All'Espresso piace Maroni: sull'eterologa ha ragione lui
La fecondazione eterologa non è affatto un diritto e le Regioni farebbero meglio a destinare quei fondi ai giovani in cerca di lavoro. Come ha fatto il governatore della Lombardia Roberto Maroni. Lo dice Daniela Minerva, giornalista responsabile delle pagine di Medicina e Salute de l'Espresso. Una bella sorpresa, davvero.
Se le anche le Coop rosse, a corto di clienti e in deficit di cassa, (clicca qui) fanno l’amarcord delle belle famiglie di una volta (tanti figli uguale un carrello pieno di merci e offerte speciali) beh, nessuna sorpresa se pure l’Espresso, settimanale della sinistra patinana e schiccosa, abbandona i rituali steccati per saltare sull'erba del vicino. Quella dove pascola il centrodestra guidato dal governatore della Regione Lombardia, il leghista Roberto Maroni. Nominato dalla rivista come il migliore e il più accorto dei presidenti regionali, perché ha scelto di non «fornire gratuitamente le cure mediche» alle coppie in cerca di provette per il loro figlio dei desideri.
Parole sante, da incorniciare e spedire ai governatori, queste di Daniela Minerva, giornalista, scrittrice, responsabile delle pagine di Medicina e Salute dell’Espresso e grande esperta di Sanità italiana. Stiamo parlando di fecondazione eterologa e di quel pasticcio brutto cucinato dai governatori regionali e servito gratis ad aspiranti padri e madri per scopi di propaganda e demagogia spicciola. Eterologa gratis per tutti, avevano detto, ma non è affatto così: anche stavolta la realtà smentisce la fantasia della sinistra al potere. Mancano i soldi per finanziare l’estensione gratuita e illimitata, ma scarseggiano pure i donatori di gameti che invece, a sentire i sottoscrittori del patto scellerato interregionale, parevano in sopranumero, come gli embrioni congelati. Andarli a comprare all’estero? Brutta idea, dato che mancano pure le norme per garantire sicurezza e tracciabilità, per non parlare dei costi e della “qualità” del materiale da importare. Solo una legge nazionale, a questo punto, potrebbe rimediare all’incoscienza, politica e sanitaria, di chi sbandierava la presunta autosufficienza delle Regioni a fare da sé, in una sorta di federalismo fiscale ed etico.
Contraddizione solo apparente: i presidenti di Regione che un mese fa pattuirono direttive comuni, già sapevano che non avrebbero mai funzionato e ora si trovano a reclamare (una legge) ciò che prima avevano giudicato inutile, se non pretestuoso per allungare i tempi e boicottare un presunto diritto alla maternità, sempre e comunque. E anche sui costi dell’eterologa, che ogni singola Regione ha stabilito in una sorta di gara al ribasso, sapevano di stare recitando solo una fiction. Dunque, ha ragione Daniela Minerva che sull’Espresso scrive: «La fecondazione eterologa costa cara perché prevede tutta una parafernalia tecnica, dalle banche dei gameti che vanno conservati come si deve alla pratica stessa di quella che un tempo si chiamava inseminazione. Prevede molto personale di alto livello. E prevede farmaci, farmaci e ancora farmaci: tutti costosi». Da qui la domanda: come può fare un sistema sanitario già stressato (perché il paese invecchia e le terapie sono sempre più efficaci ma anche più care) e costretto a raschiare il barile a sostenere un altro impossibile peso? Quando le Regioni non sono nemmeno in grado di garantire non solo le cure salvavita, ma anche quelle relative a una seria tutela della salute della madre e del nascituro? La risposta della Minerva è semplice e lapidaria: accollarsi le spese dell’eterologa ha senso se fossimo solo nel «regno di Bengodi, perché mamme e papà in provetta possono essere felici. E la felicità è una gran bella cosa, che addirittura gli americani mettono tra i diritti da perseguire».
Ma l’America è lontana, e in Italia ci sono circa tre milioni e mezzo di ragazzi che lavorano con contratti a tempo determinato che non prevedono congedi retribuiti di maternità né di paternità. Sono tutti ragazzi che non possono decidere serenamente di fare figli, se lo desiderano. E dunque, se la coperta è corta,chiede la Minerva a politici e amministratori, da parte volete tirarla? Detto in altro modo: chi ha più diritti, quelli che non possono avere bambini perché sono sterili o chi non li vuole perché poi non sa come mantenerli? La giornalista dell’Espresso corre decisamente in direzione contraria: i soldi vanno dati a questi ultimi e per motivi che suonano decisamente scandalosi per quella sinistra che si sta riciclando sui diritti arcobaleno. La sterilità, dice Minerva, non è una malattia, ma “una condizione infelice”, come lo sono la depressione, la vedovanza o l’impossibilità a trovare un lavoro. Sarebbe bello che ci fossero medicinali in grado di guarire tutti questi dolori, ma non è così. Però la Costituzione obbliga lo Stato a tutelare la salute dei cittadini e «se per far contenta una coppia sfortunata devo tagliare i presidi salvavita, allora non sto rispettando la Costituzione». Conclusione: «Dunque, è con la morte nel cuore che devo dar ragione a Maroni. Dopo vent’anni di critica agguerrita alla Sanità lombarda, questa volta al Pirellone hanno fatto la scelta gusta». Beh, meglio tardi che mai.
Niente da aggiungere a questo luminoso esempio di laicità libera dai paraocchi ideologici, che dovrebbe far ripensare quei politici che hanno tentato di spacciare come oscurantista e confessionale la scelta della Regione Lombardia. A conferma che non occorre essere di centrodestra per capire che due più fa quattro e che il marketing di partito non può imporsi a dispetto della realtà. Ma non è finita qui la lezione della Minerva anti-eterologa: con le loro direttive, le Regioni stanno aprendo la strada alla selezione eugenetica. «Stupisce la pochezza bioetica di certi assessori», scrive nel suo blog, «ma stupisce anche che ammettano candidamente di fottersene dell’etica per far contente le coppie che vogliono il bimbo come dicono loro». Il riferimento è all’assessore della Sanità della Toscana, che aveva dichiarato di voler l’eterologa gratuita e su misura per far, appunto, contente le coppie italiane. «Glielo ripetiamo», scrive Minerva, «l’eugenetica è l’atto stesso di scegliere, di decidere a tavolino come verrà fuori un essere vivente». Leggete, compagni, e riflettete su quello che state combinando: è l’Espresso che ve lo dice.