A Bologna collettivi scatenati, i Dem li fiancheggiano
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Se il manifestante è di sinistra si punta l'indice contro il governo. E le forze dell'ordine diventano "camicie nere". Pd e alleati scandalizzati da CasaPound non guardano ai violenti di casa loro, anzi cavalcano le piazze in piena crisi pre-elettorale.
Dopo la debacle in Liguria e dopo la scottatura della sconfitta dei democratici alle presidenziali americane, per la sinistra sono giorni di grande disorientamento. Si avvicina l’appuntamento elettorale di domenica prossima, cioè le elezioni regionali in Emilia Romagna e in Umbria, e c’è nervosismo in casa Pd e tra Dem e alleati. Visto che la sinistra sul piano del consenso continua ad essere fortemente minoritaria nel Paese, nelle azioni di contrasto al governo prova ad utilizzare altri strumenti. La tenaglia mediatico-giudiziaria è sempre pronta a entrare in azione per azzoppare gli avversari politici, i sindacati continuano ad essere in servizio permanente effettivo contro il governo Meloni, qualunque cosa l’esecutivo decida, e poi ci sono le piazze, facilmente aizzabili.
Le manifestazioni di Bologna hanno acceso un nuovo fronte di scontro politico, con il sindaco Matteo Lepore e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che si sono trovati su posizioni opposte in merito alla gestione dell’ordine pubblico. Sabato scorso, i disordini scoppiati durante una manifestazione di CasaPound, controbilanciata da una protesta organizzata da esponenti di sinistra, hanno portato a scontri tra antagonisti e forze dell’ordine, suscitando tensioni che sembrano crescere ulteriormente con l’avvicinarsi delle elezioni regionali di domenica prossima.
La polemica si è infiammata quando Lepore, sindaco di Bologna, ha accusato il governo di aver mandato "300 camicie nere" per mantenere l’ordine, insinuando una volontà politica dietro l’intervento delle forze dell’ordine. In risposta, Piantedosi ha definito le dichiarazioni del sindaco “irresponsabili”, affermando che il governo ha sempre assicurato collaborazione leale alla città, anche in occasione della recente alluvione. Le parole di Lepore, secondo il ministro, rischiano di delegittimare gli sforzi del Viminale per garantire la sicurezza nelle manifestazioni, un compito svolto nel rispetto della Costituzione e dei diritti fondamentali.
La decisione di non spostare la manifestazione di CasaPound dalla piazza centrale ha sollevato polemiche, ma secondo il Viminale era stata discussa in collaborazione con le autorità locali. In effetti, la Digos aveva negoziato con gli organizzatori per evitare cortei, e le violenze non sono state attribuite ai manifestanti autorizzati di CasaPound, ma ai contro-manifestanti non autorizzati. Le tensioni hanno infatti visto protagonisti alcuni esponenti dei centri sociali e collettivi universitari, che hanno cercato di interrompere la manifestazione tramite atti violenti contro le forze dell’ordine.
La domanda che sorge spontanea, alla luce di questi eventi, è se cambiare la sede della manifestazione avrebbe davvero evitato tali scontri. La presenza di movimenti di estrema sinistra intenzionati a bloccare la manifestazione appare un fattore determinante nella creazione di disordini, rendendo difficile comprendere in che modo la decisione del prefetto avrebbe potuto influire.
In un clima elettorale teso, la sinistra ha assunto un ruolo attivo nelle proteste di piazza, e alcuni esponenti politici puntano a intensificare le critiche contro il governo Meloni e le scelte del Viminale. Con le elezioni regionali imminenti, questa strategia sembra parte di un tentativo per consolidare la base elettorale e stimolare la partecipazione, ma rischia di compromettere la sicurezza pubblica e di alimentare tensioni già latenti. La scelta della premier Giorgia Meloni di intervenire da remoto per la chiusura della campagna della candidata del centrodestra Elena Ugolini potrebbe riflettere, oltre agli impegni istituzionali (prolungamento dell’incontro con i sindacati sulla legge di bilancio), una volontà di evitare una presenza che potrebbe ulteriormente esacerbare le tensioni.
Le proteste di Bologna riportano all’attenzione nazionale il difficile equilibrio tra ordine pubblico e diritto di espressione. La necessità di garantire una gestione della sicurezza imparziale e trasparente appare cruciale, tanto più in un periodo in cui la polarizzazione politica tende ad acuirsi. Il governo e le amministrazioni locali saranno chiamati a trovare una sintesi tra la libertà di manifestazione e la tutela dell’ordine pubblico, ma sindaci come Lepore finiscono per allontanare il raggiungimento di quel sano equilibrio istituzionale, indispensabile per combattere tutti gli estremismi, di qualunque colore politico.
Forse il sindaco di Bologna ha colto la palla al balzo per distogliere l’attenzione dei suoi concittadini dai gravi problemi della città, aggravati da uno scellerato piano del traffico, ma così facendo ha dato fiato alle proteste estreme, che potrebbero in qualunque momento degenerare in altri disordini e perfino in iniziative di lotta armata. Sono esternazioni improvvide quelle di Lepore, che trasudano irresponsabilità e vanno censurate.
La verità è che la sinistra accusa la destra di non aver mai preso fino in fondo le distanze da certi estremisti, il che può essere in parte vero. Ma anche la sinistra con episodi come quello di Bologna dimostra di non aver mai tagliato il cordone ombelicale con alcune frange estreme della sua area politica e di essere disposta a minacciare gli equilibri istituzionali pur di lucrare vantaggi elettorali.