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STOP AI LAVORI PER LA CANONIZZAZIONE

Ai serbi mancano prove per "inchiodare" Stepinac

La richiesta della Serbia di apertura degli archivi della Santa Sede conferma che a Belgrado non è stato trovato nulla di compromettente contro Stepinac, contro la cui canonizzazione si oppongono ortodossi e nazionalisti. Al momento del suo arresto, tutta la documentazione dell'arcivescovo fu sequestrata dalla polizia segreta comunista. Se esistessero prove verrebbero trovate a Belgrado.

Ecclesia 03_08_2017

La Commissione mista cattolico-ortodossa istituita da papa Francesco per indagare sulla figura storica del beato Alojzije Stepinac in vista della sua canonizzazione, contestata dalla Chiesa ortodossa, si è riunita per l’ultima volta il 13 luglio scorso a Roma, constatando, come recita il comunicato finale, che le parti rimangono sulle posizioni di sempre.

È assai probabile che in Vaticano siano coscienti che i serbi non cambieranno opinione su Stepinac; c’è quindi da domandarsi se questa commissione servisse davvero ad avvicinare le posizioni di croati e serbi, oppure si intendesse guadagnare tempo e abituare i cattolici croati a tempi lunghi, se non lunghissimi, per la canonizzazione.

Il fuoco di sbarramento serbo è iniziato nel 2014, subito dopo l’annuncio dell’ormai prossima approvazione del miracolo per l’intercessione del beato, da parte della dirigenza politica di tendenza cetnico-nazionalistica, da diversi anni saldamente al potere in Serbia.

I toni usati sono stati da vera e propria propaganda di guerra. Stepinac sarebbe un criminale di guerra e un alleato di Ante Pavelic, Poglavnik (Duce) del movimento ustascia che ha guidato lo Stato Indipendente Croato (NDH) durante la Seconda Guerra Mondiale. La volontà di canonizzare il defunto arcivescovo di Zagabria rientrerebbe in un piano complessivo di riabilitazione dell’ideologia ustascia in Croazia, con una rinnovata minaccia per la vita e l’esistenza della minoranza serba in questo Paese.

Per l’attuale presidente serbo Vucic, Stepinac sarebbe «uno dei principali ideologi del peggiore regime filo-nazista esistito sul suolo europeo». Per il ministro della giustizia Vulin, appartenente al Partito Socialista che fu di Milosevic, ma alleato dei cetnici nel tentativo di ristabilire la Grande Serbia, la cancellazione della sentenza di condanna di Stepinac del 1946, decisa dal Tribunale Distrettuale di Zagabria nel luglio 2016, dimostrerebbe che per le autorità croate le fosse dove sono state sepolte le vittime serbe dell’NDH non sarebbero abbastanza piene, e tutto questo condurrebbe anche alla riabilitazione di Pavelic. L’ex presidente Nikolic, come Vucic discepolo del criminale di guerra Vojislav Šešelj, ha affermato di non riconoscere la cancellazione della condanna di Stepinac, in quanto l'unico Stato legalmente successore della Jugoslavia è la Repubblica di Serbia, non la Croazia, che egli considera uno Stato direttamente successore dell’NDH.

Sulla stampa e i media serbi la campagna d’odio contro Stepinac è giunta a livelli di vera isteria, facendo ampio uso di storie raccapriccianti del tutto inventate. Ad esempio, egli è stato accusato di essere il mandante diretto di stragi di serbi perpetrate nel territorio dell’NDH da sacerdoti cattolici durante la Seconda Guerra Mondiale (in realtà le stragi di serbi sono state compiute dalle milizie ustascia, e non da sacerdoti cattolici); si è giunti perfino ad affermare che il cardinale avrebbe personalmente macellato centinaia di bambini serbi nel campo di concentramento di Jasenovac.

Per convincere il Vaticano a bloccare la canonizzazione di Stepinac era tuttavia necessario l’intervento della Chiesa ortodossa serba, da sempre fedelissima alleata del governo. Nell’aprile 2014 il patriarca serbo-ortodosso Irinej inviava a papa Francesco una lettera nella quale la colpa principale dell’arcivescovo di Zagabria sarebbe stata di avere taciuto dinanzi ai crimini di Ante Pavelic, affermazione che, documenti storici alla mano, è manifestamente falsa.

In questa lettera vi è l’esplicita richiesta che la canonizzazione di Stepinac venga bloccata. Affinché qualcuno venga proclamato santo, scrive infatti Irinej, «deve trattarsi di una persona veramente luminosa e santa che accettano come tale anche gli altri cristiani». È quindi necessario «togliere la questione della canonizzazione del cardinale Stepinac dall’ordine del giorno» e lasciarla «all’infallibile giudizio di Dio». In caso contrario, scrive il patriarca serbo, la canonizzazione dell’arcivescovo di Zagabria «senza dubbio» riporterebbe «i rapporti tra ortodossi e cattolici, nonché quelli tra serbi e croati … a quelli del tragico e indegno passato, indegno della nostra vocazione cristiana». Vi sono infatti «troppe questioni aperte e troppe ferite non guarite che il cardinal Stepinac rappresenta», e la sua canonizzazione «aggraverebbe le ferite e le differenze esistenti».

Secondo l’ex presidente Nikolic, in occasione del suo incontro con papa Francesco dell’11 settembre in Vaticano, il Papa avrebbe sottolineato che non è suo desiderio che Stepinac sia «il primo santo che una Chiesa cristiana non riconosce». Al contrario, il Papa desidererebbe «dei santi che tutti riconoscono e rispettano, come è avvenuto fino a oggi».

Dopo un incontro di una delegazione serbo-ortodossa con papa Francesco a Roma, il mitropolita ortodosso serbo per il Montenegro, Amfilohije Radovic, ha affermato che il Papa avrebbe provato comprensione per la posizione della Chiesa ortodossa serba, secondo la quale la figura e l’opera di Alojzije Stepinac per il popolo serbo non rappresentano una buona raccomandazione per la santità.

Secondo queste dichiarazioni, non smentite dalla Santa Sede, il Papa concederebbe quindi alla Chiesa ortodossa serba - che, vale la pena ricordarlo, non riconosce il primato del Papa - il diritto di veto sulla canonizzazione del beato Stepinac. Sebbene il comunicato finale sui lavori della Commissione mista, redatto dalla Segreteria di Stato vaticano prima dell’ultimo incontro tra le parti a Roma parli di «clima cordiale» tra le parti, secondo quanto riferito da una fonte vaticana al quotidiano croato Vechernji List, l’ultimo incontro sarebbe stato simile a «un incontro di wrestling».

Inoltre, secondo una fonte della Curia arcivescovile di Zagabria citata sempre dal Vechernji List, i serbi non avrebbero presentato in Commissione alcun documento in grado di bloccare la canonizzazione di Stepinac. Tale circostanza viene indirettamente confermata dal fatto che, come riporta la stampa serba, la delegazione ortodossa sarebbe andata a Roma per l’ultimo incontro della Commissione con l’intenzione di dare battaglia e ottenere una prosecuzione dei suoi lavori, lamentando che il Vaticano non avrebbe loro aperto i propri archivi (vedi qui e qui).

La richiesta di apertura degli archivi della Santa Sede, in realtà già consultati da storici serbi, oltre a essere puramente propagandistica e a rappresentare un pretesto per creare un nuovo polverone, conferma che a Belgrado non è stato trovato nulla di compromettente contro Stepinac. Va ricordato infatti che al momento del suo arresto, tutta la documentazione appartenente all’arcivescovo fu sequestrata dalla polizia segreta, e anche gli archivi dell’NDH finirono in mano alle autorità comuniste. Se esistessero prove contro Stepinac, verrebbero sicuramente trovate a Belgrado, dove hanno la propria sede tutti gli archivi centrali delle istituzioni politiche e di polizia jugoslave.

Sempre secondo il Vechernji List, per l’ultimo incontro della Commissione i rappresentanti serbi avrebbero preparato un proprio comunicato finale nel quale si afferma che il cardinale Stepinac avrebbe partecipato attivamente ai crimini dell’NDH, quindi usando un tono perfino più duro rispetto alla lettera del patriarca Irinej a papa Francesco. Alla fine, anche la delegazione serba avrebbe accettato obtorto collo il comunicato finale redatto dal Vaticano, e solamente perché in esso per il cardinale Stepinac non si usa la qualifica di “beato”.

Rimane il fatto che, a tutt’oggi, le autorità ecclesiastiche serbe auspicano un proseguimento dei lavori della Commissione, e sicuramente utilizzeranno tutti i mezzi a loro disposizione per convincere il Vaticano ad agire secondo i loro desiderata.

Va segnalato anche un articolo a firma Luigi Sandri e pubblicato il 17 luglio da Il Sismografo, portale di notizie ufficioso della Santa Sede. Dopo avere rimproverato i croati di non accontentarsi della beatificazione, si afferma che «l’insuperabile contrasto rende ora “ecumenicamente” impossibile a Francesco la canonizzazione di Stepinac. Se lo facesse, oltre a quelle serbe solleverebbe le ire del patriarcato di Mosca che si considera “gran protettore” dei popoli ortodossi dei Balcani».

Quindi, per salvare il dialogo ecumenico con gli ortodossi, la canonizzazione di Stepinac non s’ha da fare. È lecito tuttavia chiedersi se un dialogo ecumenico fondato sulle falsità, la violenza verbale e i ricatti sia la premessa per una vera e duratura riconciliazione tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa.