Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santi Innocenti a cura di Ermes Dovico
RAPPORTO SAUVÈ

Abusi, la laicizzazione è il problema non la soluzione

Quello degli abusi sessuali è un grave problema per la Chiesa, ma non basta chiedere perdono: si deve capire perché è successo, ma con i criteri della Chiesa, non quelli del mondo. Invece si sta andando nella direzione opposta, promuovendo quella secolarizzazione che è proprio la causa del collasso della morale.

Editoriali 06_10_2021 English Español

Il Rapporto della Commissione Sauvé sugli abusi perpetrati negli ultimi 70 anni da esponenti del clero francese sui minori, di cui illustriamo i dettagli in un altro articolo, ha molti aspetti che dovranno essere chiariti e precisati, ma il fenomeno descritto e, per quanto riguarda le cifre, stimato  è uno degli aspetti più preoccupanti di cui la Chiesa si deve oggi occupare.

Essa però non dovrebbe limitarsi a chiedere perdono, come ha subito fatto il presidente dei vescovi francesi, ma dovrebbe anche fare un grande sforzo per capire cosa sia successo e soprattutto perché. E per farlo non può e non deve utilizzare solo i criteri del mondo, che pure nei loro aspetti di indagine devono essere ascoltati, ma soprattutto i propri. La valutazione del triste fenomeno non può essere appaltato né a Commissioni né alla magistratura ordinaria né alle statistiche né all’opinione pubblica. La sua interpretazione in profondità deve essere fatta dalla Chiesa secondo i propri criteri teologici e giuridici. Questo non perché la Chiesa possa così assolvere più facilmente se stessa, sottraendosi alla condanna del mondo ma, proprio al contrario, per affondare più a fondo il bisturi nella propria carne e per intravvedere meglio i rimedi.

Si ha invece l’impressione contraria, ossia che la Chiesa sbrigativamente abbia preteso di individuare nel “clericalismo” la causa di questi mali, incolpando quindi se stessa di non aprirsi a sufficienza alle considerazioni del mondo. C’è stata quindi una progressiva rinuncia a guardare in profondità dentro se stessa, per concentrarsi quasi esclusivamente sulla sua presunta lentezza ad assumere i criteri valutativi del mondo. Si ricorderà che Francesco, come risposta allo scandalo degli abusi, ha subito privato la Chiesa dei propri sistemi di indagine e dell’utilizzo del proprio codice giuridico, imponendo ai vescovi di denunciare immediatamente alla magistratura ogni sentore di abuso. La giustizia della Chiesa è stata completamente sostituita con quella dello Stato.

Anche la Commissione Sauvé è esempio di questa rinuncia. Il suo presidente è un Grand commis della Repubblica francese e a lui è stata data la facoltà di scegliere tutti i membri della Commissione stessa. In astratto il criterio della “indipendenza” è valido, ma non deve essere interpretato a senso unico: Indipendente nel giudizio sarebbe solo il mondo laico e non la Chiesa.

È peraltro significativo che la Commissione esprima tutta una serie di raccomandazioni – per la precisione 45 - rivolte alla Chiesa su comportamenti che questa dovrebbe tenere per far fronte in futuro a queste situazioni deplorevoli e che molte di esse riguardino, come si dice espressamente nella Presentazione, “proposte su teologia, ecclesiologia e morale sessuale”. Queste raccomandazioni tendono a porre dei limiti al segreto confessionale, a ridurre il ruolo del prete in quanto tale utilizzando la nota accusa di “clericalismo”, e giungono perfino – con la raccomandazione n. 4 - a consigliare di riprendere e sviluppare quanto suggerito dal Sinodo dell’Amazzonia a proposito dell’ordinazione sacerdotale di uomini sposati:  i viri probati.  

Significativo è anche che si consiglino cambiamenti nel Codice di diritto canonico, nella formazione sacerdotale, si dica come fare catechismo e come scrivere i documenti magisteriali. Si tratta, evidentemente, di aspetti sui quali la Commissione non aveva alcuna competenza, però sono invadenze comprensibili e perfino logiche dopo che la Chiesa si è rivolta al giudizio del mondo laico come se fosse unico ed assoluto. Se il problema è il clericalismo la soluzione è la laicizzazione, se la soluzione è la laicizzazione competente in materia è lo Stato e non più la Chiesa.

Se la Chiesa avesse il coraggio di guardare in profondità dentro se stessa piuttosto che consegnarsi al tribunale di salute pubblica, vedrebbe che proprio la laicizzazione della sua vita è alla base di questi disastrosi comportamenti. La laicizzazione del sacerdozio e non il clericalismo, la laicizzazione dell’insegnamento nei seminari, la laicizzazione della teologia morale cattolica e soprattutto della morale sessuale, l’indebolimento della vita sacramentale con molti sacerdoti che si confessano solo una volta all’anno, l’impegno di molti sacerdoti in prassi pastorali insidiose e pericolose su questi fronti, la debolezza nell’uso del diritto canonico sconfessato ormai dal nuovo pastoralismo dell’accoglienza, il silenzio su leggi dello Stato moralmente inaccettabili riguardanti proprio questi problemi scabrosi, la benedizione in chiesa delle coppie omosessuali. Dal Rapporto risulta un aspetto che già si sapeva: gli abusi sono per la maggior parte di natura omosessuale. Ma una Chiesa che omosessualizza la dottrina e la pastorale come può pensare di frenare questa pratica tra il clero?

Il crollo della dimensione verticale della vita sacerdotale è la causa profonda di questi mali, ma la si attribuisce invece al contrario, al fatto che i sacerdoti non siano diventati adeguatamente mondo e si pensa che la soluzione sia una ulteriore laicizzazione della Chiesa. Benedetto XVI che indica la causa nel “crollo della teologia morale cattolica” e nel conseguente degrado senza precedenti della vita e della formazione nei seminari, che scrive contro l’ordinazione di uomini sposati, non viene ascoltato. Piuttosto si convocano i presidenti delle conferenze episcopali continentali per dar contro al “clericalismo”, si promuovono sinodi che chiedono la benedizione delle coppie omosessuali, si preme perché i preti possano sposarsi, si elabora una teologia Lgbt.

Quella degli abusi è una grande disgrazia per la Chiesa, ma forse non minore è la disgrazia di voler approfittare degli abusi per legittimare una laicizzazione della vita della Chiesa passandola per terapia.