Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Guido Maria Conforti a cura di Ermes Dovico
CAMPAGNA AVVELENATA

A sinistra tutti contro tutti, addio solidarietà nazionale...

La sinistra dichiara che avrebbe proseguito la stagione della “solidarietà nazionale” con la guida di Draghi, ma intanto continua a usare toni offensivi sia verso il centrodestra (attuali alleati di governo compresi) che al suo interno. E non può ancora presentare un programma elettorale perché Letta ha tante gatte da pelare nel suo ex “campo largo”.

Politica 03_08_2022

Il ritornello della sinistra sulla presunta irresponsabilità del centrodestra nel far cadere il Governo Draghi non accenna a scemare. Il motivo tattico è comprensibile: tentare di schiacciare sulla destra la coalizione berlusconiana, accusandola di aver scaricato Mario Draghi per far posto a Giorgia Meloni. Neppure a sinistra credono a questa favoletta, ma si tratta comunque di un’arma di distrazione di massa per coprire le contraddizioni del mondo che ruota attorno a Enrico Letta e ai suoi alleati. Il segretario del Pd sa bene che si gioca tutto il 25 settembre. È rientrato da Parigi per prendersi la rivincita e tornare a Palazzo Chigi. Se perderà le prossime elezioni, i suoi avversari di partito gli presenteranno il conto.

Quello che però stupisce in generale è la straordinaria incoerenza di questo inizio di campagna elettorale. La sinistra dichiara che avrebbe proseguito volentieri la stagione della solidarietà nazionale con la guida di Draghi, ma nei fatti sta trasformando la campagna elettorale in una rissa, sia al suo interno sia nei confronti del centrodestra. I toni offensivi e il linguaggio scomposto che alcuni esponenti della sinistra stanno usando nei riguardi degli avversari la dice lunga sul nervosismo che regna da quelle parti. La gente si chiede perché Pd, Lega, Forza Italia, Cinque Stelle e cespugli vari, dopo aver governato insieme fino a dieci giorni fa (e governano tuttora insieme per l’ordinaria amministrazione), si stiano letteralmente scannando a colpi di insulti, avvelenando il clima pre-elettorale. Se il bene del Paese valeva come collante per restare insieme al governo, ora dovrebbe valere come metodo di confronto sui programmi e sulle soluzioni da trovare ai problemi che ci sono e che ci attendono in autunno.

Ma la sinistra da quest’orecchio non ci sente. Ha iniziato con i retaggi fascisti della Meloni e i pericoli per l’Italia, ha proseguito con le fake news sui presunti legami tra Russia e Matteo Salvini, ora punta sullo sbilanciamento a destra della coalizione avversaria e paventa addirittura il rischio che un centrodestra con un’ampia maggioranza parlamentare possa cambiare la Costituzione unilateralmente e senza la condivisione con le altre forze politiche. Peccato però che Enrico Letta abbia tante gatte da pelare nel suo ex “campo largo”, che ora è diventato un mare aperto, ma pieno di squali pronti a sbranarlo se fallisce nel suo disegno di rassemblement anti-destra.

A onor del vero, il centrodestra sta trovando la quadra sul programma e ha anche definito una convergenza sul binomio presidenzialismo-autonomia, per conciliare le aspettative dell’elettorato di Fratelli d’Italia e di quello della Lega. Sta puntando molto sul tema tasse e su quello degli immigrati e sta definendo le candidature. Il centrosinistra non può ancora presentare un programma perché deve prima risolvere il rebus alleanze. Mettere insieme Letta, Calenda, Di Maio, Fratoianni, Renzi, Bonino, ex grillini, ex forzisti e tanti altri generali senza truppe rischia di rivelarsi un boomerang per quello schieramento, che dovrà necessariamente elaborare un programma generico, visto che su tanti temi economici, sociali, valoriali e di politica estera diventerebbe impossibile mettere d’accordo tante teste così diverse tra loro. La nascita di una coalizione così eterogenea non sarebbe un buon viatico sulla strada della governabilità. Si sta cementando solo in funzione anti-centrodestra, ma in caso di successo non potrebbe governare perché segnata da profonde divisioni interne.

Basti pensare che Mara Carfagna, Renato Brunetta e Mariastella Gelmini, che hanno fatto carriera politica attaccando la sinistra, ora si ritrovano a difenderne le ricette economiche come la tassa di successione per aiutare i giovani o il reddito di cittadinanza, che una parte della sinistra, a prescindere dall’alleanza con i grillini, vorrebbe mantenere. L’accordo di ieri tra Letta e Calenda sancisce il passaggio a sinistra degli ex azzurri, che si candidano a una subalternità al Pd, tradendo di fatto il proprio elettorato di riferimento. Senza contare le giravolte opportunistiche di personaggi come Luigi Di Maio, che è passato dal vaffa allo scudocrociato e ora ha un disperato bisogno di un collegio sicuro alla Camera per non scomparire.

Tutti questi nodi sono destinati a venire al pettine nella composizione delle liste, che saranno un’altra fonte di frizioni tra Letta e i suoi alleati, al di là dell’accordo di ieri con Calenda, già contestato da Fratoianni e Bonelli, rispettivamente di Sinistra Italiana e Verdi. Con una legge elettorale proporzionale sarebbe stato più semplice per loro. Ora, invece, sono costretti a unirsi anche se si odiano. Mostrano di odiare il centrodestra, ma si odiano anche tra di loro. Basterebbe sfogliare i giornali di qualche mese fa per scorgere l’entità di certi personalismi. Che prima o poi riesploderanno.