Verso un nuovo patto del Nazareno
Silvio Berlusconi e Matteo Renzi recitano ancora il ruolo dei duellanti. Ma la loro debolezza politica li costringerà, prima o poi, a trovare un nuovo accordo. Si va quasi inevitabilmente verso un nuovo "Nazareno" in cui Berlusconi otterrà ancora influenza indiretta e Renzi potrà andare al voto in fretta.
Ieri in prima pagina sui due più importanti quotidiani italiani campeggiavano due interviste, una a Matteo Renzi l’altra a Silvio Berlusconi. I due recitavano da duellanti, lanciandosi messaggi bellicosi, ma la realpolitik li spingerà presto a collaborare. Entrambi sono in questo momento deboli e non è detto che riescano a controllare i rispettivi schieramenti. Renzi è alle prese con la battaglia dentro il Pd e con una sinistra ideologica che si sta radunando attorno a Pisapia, Boldrini e altri.
Berlusconi ha riproposto in prima linea Stefano Parisi proprio in proiezione di possibili larghe intese tra moderati e per emarginare la destra di Meloni e la Lega di Salvini.
Ma in che cosa consisterebbe questo nuovo Patto del Nazareno che aiuta sia Berlusconi che Renzi? Quest’ultimo vorrebbe andare al voto già a giugno, per impedire al governo Gentiloni di consolidarsi e di far dimenticare l’esecutivo precedente e per non logorarsi nella sfida contro la minoranza dem, che intende farlo cuocere a fuoco lento.
L’ex Cavaliere può mantenere il suo potere di condizionamento sulla politica solo con un sistema elettorale proporzionale. In tal caso potrebbe far pesare in Parlamento anche un risicato 10% di voti, considerando che l’attuale tripolarismo rende praticamente impossibile che uno dei contendenti superi da solo il 50%.
E’ vero che, in caso di scadenza naturale della legislatura (febbraio 2018), ci sarebbe più tempo per un eventuale pronunciamento della Corte di Strasburgo a proposito della possibile riabilitazione di Berlusconi. Crescerebbero, però, anche i rischi di ulteriore frammentazione del quadro politico, con scenari a quel punto non controllabili dall’asse Renzi-Berlusconi. Se Gentiloni si consolidasse, potrebbe anche accarezzare l’idea della premiership; nel 2017 ci sarà comunque il congresso Pd, destinato a ridisegnare la geografia delle correnti dem; inoltre, il vento populista potrebbe rafforzarsi e forze come la Lega e il Movimento Cinque Stelle, in un’ipotesi non remota di alleanza tra di loro, potrebbero anche ambire a vincere le politiche. Troppi rischi, quindi, per i due firmatari del Patto del Nazareno, che si accingono a firmarne un altro fondato proprio sullo scambio elezioni anticipate-sistema proporzionale.
A poco importa che a parole Renzi escluda le larghe intese dopo il voto. In caso di sostanziale testa a testa tra centrosinistra, centrodestra e Movimento Cinque Stelle alle prossime politiche, non resterebbe altro da fare che tentare di costituire un governo allargato, magari presieduto dallo stesso Renzi e con Berlusconi tra gli azionisti di riferimento.
Tutto è comunque appeso al verdetto della Corte Costituzionale che il 24 gennaio deciderà sull’Italicum. In caso di superamento del premio di maggioranza e del doppio turno, si creerebbe di fatto un sistema proporzionale ed appare difficile, ora come ora, che in Parlamento si crei un ampio consenso su altre regole di voto. Il Mattarellum non piace e il tempo per fare una nuova legge elettorale e ridisegnare i collegi appare davvero scarso.
Di fronte, quindi, al probabile gioco dei veti incrociati, non resterebbe altro da fare che tenersi il sistema che uscirà dalla sentenza della Consulta. Certamente si tratta di un passo indietro, considerato che l’idea del proporzionale è associata a quella della Prima Repubblica, quando anche i partitini con percentuali infinitesimali condizionavano la formazione dei governi. Ecco perché la prossima legislatura, in caso di frammentazione estrema del quadro politico, potrebbe perfino diventare una legislatura costituente, basata sulla riscrittura delle regole del gioco e sulla modifica di alcune parti della Costituzione. Da questo punto di vista, il saggio Mattarella dovrà riuscire a realizzare le sintesi migliori per impedire la disgregazione sociale e politica del Paese.