahun, sempre a Kenema. È tuttora da chiarire il movente dell’omicidio. Padre Amadu era ben voluto e apprezzato per la sua disponibilità. Ma le sue omelie contro la corruzione e la criminalità se da un lato gli hanno fruttato rispetto da parte dei parrocchiani gli hanno sicuramente procurato dei nemici. Nella provincia orientale del paese di cui Kanema è il capoluogo, riferisce l’agenzia di stampa Fides, si è registrato di recente un forte aumento delle rapine a mano armata e le aggressioni. Secondo padre Peter, il brutale omicidio di padre Amadu mette in luce la crescente avidità che regna tra i giovani che quindi ricorrono a scorciatoie nella loro ricerca della ricchezza. “Questa tragedia – ha detto – ci costringe a riflettere sulle cause profonde della criminalità nella nostra società. Troppi dei nostri giovani cercano una ricchezza facile e senza fatica. Desiderano denaro, ma rifiutano la dignità del lavoro. Un lavoro d’ufficio non è l’unica via per il sostentamento, né la politica dovrebbe essere vista come l’unica via per la ricchezza. La nostra terra è ricca, ma sottoutilizzata. Con la giusta guida e il giusto supporto, i nostri giovani possono incanalare le loro energie in attività produttive come l’agricoltura, l’artigianato, l’imprenditorialità, per costruire vite dignitose piuttosto che distruttive”.