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IL CASO

AL, tensioni nella trincea del confessionale

Un vescovo austriaco affronta il tema dell'interpretazione di AL con un confratello che si è trovato in confessionale nella situazione di non assolvere un penitente more uxorio nonostante le sue insistenze e pezze giustificative. E conclude: «Questo conflitto deve essere affrontato e risolto, e senza un falso compromesso. Al Papa, come a un buon padre si possono fare domande, anche critiche».

Editoriali 10_02_2017
Andreas Laun

Secondo il cardinale Reinhard Marx in Amoris Laetitia è tutto chiaro e in questa sua sicurezza riesce a trovare i codici per autorizzare ai sacerdoti tedeschi la comunione ai divorziati risposati. Ma ci sono anche vescovi che nutrono molti più dubbi sull'esortazione. Segno che il documento è continuamente sottoposto a continue interpretazioni. Per altri AL delinea un’ambiguità di fondo dagli effetti potenzialmente devastatanti per l’unità della Chiesa. Già un segnale di allarme viene dal fatto che sia possibile interpretare le norme in maniera radicalmente opposta, come accade a vescovi e conferenze episcopali. Ma c’è poi un altro pericolo: che tutte le tensioni e la non chiarezza si scarichino in ultima analisi sulla gente in trincea, cioè sui scaerdoti nei confessionali. 

Il vescovo ausiliare di Salisburgo, Andreas Laun, ha pubblicato su Kath.Net un commento e una lettera. Il commento riguarda, appunto, le contraddizioni possibili percepite da molti circa il documento. La lettera è scritta da un sacerdote tedesco, amico del presule, che lavora in America Latina.

“Caro Andreas, mentre le domande che riguardano i divorziati risposati rimangono vaghe e senza risposta – come spesso accade al Santo Padre – poi può accadere che si verifichi la situazione seguente, assurda: un penitente (nel confessionale) presenta la sua situazione, dicendo che vuole continuare a vivere come marito e moglie con la sua compagna, e poi chiede l’assoluzione, facendo riferimento a varie conferenze episcopali e infine al Papa stesso. Allora come prete mi dico: ‘la mia coscienza  mi dice che non possono dare l’assoluzione, anche se il papa mantiene la questione aperta; quindi io non posso darti l’assoluzione’. Ma l’altro, riferendosi al Papa insiste che vuole essere assolto, e fare la comunione. Devo allora cambiare la formula di assoluzione e dire: ‘Il Papa ti assolve dai tuoi peccati nel nome del Padre e così via..’. Per me questo è assolutamente assurdo! Ma non è la conseguenza di ciò?”

Il vescovo Laun commenta: “Ho paura che in questa domanda sia contenuta una logica da cui non si può sfuggire…Non esiste una cosa come una doppia verità, e a certe domande c’è solo un risposta vera – anche quando vescovi, e intere conferenze episcopali danno risposte contraddittorie. Alcune risposte sono vere, altre certamente false. I quattro cardinali che hanno presentato i Dubia possono essere soddisfatti del modo in cui questo sacerdote in Sud America ha presentato il problema”.

Mons Laun spiega poi ai suoi lettori che come cattolici non possono evitare questo conflitto. “Temo che non ci sia nessun modo per evitarlo; questo conflitto deve essere affrontato e risolto, e senza un falso compromesso”. Il Papa, conclude, è infallibile, ma questo carisma non può essere capito e rispettato senza prendere in considerazione i limiti, accuratamente delimitati, del carisma stesso.

Il vescovo ricorda che al Papa, come a un buon padre “si possono fare domande, anche critiche”. Talvolta è meglio restare in silenzio di fronte ad alcuni errori che possanno essere commessi da un Papa. Ma “non è questo il caso del conflitto in corso. Non si può mettere a riposo la questione di cui si discute. E’ relativa alla Chiesa, alla gente, alla sua relazione personale con Dio, e all’immagine della Chiesa verso chi ne è fuori”. E conclude: “C’è un dovere di obbedienza al papa e all’autorità della Chiesa; talvolta esiste nella Chiesa il diritto, e il dovere di parlare liberamente”. E anche se è difficile unire entrambi questi aspetti, Fede e Ragione devono cooperare. “Anche questo è davvero cattolico!”.