Zan: settimana decisiva, tra modifiche e rifiuti a trattare
Sta per iniziare una settimana che potrebbe essere decisiva per il ddl Zan con la ripresa del tavolo di maggioranza a Palazzo Madama. Lega e FI chiedono l'unificazione della proposta Ronzulli e Italia Viva prova a modificare il concetto di identità di genere e ad "ammorbidire" la Giornata contro l'omofobia.
Sta per iniziare una settimana che potrebbe essere decisiva per il ddl Zan. Per martedì è in programma il tavolo di maggioranza a Palazzo Madama convocato dal presidente della Commissione Giustizia e relatore del provvedimento, il leghista Andrea Ostellari. Pd, M5S e Leu, però, appaiono determinate ad andare avanti per incassare subito il voto sulla calendarizzazione ed iniziare il dibattito in Aula il 13 sul testo base che porta il nome del deputato dem Alessandro Zan.
Nell'ultima riunione tra i capigruppo di maggioranza, Forza Italia e Lega avevano chiesto di unificarlo con la proposta della forzista Licia Ronzulli. Una richiesta a cui si sono opposte le tre componenti dell'ex maggioranza giallorossa, intenzionate ad impedire modifiche che comporterebbero la necessità di un rinvio in terza lettura alla Camera. Nel frattempo, però, una novità è arrivata da Italia Viva che ha presentato al fotofinish una serie di emendamenti per ritornare alla formulazione contenuta nell'originaria proposta Scalfarotto, poi accorpata con i ddl Boldrini, Zan, Perantoni e Bartolozzi.
Gli emendamenti a doppia firma Faraone-Cucca puntano a cancellare il concetto di identità di genere dagli articoli 1 e 2, riprendendo la definizione di contrasto all'omofobia e transfobia che era prevista nel ddl dell'attuale sottosegretario all'Interno. I due esponenti di Iv, inoltre, hanno proposto di eliminare l'articolo 4 del ddl Zan ovvero quella cosiddetta norma salva idee che, secondo il parere dell'ex ministro socialista della Giustizia Claudio Martelli, contiene frasi "auto contraddittorie" perché "opinioni e condotte non possono essere contemporaneamente legittime e però idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti", dal momento che si "consegnerebbe ai giudici un’abnorme discrezionalità, quella di sentenziare in base a una norma che fa a pugni con se stessa".
Per Davide Faraone, capogruppo dei renziani al Senato, "eliminando l'articolo 4 si risolve la questione: la libertà di espressione è garantita dalla Costituzione e non può essere degradata a una legge ordinaria". L'iniziativa emendativa dei due parlamentari di IV, inoltre, ha riguardato anche l'articolo 7 - quello relativo all'Istituzione della Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia - con l'introduzione di un passaggio sul "rispetto della piena autonomia scolastica" per consentire agli istituti di aderire o meno all'organizzazione di cerimonie sul tema in occasione della neocostituita Giornata.
La mediazione, tuttavia, non è piaciuta ai promotori del ddl Zan che si dichiarano quotidianamente disposti a trattare, ma al tempo stesso ribadiscono la loro volontà di far arrivare il testo in Aula senza cambiamenti. Questa è anche la posizione di Enrico Letta che, dopo un timido segnale di apertura alle modifiche subito dopo l'uscita della notizia della protesta della Segreteria di Stato, è tornato a barricarsi nel fortino di chi non ha alcuna intenzione di rischiare un nuovo passaggio alla Camera e vuole portare a casa la legge così com'è.
Un irrigidimento probabilmente provocato non solo dalla rivolta interna al Pd dopo le parole di disponibilità al dialogo pronunciate dal nuovo segretario, ma anche dal modo in cui Mario Draghi ha bruscamente liquidato la protesta formale del Vaticano. Quel "il nostro è uno Stato laico" ripetuto in Senato, con tono infastidito, deve aver rassicurato Largo del Nazareno sul fatto che i mal di pancia d'Oltretevere non avrebbero trovato sponde a Palazzo Chigi.