Adozioni, lo Stato penalizza i cattolici
O affidano bimbi anche a coppie gay
o le charity cattoliche possono dire addio alle loro convenzioni. Accade
in Illinois, per colpa di un giudice.
Altro che omofobia e leggi connesse. Oggi i discriminati sono i cattolici che non si piegano ai diktat delle lobby omosessualiste.
Una sentenza del giudice federale John Schmidt, del distretto giudiziario della contea di Sagamon, ha stabilito che lo Stato dell’Illinois può disinvoltamente rifiutarsi di rinnovare le convenzioni e i permessi concessi alle strutture cattoliche che si occupano di adozioni giacché per motivi etici e religiosi si rifiutano di affidare bambini eventualmente anche a coppie di conviventi omosessuali.
È un intervento grave e già costituisce un precedente inquietante; ma soprattutto è l’avverarsi delle più funeste previsioni della galassia pro-family e pro-life dopo la recente ondata di nuovi attacchi alla famiglia naturale e al matrimonio eterosessuale che si è scatenata negli Stati Uniti. Ovvero che l'"orgoglio gay" finisca per divenire un’arma di offesa nei confronti dei credenti, e ancora di più: che la "normalizzazione" dell’opzione omosessuale riuscisse a bollare come "diverso" chi ancora pensa che l’omosessualità non sia né debba essere la norma. Insomma, che a vergognarsi e a sentirsi in difetto debbano essere per esempio quegli enti cattolici che, avendo a che fare quotidianamente con famiglie, diritto di famiglia e affini, ancora non si sono adeguati alla nouvelle vague.
Il giudice Schmidt ha ragionato così: dato che le charity cattoliche non sono obbligate dallo Stato a operare nel campo delle adozioni, nessuna legge impone che i loro contratti debbano per forza essere rinnovati. Secondo il vescovo di Peoria Daniel R. Jenky C.S.C., la decisione equivale a una dichiarazione di guerra contro i cattolici, una guerra di cui parte decisiva in causa sono alcuni settori del sistema politico dell’Illinois. Soprattutto perché, ricorda il presule, altrove, per esempio nello Stato di New York e nel Rhode Island, si sono cercate soluzioni più morbide che non violassero le libertà pubbliche delle organizzazioni cattoliche.
E il legale delle charity cattoliche dell’Illinois minacciate, l’avvocato Thomas Brejcha - presidente della Thomas More Society, una organizzazione no profit di assistenza legale pro-life nata nel 1997 a Chicago - conferma dicendo che il linguaggio cavillosamente legalistico adottato dal giudice Schmidt serve solo a celare la vera posta in gioco: la libertà religiosa.
La decisione del giudice Schmidt chiude - per ora - un contenzioso apertosi in luglio, quando Erwin McEwen, direttore dell'Illinois' Department of Children and Family Services, informò le organizzazioni cattoliche impegnate nelle adozioni del fatto che lo Stato non avrebbe accettato i loro contratti per l’anno fiscale 2012 proprio per la loro aperta opposizione alla legge che consente le unioni civili anche omosessuali. Le charity fecero dunque causa e un giudice andò loro incontro mediante una decisione di emergenza che, a norma di legge, impediva all'Illinois' Department of Children and Family Services di mettere fine ai contratti esistenti. Ora quella decisione di emergenza viene sbaragliata dalla sentenza del giudice Schmidt.
L’impressione è che lo scontro sia solo agli inizi, ma una cosa in Illinois già è certa. Il potente e danaroso mondo gay campa di rendita paventando l’inesistente intolleranza dei cattolici ma non appena guadagna un briciolo di potere scatena subito le discriminazioni.