Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi

PILLOLA DEI 5 GIORNI DOPO

«Abortiva e pericolosa, noi farmacisti faremo obiezione»

Dopo il via libera alla vendita senza ricetta della cosiddetta “pillola dei cinque giorni dopo”, parlano i farmacisti cattolici. La pillola è abortiva e pericolosa per la donna: per questo loro sono pronti a fare obiezione di coscienza alla vendita. Lo dice il dottor Piero Uroda, presidente dei Farmacisti cattolici italiani. 

Vita e bioetica 15_01_2015
Piero Uroda, presidente dei Farmacisti cattolici italiani.

Resta alta la polemica per la decisione del Comitato tecnico dell’Ema, l’Agenzia europea dei farmaci, che ha dato il via libera alla vendita senza ricetta della cosiddetta “pillola dei cinque giorni dopo”. La deliberazione uniforma la normativa in tutti i Paesi dell’Unione Europea, nei quali, entro il 2015, il farmaco sarà disponibile senza l’obbligo di presentare una prescrizione medica e senza la verifica preliminare di una gravidanza in corso attraverso un apposito test. 

Grande preoccupazione è stata espressa dai medici e dai farmacisti cattolici, che sottolineano il potenziale abortivo della pillola e gli effetti collaterali conseguenti all’assunzione incontrollata del farmaco. Il nodo – sottolineano – è tutto scientifico, e consiste nella necessità di chiarire in maniera incontrovertibile il meccanismo di funzionamento del farmaco. Mettendo da parte interessi economici e privilegiando la tutela della salute e della vita umana. In Italia, l’Agenzia Italiana del Farmaco ha deciso di prendere tempo per dare spazio a opportune verifiche. Ma se la pillola dei cinque giorni dopo venisse “liberalizzata” anche in Italia, quali potrebbero essere le implicazioni per i medici e i farmacisti cattolici? Ne abbiamo parlato con il dottor Piero Uroda, Presidente dei Farmacisti cattolici italiani. 

Presidente, cosa pensa della decisione del Comitato tecnico dell’Ema sulla “liberalizzazione” della cosiddetta pillola dei cinque giorni dopo?

«Penso che la questione nasce per soddisfare gli interessi delle case farmaceutiche che badano ai loro introiti e non si preoccupano dei risvolti sanitari ed etici legati all’assunzione delle pillola». 

Partiamo dall’aspetto tecnico-scientifico, la pillola dei cinque giorni dopo è in commercio dal 2012, ma sul suo funzionamento, e dunque sul suo potenziale abortivo, c’è ancora molta confusione. Come mai secondo lei?

«In realtà i risultati degli studi che dimostrerebbero il potenziale non abortivo della pillola vengono interpretati secondo la convenienza delle case farmaceutiche. Quando dicono che “Ella” non agisce sulle gravidanze in corso fanno riferimento a gravidanze iniziate molto prima del rapporto non protetto. Ho preso parte a seminari dove si illustravano i risultati di altri studi che mostrano che la pillola può avere effetto abortivo. Ci sono ampi margini di sicurezza nell’affermare che la pillola non ritarda l’ovulazione ma impedisce l’attecchimento dell’ovulo e dunque è chiaro che il meccanismo finale è quello dell’eliminazione. In altre parole, la pillola interviene dopo la fecondazione e rende inospitale l’ambiente dove l’ovulo fecondato dovrebbe crescere e svilupparsi, ovvero l’endometrio: l’ovulo fecondato viene così espulso e questo è aborto. Io sono certo che è aborto. Il problema di questi studi è che sono ancora troppo pochi, numericamente parlando, perché costosi, mentre ne servirebbero di più. Invece le case farmaceutiche hanno tutto l’interesse a finanziare ricerche che, prevedibilmente, consegnano loro risultati graditi». 

Quindi le case farmaceutiche con i loro studi non dicono la verità? 

«La nascondono per assecondare i loro interessi». 

Oltre alla questione del potenziale abortivo, un altro aspetto importante riguarda le controindicazioni generali legate all’assunzione della pillola: quali rischi vengono da un utilizzo che non risponde ad alcun controllo medico? 

«Anche qui le case farmaceutiche hanno convenienza a fingere di non vedere. Sotto il profilo degli equilibri ormonali l’assunzione della pillola dei cinque giorni dopo può avere conseguenze serie, e alterare il funzionamento ormonale e con esso anche funzionalità di base, come la circolazione dei liquidi nel corpo, o alimentare trombi. Oppure ancora può condizionare fortemente la possibilità di avere figli. Questo significa che la pillola dei cinque giorni dopo non è innocua e non può essere assunta come un normale contraccettivo, una volta a settimana, o due o tre volte al mese, perché crea squilibri ormonali importanti. Serve pertanto il controllo del medico, come avviene per tutte le altre medicine la cui assunzione può avere conseguenze serie. Liberalizzarne la distribuzione significa mettere a rischio la salute del paziente». 

Parlava di un risvolto etico…

«Certamente. Trovo che il messaggio conseguente al via libera alla distribuzione senza ricetta della pillola sia fortemente diseducativo: non sollecita né il giovane né l’adulto ad un vissuto responsabile della propria sessualità». 

Di fronte al parere dell’Ema, l’Agenzia Italiana del Farmaco ha preso tempo, ha detto di aver messo in calendario la questione e che servono verifiche: la procedura forse è lunga, ma se alla fine l’Aifa dovesse dare l’ok alla vendita senza ricetta, i farmacisti sarebbero obbligati per legge a venderla?

«Non sappiamo ancora né cosa deciderà l’Aifa, né quali saranno le prescrizioni per noi farmacisti. Di certo se il responso fosse favorevole alla vendita senza ricetta faremmo valere nelle sedi opportune il diritto all’obiezione di coscienza che è riconosciuto a livello europeo, sia per i medici che per i farmacisti. Già agli inizi del 2014 scrissi all’Aifa per sollecitare una modifica del foglietto illustrativo del farmaco affinché venisse esplicitato che il meccanismo di azione potesse essere abortivo, e in quanto tale noi farmacisti avremmo potuto esercitare il diritto all’obiezione di coscienza. All’inizio questo chiarimento fu inserito ma poi fu tolto di nuovo, e allora facemmo ricorso al Tar». 

Se l’Italia dovesse adeguarsi alla normativa comunitaria, il farmacista che rifiutasse la vendita del farmaco senza ricetta potrebbe incorrere in qualche forma di sanzione? 

«Probabilmente si, ma è ancora presto per dirlo. Di certo faremmo ricorso. Come farmacista cattolico mi sono sempre rifiutato e mi rifiuto di vendere farmaci che pongono fine alla vita». 

Ricorda qualche episodio in particolare? 

«Ne ricordo molti, in questi casi provo sempre ad intervenire ma chi viene in farmacia e chiede, per esempio, la pillola del giorno dopo è talmente spaventato dalla possibilità di una gravidanza che è difficile trovare spazi di dialogo. Vale per le donne e per gli uomini. In alcuni casi sono stato anche insultato». 

Qual è il suo auspicio? 

«È importantissimo che la Chiesa e le forze cristiane sane promuovano lavori scientifici per chiarire come stanno veramente le cose, qual è il meccanismo di funzionamento di questo farmaco, altrimenti continueremo ad avere le armi spuntate».