Americani molto generosi. Ma anche un po’ distratti
Sono la nazione più ricca del mondo e anche la più generosa. Parliamo degli Stati Uniti, un Paese che, ogni anno, vede la società civile protagonista di sostanziose donazioni: 373,25 miliardi di dollari. E la maggior parte di questo fiume di dollari arriva da privati cittadini. Ma non sempre i fondi sono per cause giuste.
Sono la nazione più ricca del mondo e anche la più generosa. Parliamo, ovviamente, degli Stati Uniti, un Paese che, ogni anno, vede la società civile protagonista di sostanziose donazioni: 373,25 miliardi di dollari, pari al 2,1% del proprio Prodotto interno lordo. Per dare un'idea delle dimensioni, 373 miliardi sono oltre 1.150 dollari a testa per ogni cittadino, neonati inclusi, oppure 1,2 volte la spesa pensionistica dello Stato italiano (277 miliardi di euro nel 2014).
I dati, che arrivano dal portale Charitynavigator.org (clicca qui), danno altre informazioni importanti. Anzitutto ci dicono che le donazioni sono in aumento da sei anni consecutivi (+4,1% sul 2014), a dimostrazione che gli States non sono un paese egoista, ma anzi una nazione in cui l'individualismo si esplica anche nella responsabilità e nella generosità individuale. In secondo luogo, le donazioni da parte dei singoli cittadini sono, nel complesso, molto più consistenti di quelle che arrivano da grossi enti benefici e corporation. Nello specifico, i privati donano 264.58 miliardi di dollari, pari al 71% di tutte le donazioni, contro i 58,46 miliardi delle fondazioni, i 31,76 da lasciti testamentari e gli appena 18,45 delle corporazioni.
Nemmeno il colossale piano di donazioni promosso dai multimiliardari Bill Gates e Warren Buffet che, col The Givin Pledge, hanno convinto altri 153 super ricchi a donare più di metà dei propri beni durante la vita o tramite testamento riequilibra il “fronte” delle donazioni. Basti pensare che – dati alla mano – i miliardari si sono impegnati per 365 miliardi di dollari a fronte di un patrimonio complessivo di 731 miliardi (clicca qui, dati aggiornati a quando il pledge aveva 139 adesioni). Una cifra che verrà donata nell'arco di qualche decina d'anni visto che molti dei donors sono ancora giovani (fra i principali sostenitori troviamo il trentaquattrenne fondatore di Facebook Mark Zuckerberg e il quarantacinquenne cofondatore di PayPal Elon Musk).
In terzo luogo, è interessante notare come gran parte delle donazioni finisca a enti religiosi (119,3 miliardi di dollari pari al 33%), «in gran parte dati dai cittadini al proprio luogo di culto abituale», a dimostrazione di come gli States si confermino un Paese in cui la fede riveste, più che in Europa, un ruolo centrale nella vita individuale, sociale e familiare. Seguono le donazioni a enti che si occupano di educazione (57,48 miliardi, ovvero il 16%), ai servizi umani (45,21, pari al 12%) e i doni alle fondazioni (42,26, pari all'11%).
Tutto meraviglioso? Non sempre è tutto oro quel che brilla. Anzitutto, come diceva John Davison Rockefeller, forse l'uomo più ricco di tutti i tempi, «la carità è ingiuriosa a meno che non serva ad aiutare chi la riceva ad affrancarsi da essa». Una frase che ben descrive il rischio che il dono nasconda, pur nelle nobili intenzioni, il rischio di rendere schiavo chi lo riceve (l'esempio dell'Africa, che non riesce a liberarsi dal buon cuore dell'Occidente dovrebbe spingere a più di qualche riflessione). Inoltre, non sono pochi i casi in cui la solidarietà si direziona verso aree d'interesse che comportano più di qualche perplessità. Che dire, ad esempio, delle charity che si occupano di promuovere il “diritto all'aborto” in tutti gli Stati Uniti?
La principale organizzazione si chiama “Fund Abortion Now” (“Finanzia l'aborto ora”) ed è un network di fondi «per aiutare le donne a pagare gli aborti». Questi fondi sono in tutto ben 92 diffusi in buona parte degli States (più due nazionali, con sede in California, e due internazionali, con sede a Londra). «Mentre la copertura dell'aborto da parte del Medicaid (programma sanitario per le famiglie a basso reddito ndr) aiuterebbe milioni di donne nel lungo periodo, solo i fondi per l'aborto le aiutano subito», si legge sul sito. Sì perché come diceva il dottor George Tiller, medico che per decenni ha gestito una clinica che si occupava di aborti anche in stadi avanzati di gravidanza e che è stato ucciso nel 2009 da un anti-abortista, «non fraintendiamoci, questa battaglia riguarda l'autodeterminazione delle donne riguardo al direzione che devono prendere le proprie vite e quelle della propria famiglia. L'aborto riguarda i sogni e le speranze delle donne. L'aborto è una questione di sopravvivenza per loro».
L'argomento è tanto importante che è stato lanciato un contest che invita a mangiare un taco, bere una birra e fare una donazione per finanziare l'aborto, condividendo sui social network l'invito ai propri amici a fare altrettanto. E la cosa più incredibile è che, mentre si fa notare giustamente come l'aborto sia spesso spinto da motivazioni «economiche, sociali e razziali», non si faccia nulla per aiutare le donne che invece vorrebbero tenere il figlio.
Un'impostazione ideologica anti-life che possiamo vedere, seppur in misura minore, nei programmi della Bill&Melinda Gates Foundation per l'Africa rivolti alla “Pianificazione familiare”. Una pianificazione che riguarda 220 milioni di donne in Paesi in via di sviluppo. Non solo. Fra le motivazioni della pianificazione familiare la fondazione del fondatore di Microsoft troviamo anche il fatto che «ogni dollaro speso nella pianificazione familiare permette ai governi di risparmiare fino a 6 dollari che possono essere spesi per migliorare la salute, le unità abitative, gli acquedotti, le sterilizzazioni e altri servizi sanitari». Una frase che sa di pianificazione statale della vita individuale e familiare, già ampiamente vista in Cina con la politica del figlio unico.
Insomma, se volessimo fare un bilancio finale della solidarietà negli Usa potremmo dire che, in generale, è positivo. Gli Stati Uniti sono un Paese solidale in cui è la stessa società civile a prendersi cura degli individui più deboli senza gettarsi, per forza, fra le braccia dello Stato-paternalista. Certo di tanto in tanto si dovrebbe controllare meglio a chi si dona e perché.