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VERTICE UE

Anche dopo Bratislava, la Difesa Europea stenta a decollare

Dopo il vertice di Bratislava dei ministri della Difesa, Federica Mogherini si è detta "molto soddisfatta" per "le tre proposte molto concrete e costruttive" sulla difesa comune europea. Ma il progetto stenta ancora a decollare. Per la volontà di Francia e Germania di monopolizzarlo, per le resistenze di Londra, per troppe divergenze di interessi nazionali.

Politica 01_10_2016
Federica Mogherini

L’Europa della difesa prova a prendere timidamente il volo ma con poche ambizioni, senza voler costituire forze armate congiunte né voler entrare in competizione con la Nato.

Al vertice dei ministri della difesa di Bratislava, l’Alto rappresentante per la politica estera europea, Federica Mogherini, si è detta "molto soddisfatta" per "le tre proposte molto concrete e costruttive" da mettere a punto in vista del Consiglio europeo del 15-16 dicembre. Il primo punto riguarda il piano di attuazione della Strategia globale in materia di difesa e sicurezza, presentata lo scorso 29 giugno anche se è difficile mettere insieme concretamente 27 Paesi che hanno interessi, percezioni e priorità diversi e in molti casi opposti su ogni dossier “caldo”.

Dal Medio Oriente ai rapporti con Mosca, dalla lotta al terrorismo al contrasto all’immigrazione illegale, l’Europa è una comparsa mentre per la difesa del Vecchio Continente continua a puntare sulla NATO, cioè agli Stati Uniti, alleato col quale molti Stati europei condividono ormai ben pochi interessi comuni. Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha infatti plaudito al progetto di difesa europea a patto che “sia complementare" alla Nato, che di fatto significa mantenere l’Europa dipendente dagli Usa sul piano strategico.

Il Regno Unito rimane contrario "a qualsiasi idea di un esercito europeo" perché la Nato deve rimanere "la pietra angolare della difesa dell'Europa” ha dichiarato il ministro britannico della Difesa, Michael Fallon. Posizione nota e comprensibile: Londra non ha interesse al potenziamento della Ue da cui è uscita mentre nella Nato è “l’azionista numero 2” dopo gli Stati Uniti. 

Il secondo pilastro indicato dalla Mogherini mira al rilancio del comparto industriale militare, l’unico campo militare in cui l’Europa abbia fatto ampi progressi con aziende e consorzi multinazionali che competono con i russi e le grandi società statunitensi. L’integrazione industriale si farà però con accorpamenti e acquisizioni che vedranno favoriti gli Stati che più spendono per la Difesa e che dispongono degli apparati industriali più grandi e competitivi. Con l’uscita di Londra la leadership è franco-tedesca e l’Italia risulta penalizzata dagli atteggiamenti elitari di Berlino e Parigi e dalla fragilità del suo sistema-difesa. Siamo l’unico Stato della Ue che continua a tagliare i bilanci militari e la debolezza delle commesse interne indebolisce l’apparato industriale.

Il terzo pilastro riguarda l'intensificazione della cooperazione tra Ue e Nato nei settori della sicurezza marittima, immigrazione, cyber security e interoperabilità militare. Temi sui quali l’Europa tentenna: non ha mai assunto iniziative militari o di sicurezza concrete per contrastare l’immigrazione illegale e negli altri settori citati non presenta solidi programmi unitari ma diverse iniziative nazionali. La cyber security concerne la protezione di infrastrutture e dati vitali per la sicurezza nazionale da difendere dai “nemici” ma anche da tanti “amici e alleati” che (“Datagate” insegna) si sono rivelati concorrenti spietati.

D’altra parte le speranze nutrite da Roma di guidare con i franco-tedeschi l’integrazione militare sono durate solo poche ore: dopo il vertice di Ventotene, scesi dalla portaerei Garibaldi, Hollande e la Merkel sono andati avanti da soli presentando progetti che puntano più all’assimilazione che all’integrazione. Nel Libro Bianco tedesco viene annunciato un incremento delle spese militari e l’arruolamento aperto ai cittadini di tutta la Ue: considerando retribuzioni e benefit offerti, la Bundeswehr assorbirà così i migliori giovani europei interessati al mestiere delle armi. I ministri Jean-Yves Le Drian e Ursula von der Leyen hanno rinnovato ieri l’asse franco-tedesco per “rafforzare le capacità di azione sui teatri di operazione” ha detto il francese e per “integrare meglio i punti di forza degli Stati europei in modo da poter agire più velocemente" ha aggiunto il ministro tedesco.

Non si parla di “forze armate europee” ma di istituire quartier generali delle missioni Ue e di coordinamento nel campo del trasporto strategico: settori in cui il peso delle forze armate, dei bilanci e dell’industria della difesa assicurano la leadership ai franco-tedeschi. Alle mire egemoniche di Berlino e Parigi (rimasta ora l’unica potenza nucleare dell’Unione) l’Italia risponde con una visione opposta della difesa europea, considerata fin dai governi Berlusconi una soluzione per delegare compiti militari tagliando le spese. Ieri il ministro Roberta Pinotti ha evidenziato il problema del "meccanismo di finanziamento” che sarebbe anche la causa della mancata attivazione dei battle-group, i “reggimenti” europei per le missioni oltremare annunciati nel 2007 ma mai resi operativi.

Il flop dei battle-group è legato anche ad altri fattori ma il ministro Pinotti ha ragione quando sottolinea che l’addestramento della Marina libica che verrà effettuato (ma Tripoli non ha indicato il personale da addestrare) dall’operazione Eunvafor Med “sarà completamente sulle spalle, dal punto di vista finanziario, del paese che farà l'addestramento, quindi dell'Italia”. Meglio forse accettare che Libia e immigrazione sono problemi che dovremo risolvere da soli: i partner non intendono metterci troppo denaro e si limitano a inviare qualche nave (che sbarca i migranti in Sicilia) e a sigillare le frontiere con l’Italia. Prima di valutare il livello di ambizione militare cui aspira la Ue a cui ha fatto riferimento Federica Mogherini occorre riflettere su quello che l’Italia vuole attribuirsi  per difendere gli interessi nazionali anche dalle minacce portate dai partner della Ue.