Violenze e spose bambine: ecco l’8 marzo dimenticato
Balkissa Chaibou sognava di fare il medico. Ma in Niger, solo l’11% delle donne sa leggere e scrivere. Balkissa aveva 12 anni quando sua mamma le ha presentato un cugino e le ha detto che quello era il suo futuro marito. Come lei sono milioni le spose bambine. Cronache di un 8 marzo, festa della donna, che nessuno vuole ricordare.
Balkissa Chaibou studiava volentieri e sognava di fare il medico da grande. Ma in Niger, dove è nata, le bambine è tanto se vanno a scuola per qualche anno. Solo l’11% delle donne nigerine sa leggere e scrivere. Balkissa aveva 12 anni quando sua mamma le ha presentato un cugino da poco arrivato in visita dalla Nigeria dove abitava e le ha detto che quello era il suo futuro marito. Il giorno del matrimonio è arrivato quattro anni dopo.
Dalla Nigeria il marito ha mandato il prezzo della sposa, alcune valige e un abito nuziale. Quel giorno Balkissa si è sentita morire. Ha scongiurato suo padre di consentirle almeno di finire le scuole superiori prima di raggiungere il marito in Nigeria. Ma tra i Tuareg – la sua etnia – per tradizione il fratello maggiore ha potere sui cadetti e sulle loro famiglie. Lo zio di Balkissa, padre del suo promesso sposo e fratello maggiore di suo padre, è stato irremovibile e nessuno ha osato metterne in discussione l’autorità. Disperata, la giovane sposa ne ha parlato con il preside della sua scuola che per fortuna l’ha messa in contatto con il Centro per l’azione giudiziaria e l’azione civile, una organizzazione non governativa locale che, informata del caso, ha intrapreso una causa legale denunciando un tentativo di matrimonio forzato. Lo zio di Balkissa è riuscito a convincere i giudici che si era trattato di un malinteso, che nessuno voleva costringere sua nipote a sposarsi contro la sua volontà. Ma, cadute le accuse, ha di nuovo reclamato la nipote per il figlio, arrivando a minacciare di morte la nipote.
Balkissa è scappata di casa e ha trovato rifugio in un centro per donne in difficoltà. Il caso è tornato in tribunale e solo allora lo zio si è arreso, temendo questa volta di finire in carcere. Adesso Balkissa ha 19 anni, si è diplomata, frequenta la facoltà di medicina e partecipa assiduamente alle campagne contro i matrimoni precoci e forzati con interventi nelle scuole e incontri con capi tribali. La sua è una storia a lieto fine. Ma il Niger è il Paese con il più alto tasso di matrimoni precoci al mondo. Il 36% delle donne nigerine si è sposato prima dei 15 anni e il 75% prima di compiere 18 anni. L’istituzione del matrimonio forzato e infantile è presente in molti altri stati, in Africa e in Asia.
Ogni anno milioni di bambine e di adolescenti sono costrette a lasciare gli studi e a sposare uomini che spesso neanche hanno avuto modo di conoscere e frequentare e che non di rado hanno molti anni più di loro. In Iran, ad esempio, per le donne l’età minima per il matrimonio è nove anni. Quasi per tutte il matrimonio significa l’abbandono della scuola. Inoltre, gli organismi immaturi delle più piccole non sono pronti per la maternità. In Niger il 34% dei decessi tra le adolescenti è dovuto a complicazioni durante la gravidanza e il parto. Le donne andate spose da bambine sono anche molto più esposte a violenza domestica, fisica e psicologica.
L’Unicef in un recente rapporto sostiene che in Africa una ragazza su tre si sposa prima di compiere 18 anni e prevede che il numero delle spose bambine salirà a 310 milioni entro il 2050, più del doppio delle attuali, se l’istituzione del matrimonio precoce non verrà efficacemente contrastata. Come dimostra il caso di Balkissa, l’adozione di leggi che lo proibiscono rappresenta un passo avanti, ma solo a condizione che vengano fatte rispettare e per questo occorrono profondi cambiamenti sociali e culturali. Il prezzo della sposa, ad esempio, un’istituzione che obbliga gli uomini a pagare per sposarsi, corrispondendo alla famiglia della futura moglie un ammontare pattuito, fa gola e induce molte famiglie a cedere le figlie presto, senza tener conto della loro volontà e del loro bene: meglio se giovani e vergini, perché più richieste e quindi più remunerative.
Una buona notizia arriva dallo Zimbabwe dove a gennaio una corte costituzionale ha dichiarato illegali i matrimoni infantili celebrati secondo la legge consuetudinaria in quanto contrastano con la costituzione che dichiara validi solo i matrimoni contratti da partners che abbiano compiuto 18 anni. Benché l’età del matrimonio sia stata portata a 18 anni nel 2013, tuttora il 31% delle ragazze si sposa più giovane. Ogni anno in Zimbabwe sono costrette al matrimonio circa 25.000 bambine. Un’altra buona notizia arriva dall’Egitto. Riguarda un’altra istituzione tradizionale, le mutilazioni genitali femminili, Mgf: anche in questo caso si tratta di un piccolo passo avanti. Un anno fa un medico, Raslan Fadl, accusato dell’omicidio colposo di una bambina di 13 anni deceduta nel 2013 dopo un intervento illegale di Mgf, era stato assolto insieme al padre della bambina.
Ma la procura era ricorsa in appello e nel novembre del 2015 un tribunale ha condannato il medico a due anni di reclusione e il padre a tre mesi con la condizionale. Inoltre ha ordinato la chiusura della clinica di Fadl per un anno. Di recente però si era scoperto che in realtà l’uomo era libero e continuava a esercitare. La buona notizia è che il 25 febbraio un tribunale ne ha definitivamente revocato la licenza. Raslan Fadl è il primo medico condannato in Egitto per aver eseguito un intervento di mutilazione da quando le Mgf sono state proibite nel 2008 e benché da allora continuino a essere molto diffuse. Nonostante il bando, più del 90% delle donne nella fascia d’età tra 15 e 59 anni è stata mutilata in tempi recenti. Un rapporto dell’Unicef pubblicato a febbraio rende noto che sono almeno 200 milioni le donne e le bambine che hanno subito Mgf in 30 paesi, 70 milioni in più rispetto al 2014.