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TUNISIA

«Aiutateci a sostenere la nuova democrazia»

Mourad Aissa, tunisino-italiano
e italiano-tunisino, dirige il Centro
di accoglienza di San Lupo (BN).

Attualità 18_01_2011
Mourad Aissa

San Lupo, paesino sperduto nella Provincia beneventese, con novecento abitanti e 35 eritrei “rifugiati politici” come ospiti. Qui incontriamo Mourad Aissa «tunisino italiano e italiano tunisino», come dice lui, un uomo di 36 anni, sposato, una figlia di nome Tamara. Laureato in Fisica e Chimica, è in Italia dal 2001 come mediatore culturale. Oggi è direttore del Centro di accoglienza per eritrei di San Lupo, gestito dal Consorzio Nazionale Connecting People nell’ambito del progetto ministeriale PON-Piccoli comuni grande solidarietà.
Profondo conoscitore sul campo del fenomeno immigrazione, Mourad ci accoglie nel suo centro felice «perché una nuova Tunisia democratica sta nascendo e io lo voglio testimoniare».

Dottor Aissa, la situazione in Tunisia la preoccupa? Come la sta vivendo?
Sono preoccupato, ma pure felice. Quello che il mio Paese ha vissuto dal 17 dicembre al 14 gennaio sarà ricordato dalla storia perché sta nascendo davvero una nuova Tunisia, dal basso e finalmente democratica. Sono preoccupato perché a sentire i miei famigliari la situazione non è ancora stabile ma c’è tanta voglia di ricominciare, di ricostruire, di ripartire.

I flussi immigratori dalla Tunisia all’Italia sono sempre stati regolari e non hanno mai provocato problemi. Ora, causa questa situazione in atto, dobbiamo aspettarci una invasione di tunisini?

Sì, finora il rapporto tra italiani e tunisini è stato ottimo soprattutto per chi, come me, è venuto nel vostro Paese regolarmente, in cerca di lavoro e si è stabilizzato. Ci sono tanti tunisini in Italia e in geenrale in Occidente, perfettamente integrati. Credo che ora vivremo due momenti: inizialmente è possibile che, causa guerra civile in corso, molti tunisini si riversino in Italia in cerca di fortuna magari chiedendo asilo politico proprio a causa della nuova situazione. Voglio essere il più chiaro possibile: vi potranno essere alcuni miei connazionali che cercheranno di strumentalizzare la situazione per trovare tutti gli escamotage possibili onde farsi accogliere. Chi era povero in Tunisia, in questa fase lo è ancora di più e quindi farà di tutto per sopravvivere. Fino a ora non era possibile entrare in Italia se non con permesso regolare di soggiorno o come clandestini: la guerra civile ha dato una possibilità in più, quella dell’asilo politico e molti ne approfitteranno.

La seconda fase?
Come sa, quello attuale è un governo di transizione; ma tra qualche mese i Paesi occidentali dovranno impegnarsi a sostenere il governo. Gl'imprenditori occidentali presenti in Tunisia (soprattutto gl'italiani) non debbono però abbandonare il Paese, ma dare segnali di sostegno alal nuova gestione pur di transizione e offrire lavoro dignitoso a chi legittimamente lo chiede. Anche il governo italiano deve impeganrsi sostenere il mio Paese cercando di lanciare progetti che, in Tunisia, mantengano vivo il turismo. C'è del resto bisogno anche di sostegno propriamente politico in modo che i tunisini decidano di rimanere in loco per favorire lo sviluppo e la crescita economica.
Si può puntare anche sull’aspetto motivazionale poiché i tunisini si sentono davvori attori protagonisti del nuovo scenario e non più succubi come lo sono stati per tutto questo periodo: sono stati loro a mandare via il governo, a conquistare la democrazia, a guadagnarsi il rispetto da tutto il mondo...

E  voi tunisini che avete fatto fortuna all’estero, tornerete?
Mi piacerebbe tornare, certo. Ma quando sento i miei famigliari, capisco che noi emigrati all'estero possiamo aiutare il nostro Paese benissimo da qui parlando a voi occidentali di quello che realmente accade, inviando fondi, recandoci in patria per le vacanze e sensibilizzando l’Occidente intero affinché, come ho detto, è davvero questo il momento di sostenere la nuova Tunisia democratica.