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AMMINISTRATIVE

Al voto in città con un solo obiettivo: perdere

Per ragioni diverse, la minoranza dem, la Lega, Fratelli d’Italia e il M5 Stelle preferirebbero perdere nelle elezioni locali e lavorare fin da ora per l’alternativa a Renzi sul piano nazionale. La campagna elettorale per le amministrative è contrassegnata così da una quasi generale aspirazione alla sconfitta. 

Politica 21_03_2016
Grandi città al voto a giugno

La campagna elettorale per le amministrative di giugno è contrassegnata da una peculiare e quasi generalizzata aspirazione alla sconfitta. Per ragioni diverse, sia la minoranza dem che la Lega e Fratelli d’Italia che il Movimento Cinque Stelle preferirebbero perdere nelle elezioni locali e lavorare fin da ora per l’alternativa a Renzi sul piano nazionale. 

Difficile, infatti, governare città complesse come Roma e Napoli illudendosi di non perdere consensi. Meglio “sparare le cartucce” alle politiche del 2018 (o 2017), accontentandosi di ben figurare nei municipi, magari inaugurando nuove alleanze e nuove formule politiche. A pensarla in questo modo è di sicuro il Movimento Cinque Stelle, che in molte città chiamate al voto fra qualche mese, vedi Milano, continua a tergiversare e a non proporre candidati in grado di contrastare quelli dei partiti tradizionali. Anche la scelta di un lombardo come candidato sindaco a Napoli risponde più che altro a una logica di pura testimonianza. 

I grillini vogliono conquistare Palazzo Chigi e per farlo devono conservare fino al voto politico una caratterizzazione anti-sistema, senza sporcarsi troppo le mani nella gestione di grandi città. In questo senso, l’eventuale vittoria di Virginia Raggi a Roma potrebbe rivelarsi un boomerang. Il governo Renzi di certo cercherebbe in tutti i modi di “soffocare” finanziariamente il Campidoglio al fine di mettere in difficoltà un’ipotetica amministrazione pentastellata. A quel punto sarebbe difficile per i grillini presentarsi all’elettorato come garanzia di buon governo e di rinnovamento. 

Realisticamente, il Movimento Cinque Stelle potrebbe arrivare al ballottaggio a Roma, a Napoli, a Torino e a Bologna. Se conquistasse qualcuna di quelle città, dovrebbe dimostrare di saperle governare senza perdere consensi su base nazionale. Probabilmente Casaleggio e soci preferiscono non correre questo rischio. Ecco perché non si stanno impegnando più di tanto nel cercare candidati forti.

L’aspirazione alla sconfitta sembra investire anche la minoranza dem, che appoggia tiepidamente i candidati renziani come Giachetti a Roma, Sala a Milano, Valente a Napoli e potrebbe perfino presentare propri candidati alternativi. Al momento tutte le principali città chiamate al voto sono amministrate dalla sinistra. Perderne anche soltanto una o due significherebbe per gli antirenziani del Pd avere il pretesto di attaccare la segreteria del partito e di far traballare perfino il governo, chiedendo a Renzi una correzione di rotta e una maggiore collegialità nelle scelte di partito e nelle politiche dell’esecutivo. 

Che tiri, peraltro, una brutta aria a Palazzo Chigi per quanto riguarda i rapporti con l’opposizione dem, è più che evidente, considerate le continue esternazioni di Enrico Letta e di altri avversari dell’ex sindaco di Firenze. Il presidente del Consiglio è sicuramente più interessato a conquistare Milano che non Roma, ma una sconfitta sia nella capitale che a Napoli potrebbe avere ripercussioni sul suo futuro politico. Non basta vincere in Lombardia e al nord (magari a Torino e Bologna). Il Sud è fondamentale per una forza come il Pd che ambisce a vincere le prossime elezioni politiche.

Infine le laceranti divisioni nel centrodestra. Sia a Torino sia a Roma, Lega e Fratelli d’Italia andranno da soli e presenteranno candidati alternativi a quelli di Forza Italia. Per il Campidoglio la discesa in campo di Giorgia Meloni, che in un primo momento aveva dichiarato leale appoggio a Guido Bertolaso, equivale a una dichiarazione di guerra nei confronti di Berlusconi. La scelta, apparentemente suicida, lascia intendere che la destra lepenista di Salvini e Meloni preferisce perdere le elezioni amministrative per chiudere definitivamente la stagione berlusconiana e avviare la rifondazione del centrodestra lontano da Arcore. 

Divisi si perde, avvertono gli azzurri, molti dei quali, però, appaiono sempre più attratti dalle sirene neocentriste di Alfano, Verdini, Marchini e vedono come fumo negli occhi un’eventuale leadership di Salvini. Quest’ultimo ha deciso di smarcarsi dall’ex Cavaliere proprio perché ha capito che l’ottantenne leader di Forza Italia ha altre idee per la guida del centrodestra e non intende affidargli le chiavi dello schieramento.