Adozione a coppie gay, strani giochi in Cassazione
Nuovo appello di un gruppo di parlamentari al presidente della Corte di Cassazione, per chiedere che le sezioni unite della Corte Suprema forniscano un'interpretazione autentica della legge Cirinnà in fatto di adozioni. Già sette sono le sentenze dei giudici italiani in favore della stepchild adoption, e in Cassazione c'è chi asseconda.
Il diritto dei bambini ad non essere programmati orfani di madre o di padre è nelle mani dei tribunali italiani, ma soprattutto è in balia di una guerra tra organi giudiziari ideologizzati che disattendono le indicazioni della legge. Dopo la forzatura fatta in Parlamento per arrivare all’approvazione delle unioni civili ne è in atto una altrettanto violenta nelle aule di giustizia per far passare per via giurisprudenziale la stepchild adoption, ovvero l’adozione del figlio del partner stralciata dal ddl Cirinnà e rientrata nello stesso disegno di legge attraverso il comma 20 che delega i tribunali a decidere in base al principio della continuità affettiva.
Fatto sta che dall’approvazione della legge in Senato sono state ben sette le sentenze di adozione emesse da giudici italiani. Di fronte a questa applicazione nebulosa e a macchia di leopardo della legge, 20 senatori su iniziativa di Carlo Giovanardi avevano rivolto un appello al procuratore generale della Corte di Cassazione affinché rimettesse alle sezioni unite della Corte la decisione sulla stepchild adoption.
Un tema così delicato e dirimente per lo stesso futuro dell’antropologia umana deve infatti essere trattato da un organo che possa fornire, a sua volta, un orientamento univoco a tutti gli attori che fanno giurisprudenza.
Il Procuratore generale della Suprema Corte aveva risposto positivamente l'8 aprile scorso, con una lettera a Giovanardi resa pubblica dallo stesso senatore alla stampa. E il 26 maggio scorso la Procura generale, a fronte di un caso di stepchild adoption, giunto alla prima sezione civile, aveva effettivamente richiesto di rimettere il caso alle sezioni unite, in modo da dare una indicazione che poi fosse seguita da tutti i tribunali italiani, evitando quella selva di sentenze contradditorie che oggi si verifica.
Eppure, malgrado tutte queste indicazioni inequivocabili, la prima sezione non ha accolto la richiesta della Procura generale e ha concesso l’adozione di una bambina a due donne conviventi, delle quali una è la madre biologica del minore.
Il sostituto della procura generale, in udienza davanti alla prima sezione, aveva anche ribadito che trattandosi di una questione di massima importanza l’ordinamento affida la decisione alle sezioni unite, diversamente “ogni giudice di merito darebbe la sua interpretazione”, ed è in effetti proprio quello che sta avvenendo nel nostro Paese.
Di qui parte la nuova richiesta e l'appello al presidente della Corte di Cassazione, illustrato mercoledì dai senatori Carlo Giovanardi, Gaetano Qagliarello, Maurizio Gasparri e dalla deputata Eugenia Roccella. "Il primo presidente della Corte - ha spiegato Giovanardi - ha il potere di rimettere il caso alle sezioni unite. Il 21 giugno prossimo arriverà alla Corte un nuovo caso: chiediamo che il presidente si muova, a tutela della legge". Dal canto suo Roccella ha ricordato che lo stralcio della stepchild adoption dal ddl Cirinnà in Senato, "é stata una delega alla magistratura ma non in bianco, bensì orientata". In questi mesi invece i giudici hanno accordato adozioni anche a coppie che convivevano da pochissimo tempo e in casi in cui i bambini erano troppo piccoli per appellarsi al principio della continuità affettiva, creando nei fatti in percorso privilegiato per le adozioni in favore delle coppie omosessuali.
A questo punto l’interrogativo che viene da porsi è perché la prima sezione civile della Cassazione continua a disattendere la richiesta avanzata dalla procura generale di adire le Sezioni Unite su un ricorso di stepchild? Secondo Gasparri c'é “una convergenza di pressioni” che dimostra l' esistenza di "una potentissima lobby gay nel governo e nella magistratura".
Ulteriori ombre sull’operato della prima sessione viene gettato da alcune indiscrezioni secondo cui proprio la prima sezione sarebbe dovuta essere presieduta dal giudice Fabrizio Forte, fratello dell’arcivescovo di Vasto, mons. Bruno Forte. Una carica che – sempre stando alle indiscrezioni – gli sarebbe spettata per anzianità e titoli. Nei mesi scorsi Forte si è poi dimesso dalla magistratura.
Alla luce dei fatti accertati resta comunque inspiegabile la pervicacia con cui la prima sezione ha ignorato le indicazioni del procuratore della Corte. Ora solo il più alto esponente dell’organismo, il presidente della Corte, può fermare quella che i senatori hanno definito una “strage della legalità”, facendo quindi rispettare le regole a quella parte di magistratura che ha deciso di far passare le adozioni a coppie dello stesso sesso per via giurisprudenziale.