Abortisti in scacco: «Così porteremo i CAV in ospedale»
Con un escamotage per impedire un nuovo ricorso al Tar degli attivsiti pro aborto, la Regione Piemonte farà entrare i Centri di aiuto alla Vita direttamente in ospedale: «Individueremo locali da dare in esclusiva alle associaizoni pro life», spiega alla Bussola l'assessore Marrone (FdI), artefice della storica svolta. Esulta Federvita: «Aspettiamo da anni questo giorno».
La lettura che ne hanno dato i giornali è stata a senso unico, come se l’ingresso delle associazioni pro-life nei consultori fosse un attentato di lesa maestà. Ma la decisione della Regione Piemonte è storica e non solo perché per la prima volta si dà attuazione alla seconda parte della legge 194, quella in cui si devono mettere in campo tutte le risorse per scongiurare il ricorso di una donna all’aborto.
C’è soprattutto un punto fermo ed è relativo alla volontà della Regione guidata da Alberto Cirio di affermare che nel dramma dell’aborto c’è una voce che finalmente va ascoltata. Ed è quella del nascituro, i cui diritti sono riconosciuti soltanto dalle associazioni pro-life alle quali finalmente viene riconosciuto un ruolo fondamentale.
La Regione ha pubblicato una determinazione dirigenziale per «migliorare il percorso assistenziale per la donna che richiede l’interruzione volontaria di gravidanza”. Dietro questo obiettivo apparentemente innocuo si cela però l’intenzione di consentire l’apertura di uno sportello in ogni consultorio, ma anche negli ospedali, gestito da tutte quelle associazioni che perseguono nel loro statuto il fine di «tutelare la vita fin da concepimento e/o svolgono attività specifiche che riguardino il sostegno alla maternità e la tutela del neonato».
Con questa definizione l’ente si mette al riparo anche da eventuali ricorsi di attivisti abortisti che avevano stoppato la precedente determina dirigenziale emanata quando era governatore sotto la Mole Roberto Cota nel 2010.
Una decisione simile infatti c’era già stata, ma il provvedimento apriva solo alle associazioni per la tutela della vita fin dal concepimento. Così era stato impugnato dalle associazioni Casa delle donne e Activa Donna che presentarono un ricorso al Tar, che diede ragione loro perché discriminatorio e fermò l’iniziativa.
Con questa nuova riscrittura invece la Regione è convinta di potersi mettere al riparo da eventuali ricorsi come spiega alla Bussola l’assessore alla semplificazione legislativa Maurizio Marrone (Fratelli d’Italia) che è il vero artefice dell’ingresso dei Cav nei consultori assieme alla titolare del Welfare Chiara Caucino (Lega).
«Le femministe ora non possono più impugnare alcunché – spiega -. Ora bisogna attendere che si esaurisca la procedura di presentazione delle domande che si concluderà il 31 marzo. Poi inizieremo con le riunione per individuare i contenuti delle proposte che le associazioni disegneranno nei loro progetti».
Su una cosa però in Regione sono tutti d’accordo: «Individuare dei locali negli ospedali che vengano date in esclusiva alle associazioni».
Ospedali o consultori? Non è una differenza di poco conto: «Abbiamo tenuto fermo il principio che gli aborti si fanno negli ospedali e le stesse associazioni preferiscono essere presenti lì dove si svolgono le interruzioni di gravidanza per poter intercettare le donne e avere con loro un dialogo fin da quando vengono per il certificato di gravidanza. Nei consultori potremo valutare di mettere del materiale informativo, ma l’obiettivo è creare delle strutture direttamente in reparto».
Chi parteciperà senz’altro alla chiamata della Regione è Federvita Piemonte che esulta per la decisione della giunta Cirio. «Aspettiamo da decenni questo momento – spiega alla Bussola Margherita Garrone – e finalmente ci verrà riconosciuto questo ruolo fondamentale di poter entrare nella dissuasione e di poter attuare quella parte che la legge 194 consente e che invece non è mai stato possibile attuare a causa della posizione contraria di molti tra i medici che sono nelle Asl o sono responsabili delle Asl».
Ma come si organizzeranno le associazioni? «Ci metteremo in contatto con le Asl attraverso una domanda e dovremo dimostrare di avere tutte le carte in regola».
Tra i requisiti, la Determinazione dirigenziale indica l’essere operativi da almeno 2 anni, avere maturato esperienza nell’ambito del sostegno alle donne e/o alla famiglia e garantire la messa a diposizione di personale qualificato (psicologi, assistenti sociali, educatori professionali). Si tratta di requisiti che i pro-life in Piemonte hanno e che ora potranno fare la differenza nella battaglia contro l’aborto.
La soddisfazione di Federvita è legata al fatto che «finalmente si sono create le condizioni che troviamo in Lombardia dove i Centri di Aiuto alla vita hanno stretto, anche in assenza di una legge regionale, un rapporto con le Asl locali». Una volta aperto, lo sportello potrà incontrare liberamente le donne e proporre loro il sostegno necessario volto a impedire l’aborto e a proseguire la gravidanza.
«Abbiamo tante iniziative – prosegue – tra cui lo zainetto per la vita che consiste in un aiuto mensile di 200 euro alle donne che scelgono di non abortire. Disponiamo di lettini, carrozzine, abiti, allattamento artificiale, alimenti. Insomma, abbiamo tutto quello che serve per poter essere di aiuto alla donna che si avvicina all’aborto per motivi economici, ci mancava solo un quadro normativo adeguato».
E quando l’aborto non ha motivazioni economiche, ma è un problema di scelta? «È più difficile intervenire, ma non impossibile. L’approccio parte sempre dal rispetto della scelta della donna, ma cerchiamo di mostrare loro anzitutto che il bambino soffrirà certamente durante l’aborto. Il nostro tentativo è quello di farle comprendere appieno il valore di quella vita in sé stessa ma anche per lei».