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ATTENTATI

Voci islamiche contro il terrorismo

Dopo i gravi attentati terroristici in Kenya e in Pakistan arrivano parole di condanna da parte di autorevolissime personalità del mondo isalmico: gli atti di terrorismo non trovano giustificazione in nessun passo delle sacre scritture.

Esteri 25_09_2013
Il Corano

Forti e chiare, finalmente, sono le parole di condanna pronunciate da diverse, autorevolissime personalità del mondo islamico all’indomani degli attentati terroristici di Nairobi, Kenya, e di Peshawar, Pakistan: una condanna che si fonda sulla assicurazione che gli atti di terrorismo contro dei civili inermi sono del tutto estranei all’islam e non trovano fondamento e giustificazione in nessun passo delle sacre scritture.

Adan Wachu, segretario generale del Consiglio supremo dei musulmani del Kenya, ha dichiarato, in un comunicato pervenuto all’agenzia di stampa missionaria MISNA e da questa pubblicato il 23 settembre, che tutte le principali associazioni islamiche del suo paese hanno condannato duramente l’attacco al centro commerciale compiuto da un commando di al Shabaab, il gruppo armato somalo legato ad al Qaeda. In particolare, i rappresentanti degli islamici che nella città costiera di Mombasa costituiscono la maggioranza della popolazione hanno voluto deplorare la strage, definendo gli autori dell’attentato dei criminali il cui comportamento non ha nulla a che vedere con la religione.

“Vogliamo ribadire la nostra condanna più ferma all’attentato e sottolineare che l’uccisione di civili innocenti, tra cui donne e bambini, è contraria a ogni precetto dell’Islam” – ha detto Adan Wachu, parlando a nome di tutte le comunità musulmane del Kenya. Poche ore prima aveva lanciato un appello a partecipare alle raccolte di sangue organizzate per rifornire gli ospedali della capitale dove centinaia di feriti sono stati ricoverati e gli islamici hanno risposto numerosi. I terroristi “non riusciranno a dividere su fronti opposti cristiani e musulmani – ha osservato Wachu – questo atto vigliacco ha avuto come prima conseguenza di unire i kenyani contro l’estremismo; non cadranno nella loro subdola strumentalizzazione: in Kenya vige il rispetto per tutti i credi e non ci lasceremo trascinare in un conflitto settario che non ci appartiene”. Il senatore di Mombasa, Hassan Omar, islamico, si è espresso negli stessi termini: “l’attentato è un tentativo di creare una frattura tra i musulmani e gli altri gruppi religiosi, ma noi vogliamo dire ai terroristi che siamo più intelligenti di loro, che conosciamo le loro intenzioni e che non saremo sconfitti”.

In Pakistan, dove due kamikaze hanno ucciso 85 persone facendosi esplodere presso la chiesa di Peshawar affollata in occasione della messa domenicale, il presidente del Consiglio degli ulema, Maulana Tahir Ashrafi, si è detto vicino alle vittime e alla comunità cristiana e partecipe del dolore “dei nostri fratelli e sorelle cristiani”. Ashfari inoltre ha rimproverato il governo: “è una vergogna che non riesca a proteggere le minoranze”. Nel paese sono stati dichiarati tre giorni di lutto nazionale. Il presidente Manmoon Hussain ha garantito che i gravi danni alla chiesa provocati dalle esplosioni verranno riparati a spese del governo che inoltre provvederà alle cure mediche dei feriti e a qualsiasi loro necessità. Il ministro degli interni Chaundry Nisar Ali Khan, a nome del governo, ha condannato l’attentato dicendo che “nessuna religione autorizza ad attaccare bambini e donne” e che gli autori della strage brutale “non sono persone umane”: “chiunque sia coinvolto in questo crimine – ha aggiunto – sono nemici del Pakistan e dell’Islam: l’Islam ci insegna la pace e riconosce tutti i diritti alle minoranze”. Atterrato a Peshawar poche ore dopo la strage, Nisar Ali Khan parlando ai giornalisti ha inoltre affermato: “l’attentato di cui sono state vittime le donne e i bambini di Peshawar è un crimine contro l’umanità”.

Pochi giorni prima dell’attacco al centro commerciale di Nairobi, 160 studiosi e leader religiosi islamici provenienti da tutta la Somalia si erano riuniti nella capitale Mogadiscio per discutere proprio del fenomeno dell’estremismo islamico nel Corno d’Africa. Il 12 settembre di comune accordo hanno preso la decisione di emettere contro gli al Shabaab una fatwa (sentenza religiosa) che li condanna definendo il loro comportamento “incompatibile con i principi dell’islam”. La sentenza, la prima del genere, fa riferimento tra l’altro alle terribili punizioni – condanne a morte, mutilazioni, fustigazioni… – inflitte dagli al Shabaab a chi viola le regole della legge coranica. La fatwa definisce al Shabaab un “gruppo dall’ideologia deviata, uscito dalla strada maestra della religione islamica”, che uccide senza alcuna giustificazione legittima e che quindi non deve essere considerato un “movimento islamico”. Il documento definisce inoltre “haram”, proibita, la sua lotta contro il governo somalo e indica perciò come dovere religioso rifiutare ai suoi combattenti aiuto e assistenza di qualsiasi genere.