5 Stelle, chi di Rete ferisce di Rete perisce?
Fa specie ricordare la genesi dei Cinque Stelle in un momento in cui Internet sta diventando per loro un vero e proprio incubo. L’hanno idolatrata e usata come strumento di business e soprattutto di fidelizzazione dell’elettorato. Ora, però, si sta trasformando in un ambiente ostile, che critica l’incapacità del Movimento grillino e rischia di travolgerlo.
C’era una volta un Movimento anti-casta che predicava il superamento dei partiti tradizionali e perfino del Parlamento, teorizzando la democrazia del web come l’evoluzione più matura del rapporto tra popolo e pubblici poteri. Si tratta di una forza politica che in un decennio è arrivata al governo. Non ha apparati e sezioni, non fa congressi, non riunisce i suoi iscritti, ma coagula consensi solo attraverso Internet, usando una piattaforma privata sulla quale consulta i suoi proseliti e condivide con loro programmi e obiettivi.
Fa specie ricordare la genesi dei Cinque Stelle in un momento in cui la Rete sta diventando per loro un vero e proprio incubo. L’hanno idolatrata e usata come strumento di business ma anche e soprattutto di fidelizzazione dell’elettorato. Ora, però, rischia di trasformarsi nel loro killer. Una sorta di eterogenesi dei fini. Internet, da luogo di ‘santificazione’ del messaggio grillino, sta diventando ambiente ostile al Movimento, che rischia di rimanerne travolto.
Nei giorni scorsi il Parlamento europeo ha approvato la nuova direttiva sul copyright e i grillini hanno subito annunciato che faranno di tutto per contrastarla e non applicarla. Con malizia si potrebbe insinuare che la loro opposizione al testo della nuova legge europea derivi proprio dall’atteggiamento di favore che essi hanno sempre riservato ai colossi del web, i principali nemici delle regole introdotte con la direttiva. Ma se sui siti web, sulla piattaforma Rousseau e sui social network i pentastellati hanno costruito le proprie fortune politiche, oggi il declino pentastellato risulta amplificato proprio dalle continue sconfessioni del loro operato da parte di ormai ex simpatizzanti.
A un anno dalla vittoria alle politiche del 4 marzo, quel 33% di consensi raccolti da Luigi Di Maio e soci si è già ridotto di un terzo, come hanno confermato tutti gli appuntamenti elettorali regionali degli ultimi 12 mesi. Un crollo verticale imputabile a un mix di inesperienza, ignoranza, arroganza e incapacità di tenere fede alle promesse fatte in campagna elettorale e che tante aspettative avevano alimentato tra gli elettori delusi dagli altri partiti.
Se navigare sui social un anno fa significava imbattersi in una catena inarrestabile di elogi e incoraggiamenti agli esponenti grillini, oggi significa assistere alla fiera degli sberleffi e delle derisioni nei loro confronti. Sembra che l’immaginario arco costituzionale di tutte le altre forze politiche e dei relativi elettorati di riferimento si sia ricostituito nell’ambiente virtuale proprio in nome dell’ironia e del sarcasmo anti-grillino. Perfino tra i salviniani e gli elettori del Carroccio gli epiteti irriverenti su Di Maio e gli altri vertici del Movimento si sprecano.
La reputazione online dei grillini sta toccando i più bassi livelli degli ultimi anni, anche a causa di una serie di fattori facilmente decifrabili. Anzitutto i continui tonfi elettorali, sempre minimizzati dal vicepremier Di Maio che, nel caso del voto in Basilicata di domenica scorsa, ha avuto il coraggio di commentare che i Cinque Stelle «sono il primo partito con il 20% in Regione». Un risultato del tutto inutile perché a vincere è stato il centrodestra, dopo che alle politiche di un anno fa in Lucania i pentastellati avevano preso il 44%, cioè più del doppio dei voti. Tante le battute sui social all’indirizzo del vicepremier, accusato di «vivere su Marte».
La tendenza della Rete ad alimentare la gogna si è risvegliata nelle ultime settimane a proposito della presunta e tanto sbandierata diversità morale grillina, smentita in modo categorico e plateale dalle inchieste romane, che hanno messo in ginocchio la giunta Raggi. Virale è diventata la delusione degli ormai ex elettori grillini, sempre più numerosi e inviperiti per i ripetuti tradimenti da parte dell’attuale classe politica. Un punto di svolta negativo nel gradimento in Rete nei confronti dei grillini si è avuto all’indomani della votazione in Parlamento su Salvini e la nave Diciotti. Lì l’appannamento della loro tradizionale immagine pura e integerrima ha raggiunto livelli elevatissimi, in ragione della loro ennesima giravolta su temi assai cari alla base del Movimento, vale a dire l’onestà e l’uguaglianza universale (uno vale uno).
Su Facebook il fenomeno delle fanpage, collegate tra loro e create da utenti inviperiti contro i 5 Stelle, sta dilagando. Si stimolano e si alimentano veri e propri tormentoni giocati sul cattivo uso dei congiuntivi da parte di Luigi Di Maio (“Di Maio che facesse cose”), sulle indecisioni di Alessandro Di Battista (“I Dubbi di Dibba”), sugli strafalcioni di Danilo Toninelli o altri parlamentari grillini (“Populismo e analfabetismo”) o, ancora, sulle contraddizioni quotidiane del Movimento (“M5s no grazie”).
La community del dissenso contro i 5 Stelle sta crescendo e certamente inciderà sugli esiti della prossima campagna elettorale per le europee, così come ha già inciso in occasione delle varie tornate regionali dei mesi scorsi. Chi ha votato per il Movimento di Beppe Grillo un anno fa alle politiche lo ha fatto perché plasmato dalla propaganda grillina on line. Ora, con lo stesso strumento, manifesta una crescente disaffezione perché si rende conto dell’inconsistenza e dell’inaffidabilità del personale politico pentastellato. Sembra impossibile, ma in un giorno non lontano potrebbero essere proprio i vertici del Movimento 5 Stelle a maledire il web. D’altronde, chi di Rete ferisce di Rete perisce.