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CINA VICINA

A Londra il 5G di Huawei costa la testa di un ministro

Informazioni riservate sono trapelate da una riunione del Consiglio di Sicurezza Nazionale britannico sull'intenzione di coinvolgere il colosso cinese Huawei nel progetto 5G. Il ministro della Difesa Gavin Williamson è stato licenziato, accusato di essere l'autore del "leak", perché era contrario alla cooperazione tecnologica con la Cina. 

Esteri 03_05_2019
Gavin Williamson

Il governo conservatore britannico del premier Theresa May considera "chiuso" il caso delle informazioni riservate trapelate da una riunione del Consiglio di Sicurezza Nazionale sull'intenzione britannica di coinvolgere il colosso cinese della telecomunicazione Huawei nel progetto 5G.

Mercoledì la stessa May aveva disposto la rimozione dall’incarico del ministro della Difesa Gavin Williamson, accusato di aver fatto trapelare l’esito dell’incontro al vertice al National Security Council, in merito a Huawei: nei giorni scorsi, era infatti giunta alla stampa britannica l'intenzione del governo di aprire le porte, seppur parzialmente, all’azienda cinese che ha stretti rapporti con l’intelligence di Pechino.

Alla Camera dei Comuni, il vicepremier David Lidington, rispondendo a un'interrogazione urgente dell'opposizione laburista ha affermato che la premier ritiene che Williamson abbia contravvenuto al codice di condotta interno all' esecutivo in materia di regole di riservatezza, perdendo quindi "la sua fiducia", ma non abbia rivelato segreti di Stato o commesso reati. Di qui la decisione di "non denunciare il caso alla polizia", fatto salvo l'impegno a "cooperare pienamente" con le forze dell'ordine laddove fossero queste a decidere autonomamente di avere elementi tali da indagare su un'ipotetica violazione dell' Official Secrets Act: la legge britannica del 1989 sui segreti di Stato.

Williamson ha negato in una lettera al primo ministro di essere correlato in "nessun modo" alla divulgazione di informazioni segrete. "Nego fortemente di essere coinvolto in questo caso", ha scritto, sottolineando la sua fiducia nei suoi colleghi nel ministero. May aveva offerto a Williamson la possibilità di dimettersi, ma l'ex ministro l'ha respinta perchè accettarla avrebbe implicato il riconoscimento di responsabilità sue e dello staff del ministero della Difesa che Willianmson respinge decisamente dicendosi vittima di una "vendetta" personale da parte del segretario generale del Consiglio di Sicurezza, Mark Sedwill, l'uomo a cui May ha affidato l'inchiesta sulla fuga di notizie.

Il premier parla però di "prove stringenti" contro di lui mentre l’opposizione laburista invoca ora "un'indagine penale della polizia": per capire se davvero Williamson sia colpevole e se l'indiscrezione abbia violato la legge sui segreti di Stato. Ministro della Difesa dal 2017, il 42enne Williamson aveva ricoperto in precedenza il ruolo di capogruppo Tory alla Camera dei Comuni. Considerato una figura emergente, era stato indicato da alcuni giornali anche come un potenziale candidato futuro alla leadership del Partito Conservatore al posto della stessa Theresa May. Si tratta del secondo ministro della Difesa sostituto nel governo May dopo Michael Fallon, caduto in precedenza sull'onda di sospetti di molestie sessuali.

Del resto il governo May ha visto saltare in meno di due anni una ventina di esponenti. Secondo molti media Williamson con altri “falchi' del governo aveva espresso contrarietà al coinvolgimento (anche se di "componenti non cruciali" del sistema di telecomunicazione nazionale) di Huawei nel progetto 5G nazionale ma dopo essere stato costretto ad accettare la linea della premier avrebbe fatto trapelare la cosa al Daily Telegraph con l'obiettivo di cercare di ostacolare la decisione finale anche puntando sulle dure reazioni di Washington che, in caso di presenza di Huawei nelle telecomunicazioni del Regno Unito, minaccia di ridurre il coinvolgimento dei servizi segreti britannici nella condivisione delle informazioni d’intelligence.

Una decisione che comprometterebbe la solidità del cosiddetto “Club Five Eyes” che vede accomunati nella condivisione di informazioni riservate i vincitori anglosassoni della Seconda guerra mondiale: Usa, Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda. Il caso Williamson mette in luce le difficoltà che affrontano un po’ tutti i Paesi europei nella valutazione sul coinvolgimento delle società cinesi di telecomunicazioni, ZTE e Huawei, nello sviluppo di reti nazionali 5G, divisi tra la convenienza tecnica e commerciale dei prodotti di Pechino e i rischi per la sicurezza enfatizzati da Washington che preme con forza sugli alleati. A oggi Gran Bretagna, Italia e Francia non hanno deciso di escludere le aziende cinesi ma di attuare severi controlli sulla sicurezza delle comunicazioni.

A Whitehall, sede del Ministero della Difesa, Williamson è già stato sostituito da Penelope Mary Mordaunt, primo ministro della Difesa di sesso femminile della storia della Gran Bretagna, paese che paradossalmente, mentre persegue il Brexit, si adegua alla moda ormai imperante in Europa Occidentale di porre alla Difesa ministri donna. Penny Mordaunt, 46 anni, era finora ministro per la Cooperazione Internazionale e anche lei, come Williamson, è considerata fra i più decisi sostenitori della Brexit all' interno dell'attuale governo Tory. Riservista della Royal Navy, deputata di Portsmouth dove si trova la più grande base navale britannica e figlia di un paracadutista, la Mordaunt è anche ministro per le Donne e l'Uguaglianza, incarico che manterrà.

Attivista per i diritti delle donne è una convinta sostenitrice del diritto all' aborto, ha lavorato dietro le quinte per mettere fine al divieto per l'interruzione di gravidanza in Irlanda del Nord e ha criticato la scelta del presidente americano Donald Trump di tagliare i finanziamenti ai centri di pianificazione familiare. Ha anche denunciato le difficoltà incontrate come donna nelle forze armate, esortandole in un discorso tenuto nel 2014 ad essere più aperte. Cinque anni fa venne criticata per aver partecipato ad un reality tv di tuffi ma è ricordata soprattutto per aver pronunciato alla Camera dei Comuni per sei volte una parola sconcia solo per vincere una scommessa con i colleghi.