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ESPOSTO LGBT, PROCURA AL LAVORO

Verità su gay, metodo Tangentopoli per De Mari

Come accadeva per Mani Pulite la notizia dell'indagine della Procura su Silvana De Mari è uscita sul Corriere senza un avviso di garanzia. La scrittrice e medico che ha messo in guardia dalle malattie cui vanno incontro i gay dice di essere determinata. Così i Giuristi per la vita che la difendono: "Vogliono colpire lei per riaprire il dibattito sulla Scalfarotto". 

Famiglia 15_03_2017
Silvana De Mari

Per lei hanno scelto un metodo molto in voga a Tangentopoli e ormai affermatosi con successo per tutte le inchieste che contano: l’avviso di garanzia via Corriere. Ma non si tratta di un Dhl, bensì del più blasonato Corriere della Sera. La dottoressa Silvana De Mari, endoscopista e scrittrice di fantasy da un po’ nell’occhio del ciclone per le verità politically incorrect che osa dire sull’omoerotismo, risulterebbe indagata dalla Procura di Torino per alcune sue frasi pronunciate in interviste e ospitate radiofoniche sulle malattie cui vanno incontro gli omosessuali.

Per la verità l’indagine non è neanche partita. Come spiega il suo legale infatti “il Corriere si limita a dire che l’esposto presentato in Procura da una rete di attivisti Lgbt di Torino è stato assegnato al pool di magistrati specializzati nei reati previsti dalla legge Mancino. Un atto dovuto, ma che al quotidiano di Via Solferino è parso già come un marchio di infamia”.

Né la De Mari dunque, né il suo avvocato Gianfranco Amato dei Giuristi per la vita, hanno ricevuto un avviso di garanzia. Ne consegue che il capo della Procura Armando Spadaro non ha fatto altro che assegnare l’esposto. Non c’è dunque nessun capo di imputazione su cui indagare. I reati che vengono illustrati non sono nient’altro che quelli ipotizzati dall’avvocato del coordinamento Lgbt Nicolò Ferraris. Se verranno fatti propri anche dalla Procura è un altro paio di maniche. Quindi è sbagliato dire che la De Mari è indagata per odio razziale nei confronti dei gay, mentre è corretto semplicemente dire che la Procura ha creato un fascicolo assegnando l’esposto, che potrebbe anche chiudersi con un’archiviazione.

Tanto rumore per nulla? Non proprio, semmai un segnale inquietante di come la caccia all’untore, se negli anni di Mani Pulite era rivolta al politico lestofante, oggi viene indirizzata nei confronti delle persone dotate di ragione che denunciano la martellante campagna, molto spesso mistificatoria, della potente lobby gay. Con dati scientifici alla mano.

Quali sono le frasi finite nel mirino dei militanti Lgbt di Torino pride? Si tratta di espressioni prese da articoli scritti dalla De Mari sul quotidiano La Croce o dette nel corso dell’ormai celebre puntata de La Zanzara. Ad esempio: “Anatomicamente il rapporto tra due uomini ha gravi conseguenze ano rettali”. Dov’è il reato? Basta leggere la letteratura scientifica. Oppure: “Nelle pratiche di iniziazione al satanismo esiste il sesso anale”. Falso? Non proprio visto che è raccontato da chi queste iniziazioni le ha fatte. Oppure: “L’omosessualità è un disturbo che si può curare”. Decisamente scorretto politicamente, ma giusto sul versante psicologico come dimostra la storia scientifica di Joseph Nicolosi, morto proprio nei giorni scorsi.

Insomma: la De Mari non avrebbe commesso alcun reato di odio, però dà fastidio e in quanto medico è difficilmente attaccabile sul piano della clinica. Serve dunque una cura esemplare. Come lei stessa, al telefono con la Nuova BQ confessa: “Sembra proprio che vogliano usarmi per rilanciare la legge Scalfarotto – spiega la De Mari – ma se devo essere sincera non mi interessa granché, anche perché non ho ricevuto neppure l’avviso di garanzia”. Circa l’eventuale reato commesso, la De Mari si chiede da quando in qua “gli omosessuali sono diventati una razza: c’è forse un gene dell’omosessualità?”.

Chi è determinato a sostenere la De Mari nella sua battaglia di libertà è l’avvocato Amato, presidente dei Giuristi per la vita che si scaglia contro il sistema mediatico giudiziario che ha investito l’endoscopista piemontese: “Ha del patologico il fatto che un cittadino apprenda di essere indagato leggendo il Corriere della Sera, non è stata data nessuna comunicazione, non è stata fatta nessuna identificazione della Polizia giudiziaria - ha spiegato Amato -. In realtà la notizia non esiste: non c’è nessuna indagine semplicemente perché non è stato fatto altro che presentare un esposto e ora il magistrato dovrà valutare se indagare o archiviare”.

Amato ha inoltre denunciato una tecnica preoccupante: “Il segreto processuale è diventato il segreto di Pulcinella, la De Mari ha così appreso contemporaneamente a tutti gli altri italiani di essere nel mirino e la privacy è andata a farsi “benedire”, ma è chiaro che in tutta questa vicenda una responsabilità ce l’ha il Corriere che sembra essere un organo di regime e in questo momento sta facendo il gioco della dittatura del pensiero unico”. Poi l’affondo: quella nei confronti della De Mari è una chiara intimidazione nella logica maoista del “colpirne uno per educarne cento”, ma hanno sbagliato bersaglio perché non ci piegheremo”.

Amato però è consapevole che la partita non è soltanto giuridica. In virtù dell’esperienza accumulata sul campo negli anni in giro per l’Italia a denunciare l’ideologia gender sa che l’obiettivo di fondo della campagna non è tanto silenziare la De Mari, ma servirsene per scopi politici.

Nel luglio 2013 noi come Giuristi per la vita, la Nuova BQ, Tempi e Pro Vita denunciavamo la vergogna del Ddl Scalfarotto che attraverso una bestialità giuridica voleva imporre il reato di omofobia, ma proprio perché si tratta di un assurdo si è arenato nel binario morto della commissione Giustizia del Senato. Adesso vogliono così strumentalizzare il caso De Mari per dire che seve una legge. E’ un’azione pilota su cui poi la magistratura creativa potrebbe dare una spallata decisiva alla libertà di espressione”.

Amato ha infatti fatto notare che il caso De Mari deve essere esemplare per giustificare così la legge e ha ribadito che “noi legali che l’assistiamo saremo come gli ultimi pretoriani del diritto di libertà e la difenderemo fino alla morte”. La palla ora passa al pm che dovrà indagare per ravvisare eventuali reati, anche se, non essendo ad oggi normato il reato di omofobia, non si capisce su quali basi si strutturerebbe un’accusa che appare quanto meno temeraria. Anche se è pur vero che a livello mediatico si sta già procedendo per un reato che non esiste nell’ordinamento. E forse la legge Scalfarotto servirebbe proprio a questo: per dare compimento ad una caccia alle streghe che ha tutta l’aria di essere solo all’inizio.