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JIHAD

Varvara e le altre. Le volontarie dello Stato Islamico

Varvara Karaulova, studentessa di Mosca, si era trasferita in Turchia pronta per arruolarsi nelle file dell'Isis. La Russia è sotto shock, mai si sarebbe pensato che una ragazza colta e benestante, di famiglia cristiana, potesse scegliere di abbracciare la Jihad. Eppure non è un caso unico.

Esteri 13_06_2015
Varvara Karaulova (coperta) all'aeroporto di Istanbul

E’ tornata a Mosca la studentessa Varvara Karaulova. Era stata arrestata nel Sud della Turchia, lo scorso 4 giugno, sospettata di volersi arruolare nell’Isis, in Siria. L’opinione pubblica russa è sotto shock: si tratta di una ragazza 19enne, ottimi studi in corso, con una famiglia cristiana ortodossa alle spalle. Non una cecena, insomma, nemmeno un’immigrata dell’Asia centrale, ma una russa completamente priva di background islamico, adulta e colta.

Il reclutamento di Varvara Karaulova, ormai, è più che un’ipotesi. Lo confermerebbero sia il padre, che le autorità turche e russe che hanno avuto a che fare con il suo caso. La sua vicenda rischia di complicarsi, perché ora potrebbe essere condannata, in Russia, per tentata associazione a banda armata. Una vicenda simile, di questi mesi, è finita anche peggio. Fatima Dzhamalova, anche lei 19 anni, studentessa di pediatria e originaria del Daghestan, era partita per Istanbul il 18 maggio dall’aeroporto di Pulkovo per poi apparire in territorio siriano alcuni giorni dopo. A quanto riferito dal sito Internet, che cita i genitori della ragazza, Fatima si sarebbe pentita tardivamente della sua scelta, ma ora non c’è più alcuna possibilità di recuperarla. Una vicenda analoga era toccata a due ragazze austriache, di origine bosniaca. Partite alla volta dello Stato Islamico, hanno lanciato un appello per poter tornare a casa, ma le autorità austriache non hanno più alcuna possibilità di recuperarle.

Il primo contatto con la propaganda dell’Isis avviene via Internet. Il futuro volontario conosce poi il suo “maestro” in gruppi islamici, o nelle moschee radicali della sua città, o all’università, come potrebbe essere avvenuto nel caso di Varvara Karaulova. Come spiega l’esperto di terrorismo Mubin Shaikh (ex reclutatore dei Talebani) all’International Business Times, “Non appena ti possono contattare direttamente via Skype, ti chiamano. Vogliono vedere con i loro occhi come appari. Non puoi tenere segreti con loro. Se conosci qualcuno, molto probabilmente anche loro cercheranno di entrare in contatto con lui, indipendentemente da dove vivi. Ti chiedono da dove vieni e dove aviti, quali studiosi di islam conosci. E’ importante, per le future reclute, nominare le giuste moschee e scegliersi i giusti maestri”. Una volta che il processo di reclutamento è stato completato, che avvenga online o di persona, si discute su come raggiungere lo Stato Islamico. Una volta raggiunto il territorio controllato dall’Isis, spiega Shaikh, “I reclutatori ti promettono di venirti a prendere assieme ai tuoi connazionali”. Ed eccoti assieme ai tuoi ‘fratelli’, compatrioti e compagni combattenti.

Le reclute sono soprattutto maschi. Ma la campagna di reclutamento fra donne musulmane, anche appena convertite, è una delle principali attività dell’Isis online. In Russia, in particolar modo, è in corso una propaganda particolarmente aggressiva. Due donne di lingua russa, in uno degli appelli più recenti, si rivolgono alle “sorelle musulmane nelle terre degli infedeli”, chiedono loro di trasferirsi nello Stato Islamico, perché “nel paese in cui vivete adesso siete tenute in uno stato di umiliazione e vergogna”, dove le donne musulmane sono “oppresse dal governo” e “impossibilitate a praticare realmente la religione”. Il messaggio invita le donne musulmane russofone a partecipare a eventi storici importantissimi, nelle terre in cui stanno avvenendo. Le donne che scelgono di vivere nello Stato Islamico sono paragonate alle “grandi donne” che accompagnarono Maometto nell’Egira.

Varvara Karaulova, studiosa di arabo e della religione islamica, deve essere rimasta affascinata da questa promessa di partecipazione a eventi epocali. Senza alcun’altra ragione apparente, ha abbandonato gli studi e si è recata a Istanbul, all’insaputa di tutti, ha raggiunto la Turchia, l’autostrada della Jihad, verso la Siria. Pavel Karaulov, suo padre, non si era accorto di nulla. Intervistato da RT, la Tv russa in lingua inglese, dichiara di essersi accorto di qualcosa solo quando aveva notato la scomparsa della catenina con la croce, dal collo della figlia. “Mi aveva detto che si era rotta durante un allenamento sportivo”. All’insaputa del padre, mentre andava all’università, si cambiava d’abito e indossava lo hijab, il velo islamico. Solo una volta che la sua vicenda è diventata nota alla polizia e ai media, il padre ha appreso da amici e professori del comportamento della figlia. “Mi sembra incredibile – ha poi dichiarato – che quei professori, vedendo una ragazza russa in quei panni, non le abbiano neppure chiesto nulla, né lo abbiano detto a noi, suoi genitori. E sto parlando di una delle migliori università del paese, un tempio del sapere a cui affidiamo i nostri figli”. Questa vicenda è almeno servita ad aprire gli occhi su un problema finora sconosciuto. Organizzazioni di genitori e della società civile hanno inviato una richiesta al ministro dell’Istruzione russo, Dmitri Livanov, per creare un apposito servizio “per la prevenzione del sentimento radicale ed estremista” nelle scuole e nelle università.