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Vince Georgescu, anche la Romania è stanca di ideologie

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Terremoto elettorale in Romania. L'indipendente “sconosciuto” Georgescu è il più votato. Tracollano i socialisti. I popoli europei sono stanchi di prediche ideologiche. 

Esteri 26_11_2024

I risultati delle elezioni presidenziali in Romania del 24 novembre, primo turno, sono chiari: il candidato indipendente e “sconosciuto” di destra Călin Georgescu ha raccolto più di 2 milioni e 120 mila voti ed è risultato il più votato, imprevedibilmente; al secondo posto la candidata dei liberali, sindaco di un piccolo paese e da qualche mese leader del partito liberal-conservatore USR (Unione Salvate la Romania), Elena Lasconi con 1milione e 772 mila voti; più dietro il primo ministro in carica e candidato del Partito socialista Marcel Ciolacu con 1 milione e 769 mila voti, poi George Nicolae Simion del partito conservatore e nazionalista AUR (Alleanza per l'Unione dei Romeni).

I due candidati che hanno ottenuto più voti domenica si sfideranno l’8 dicembre per la vittoria finale, mentre il 1 dicembre, tra pochi giorni, i romeni sono chiamati al voto per l’elezione del parlamento del paese.

Il presidente della Romania ha un ruolo semi-esecutivo, è il rappresentante della Romania in sede internazionale e il garante dell'equilibrio tra i poteri dello Stato, può proporre e porre veti alle leggi, approva la composizione del governo e ne nomina i ministri e controlla, emana le leggi del parlamento e può reinviarle alle camere, controlla anche la spesa per la difesa. La campagna elettorale si è concentrata in gran parte sull'impennata del costo della vita, con la Romania che rappresenta la quota maggiore di persone a rischio di povertà nell'UE.

Georgescu è stato membro di spicco del partito conservatore AUR, che lo ha proposto come candidato primo ministro due volte, una nel 2020 e una nel 2021, e recentemente ha criticato lo scudo di difesa contro i missili balistici della NATO nella città rumena di Deveselu e considera l'alleanza nordatlantica incapace di difendere gli Stati. Georgescu ha lavorato come professore universitario, ha ricoperto incarichi presso il ministero dell'ambiente del paese e ha rappresentato la Romania nel comitato nazionale del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente. Il suo manifesto politico è relativamente vago, pur avendo espresso la sua ammirazione per le capacità negoziali del primo ministro ungherese Viktor Orbán e la necessità di evitare la rincorsa agli armamenti e lo scontro contro la Russia di Putin.

A livello nazionale, ha sostenuto la necessità di ridurre la dipendenza della Romania dalle importazioni e di sostenere gli agricoltori del paese per aumentare la produzione interna di cibo ed energia. Georgescu sembra essere uscito dal nulla, ma il 62enne ha guadagnato la sua popolarità e consensi grazie all’uso di TikTok, dove ha 3,4 milioni di follower. I suoi video lo mostrano mentre va in chiesa, fa attività sportiva, presenta le sue idee e la sua attività attraverso podcast. Certamente il voto dato a Călin Georgescu rappresenta la protesta e una rivolta contro l'establishment politico della Romania, a conferma la tendenza popolare consolidata, soprattutto ma non solo, nei paesi dell’Europa orientale, ad affidare il proprio voto a persone e partiti che riaffermino l’identità nazionale, evitino la guerra e l’impoverimento sociale e prediligano il realismo delle risposte alle difficoltà quotidiane, alle ideologie di moda a Bruxelles.

Elena Lasconi, ex giornalista e coccolata da domenica da tutti i mass media occidentali, è entrata a far parte dell'Unione Salvate la Romania (USR) nel 2018 ed è diventata leader del partito quest'anno. Sindaco per due mandati di una piccola cittadina, crede nell'aumento della spesa militare e nell'aiuto all'Ucraina e sarà la candidata dei mass media occidentali e dell’establishment politico europeista rumeno.

Ennesima delusione invece per i Socialisti, sempre più marginali ed impopolari in Europa a causa delle loro infatuazioni ideologiche ed il conseguente abbandono delle tradizionali battaglie per la giustizia sociale e difesa dei ceti deboli, ormai appannaggio delle destre. Il presidente del PSD Marcel Ciolacu ha annunciato ieri ai suoi colleghi che sta valutando la possibilità di dimettersi nei prossimi giorni, prima delle elezioni parlamentari del 1° dicembre che, dopo il voto di domenica, potrebbero sconvolgere il panorama politico della Romania oltre ogni previsione.

Sino al terremoto elettorale di domenica, si prevedeva che nel prossimo parlamento i Socialisti mantenessero un 30% dei consensi, i Conservatori di AUR si attestassero al 21%, mentre i liberali di USR e i popolari del PNL si fermassero al 14-15%. Dopo il voto di domenica e nel tentativo di accrescere i propri consensi in vista del voto parlamentare il leader dei conservatori romeni (AUR) George Nicolae Simion ha già dichiarato l’impegno del proprio partito a favore di Călin Georgescu.

La campagna stampa internazionale di pubblico dileggio che da domenica descrive Georgescu come un pericoloso amico di Putin, populista di destra e rappresentante del nazioanlismo estremo, potrebbe ancora una volta danneggiare proprio la candidata liberale Elena Lasconi. Niente di sorprendente nei voti dei cittadini romeni, gli unici ad essere choccati sono coloro che vivono nel mondo delle favole e nel sistema politico del ‘900 e che a sei mesi dalle elezioni europee, non hanno ancora capito quanto i popoli europei siano stanchi di prediche ideologiche e imposizioni oppressive da Bruxelles e dai suoi replicanti.