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APPROPRIAZIONE INDEBITA

Unità d'Italia e schizofrenia della memoria

Nella Serbenico asburgica sorgeva
un monumento all'italiano Niccolò Tommaseo. La furia distruttrice dei partigiani comunisti slavi ne ebbero ragione il 25 maggio 1945.

Nicolò Tommaseo

Si è inaugurata nei giorni scorsi a Palazzo della Ragione a Padova la mostra «Scolpire gli eroi. 80 bozzetti dei protagonisti dell’Unità d’Italia», a cura di Cristina Beltrami e Giovanni Villa, promossa dalla Presidenza del Consiglio e dal Comune di Padova nell’ambito dei 150 anni dall’Unità.

Mostra suggestiva che evoca la particolare trasmissione della memoria storica (e storico-politica) attraverso la materialità dell’effigie. Mostra capace di suscitare interrogativi e riflessioni sulla schizofrenia della nostra memoria storica; in particolare tramite un bozzetto e un reperto. Il bozzetto è quello del marmo che ritrae Giuseppe Manno (1786-1868) scolpito da Pietro Canonica nel 1894 (l’originale è nei giardini pubblici di Alghero) che rinvia alla figura di questo intellettuale sardo, giurista e storico della Sardegna sabauda preunitaria, segretario privato di Carlo Felice, presidente del Senato subalpino, esponente di un legittimismo non ottuso, ma che al momento del dunque fu un oppositore di Cavour e della sua politica liberale (interna e internazionale, questione romana compresa).

Effigie singolare tra i protagonisti dell’Unità (non certo tra gli intellettuali del tempo). Non ne facciamo davvero una questione ideologica; piuttosto di confronto con l’altro termine di paragone: il reperto della mano marmorea recuperata dal monumento a Niccolò Tommaseo eretto nel 1896 nella Sebenico austriaca (!) da Ettore Ximenes. Monumento fatto saltare il 25 maggio 1945 dai partigiani comunisti slavi.

Tra le macerie, prima che venissero gettate in mare, qualcuno correndo grossi rischi, trafugò quella mano che, oggi in mostra, è conservata presso la Scuola Dalmata dei SS. Giorgio e Trifone di Venezia. Un monumento a Tommaseo (con tutto che era stato esponente della Repubblica di San Marco insorta nel 1848-49) consentito nell’Austria asburgica ma non nella Jugoslavia comunista: la memoria storica che trasmetteva, andava abrasa con l’unico sistema censorio possibile: la dinamite (non diversamente dalle cannonate dei talebani che nel marzo 2001 abbatterono le due grandi e antichissime statue di Budda nella valle afgana di Bamiyan). Bene, la schizofrenia della nostra memoria storica è esemplata in questo confronto che per giunta, e del tutto casualmente, occorre mentre a Bolzano si discute ormai in via pratica, non più teorica, di come oscurare l’altorilievo del Piffrader con un Mussolini a cavallo.

Il monumento al Tommaseo dello Ximenes rivisse, tra la disattenzione generale, nella serie filatelica dedicatagli dalle poste italiane nel 1974 in occasione del centenario della morte. In quel 1974, sappiamo oggi, era in corso una pericolosa tensione politica con la Jugoslavia comunista di Tito che non mancò allora di ostentare addirittura misure militari (invero utili a forzare la mano alle autorità italiane per farle addivenire al Trattato di Osimo). Una mostra dunque che serve anche a non dimenticare la censura e l’intolleranza, e per contro il ricordo (ove consapevole) di esponenti di culture politiche diverse da quelle fondative dell’Unità.

Tratto da Avvenire del 27 aprile