Anche la liturgia ci ricorda che la "terra" non è Dio
Una riflessione del musicista Fulvio Rampi a partire dalle antifone del tempo di Avvento (ma non solo), con interessanti risvolti in merito alla "questione (che talvolta sfocia in ossessione) ecologica".
Il vaticanista Sandro Magister riporta una riflessione del musicista Fulvio Rampi, docente al Conservatorio di Torino, a partire dalle antifone gregoriane del tempo di Avvento e di Natale, in particolare laddove parlano (anzi cantano) della "terra". Con interessanti risvolti in merito alla "questione (che talvolta sfocia in ossessione) ecologica".
In sintesi: la terra non è Dio e ce lo ricordano anche varie antifone, dal Benedixisti Domine terram tuam (Signore, hai benedetto la tua terra) al Viderunt omnes fines terrae salutare Dei nostri (Tutti i confini della terra hanno veduto la salvezza del nostro Dio). «In aperta polemica contro ogni mito antico e nuovo che sacralizzi la dea terra come madre ancestrale, la sapienza biblica ricorda che l’uomo è sì terrigno, fragile frutto cadùco della terra, ma non ne è figlio, perché è creato da Dio», scrive Rampi.
La terra porta frutto perché è Dio a benedirla. Ma il vero dono di Dio va ben oltre: «Il binomio uomo-terra, ampiamente sviluppato nell’Antico Testamento, trova soluzione in Gesù Cristo», delineando un filo rosso che giunge fino alla Pentecoste. «La grande liturgia della Chiesa cattolica – commenta Magister – è letteralmente agli antipodi della nuova dilagante religione della natura, con la terra come dea madre»