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FAMILY DAY

Unioni civili, un governo da mettere alle corde. E il 30 gennaio tutti a Roma

La questione della famiglia non è un problema confessionale che riguarda i cattolici. È il tema centrale per il bene comune. Davanti a un attacco mortale come quello del ddl Cirinnà non si può accettare la logica del compromesso.
- LE UNIONI CIVILI CI COSTERANNO ALMENO 22 MILIONI, di T. Scandroglio

Famiglia 15_01_2016
Senato

Aggiornamento: È finalmente arrivato l'annuncio ufficiale. Il "Comitato Difendiamo i nostri figli" convoca la nuova manifestazione nazionale «a difesa della famiglia e del diritto dei bambini ad avere una mamma e un papà» per il 30 gennaio a Roma. Raduno ore 10 per l'inizio della marcia.  «Il luogo e il percorso - dice il comunicato - verranno comunicati in un secondo momento, poiché sono in corso decisioni con le autorità comunali romane e con le forze dell'ordine».

Mentre l’inizio del dibattito in Senato sul ddl Cirinnà è stato spostato dal 26 al 28 gennaio e si attende da un momento all’altro l’annuncio ufficiale del nuovo Family Day per il 30 gennaio a Roma, a livello politico è scoppiata la bagarre, soprattutto nel PD. Una trentina di senatori del partito di maggioranza hanno infatti firmato un documento in cui si chiede lo stralcio della stepchild adoption (l’adozione del figliastro) dal disegno di legge e alcuni altri hanno preparato un emendamento che punta a sostituire l’adozione con un affido “rinforzato”. 


Una grana non da poco per il presidente del Consiglio Renzi, che da mesi dice che intende portare a casa questa legge così com’è pur sbandierando la concessione ai suoi parlamentari della libertà di coscienza. Peraltro ieri sera è scoppiata una ulteriore polemica perché il sito gay.it ha pubblicato le foto dei 31 senatori contrari alla Cirinnà chiedendo di scrivere loro come forma di pressione per farli recedere. Da tutto il PD – unito almeno in questo caso - sono partite dure accuse contro gay.it.

Ma oltre ai mal di pancia all’interno del PD il presidente del Consiglio deve fare i conti con un aumento di pressione nei confronti del leader del Nuovo Centro Destra Angiolino Alfano perché esca dal governo se il PD intende andare avanti con l’approvazione della Cirinnà. Non sarà facile convincere Alfano a fare questo estremo gesto, ma in queste condizioni il voto segreto diventa una grossa incognita per Renzi anche perché tra le fila dei grillini e di Sel – che pur voterebbero idealmente per la Cirinnà salvando il governo - non si escludono voti che preferiscano mettere in difficoltà Renzi piuttosto che approvare la legge sulle unioni civili.

Resta il fatto che tutta l’attenzione è centrata sul tema adozioni e se in queste due settimane si trovasse una formula accettabile di compromesso su questo capitolo, appare chiaro che le unioni civili passerebbero senza colpo ferire. Abbiamo già avuto modo di spiegare che quello delle adozioni – sebbene materia grave - può essere un argomento utile per battaglie parlamentari ma è un falso problema nell’applicazione della legge, perché anche fossero stralciate dal ddl, tempo pochi mesi ci penserebbe un giudice – italiano o europeo -  ad approvare le adozioni per coppie gay.

Dunque, come più volte detto, il vero problema sta nelle unioni civili, che vanno respinte senza se e senza ma. E sbaglia di grosso chi ne fa un problema confessionale, come se fosse una questione che riguarda solo i cattolici. Non c’è dubbio che i politici cattolici dovrebbero essere i più consapevoli dell’importanza della centralità della famiglia per la società, ma qualsiasi politico di buon senso dovrebbe giungere alla stessa conclusione. Se la questione fosse solo tra cattolici e non cattolici – come molti vorrebbero – diventa inevitabile abbassare le pretese per non apparire arroganti o desiderosi di egemonia, e per il bene di tutti cercare quindi un compromesso accettabile. Come sta purtroppo avvenendo. 

Il problema invece è il bene comune, ovvero ciò che permette alla società di esistere e sviluppare armoniosamente in quanto corrisponde alla natura stessa della società umana. È per questo che la famiglia è il primo bene che una società deve tutelare e promuovere. Non a caso la Dichiarazione fondamentale dei Diritti dell’uomo riconosce che la famiglia è la “cellula fondamentale” della società e la nostra Costituzione parla di “società naturale” che lo Stato deve riconoscere.

Quanto questo sia vero lo si può vedere dai guasti tremendi che la disgregazione della famiglia – iniziata con l’introduzione della contraccezione e poi del divorzio – comporta per la società. Aumento della conflittualità, maggiore propensione alle dipendenze, povertà, criminalità, calo demografico, crisi scolastica, perdita di competitività economica, aumento esponenziale della spesa sociale e via dicendo: tutti problemi con cui – guarda caso – dobbiamo confrontarci oggi (per approfondire questi aspetti cfr. R. Cascioli – L. Negri, Perché la Chiesa ha ragione, Lindau 2010). Per questo Giovanni Paolo II parlava della famiglia come di un prisma attraverso cui devono passare tutte le politiche. Avere a cuore la centralità e la stabilità della famiglia significa trovare la strada per risolvere i principali problemi della società. 

Fino a pochi decenni fa questa realtà era evidente ai legislatori e non solo in culture cristiane; è questa la ragione per cui gli Stati hanno sempre riconosciuto e tutelato soltanto la famiglia e non altri tipi di convivenze e unioni. Riconoscere giuridicamente qualsiasi altro tipo di unione costituisce un oggettivo indebolimento della famiglia, che anzi tende a scomparire, come dimostra inequivocabilmente l’esperienza dei paesi nord-europei che questa strada l’hanno imboccata ben prima di noi.

Se questo è vero si comprende perché debba essere il bene della famiglia il punto centrale attorno a cui far ruotare l’utilità o meno di far parte di un governo, e questo dovrebbe essere chiaro soprattutto ai politici cattolici. Di fronte alla proposta di una legge ingiusta e dannosa per il bene comune come è la Cirinnà, chi fa parte della coalizione di governo non dovrebbe avere alcun dubbio nel tirarsi fuori dalla maggioranza: restare al governo non significherebbe attenuare il male possibile o limitare le conseguenze di leggi dannose, bensì farsi complice di chi porta la società verso la rovina.

Per questo motivo è inconcepibile che invece di porre un giudizio chiaro, tanti parlamentari cattolici – e lasciamo stare i vescovi che li “consigliano” – siano impegnati nella ricerca estenuante di un compromesso. Si dice che in fondo la rappresentanza cattolica è ridotta al lumicino e quindi incapace di incidere effettivamente, ma questo è vero fino a un certo punto. A parte i politici di lungo corso che fanno comunque riferimento ai valori cristiani, c’è una pattuglia niente affatto irrilevante di parlamentari cattolici che sono espressione diretta del mondo di movimenti e associazioni. Pensiamo a Binetti e Calabrò (Opus Dei), Lucio Romano (ex presidente di Scienza e Vita come la Binetti), Gigli (attuale presidente del Movimento per la Vita), Sberna (ex presidente delle Famiglie numerose), Lupi, Vignali, Toccafondi, Formigoni, Bianconi, Chiavaroli, Alli, Mauro (Cl), Giro e Marazziti (Comunità Sant’Egidio), Bobba e Olivero (Acli), Preziosi (Azione Cattolica), Pagano (Alleanza cattolica), Patriarca (Agesci). E l’elenco è sicuramente incompleto.

Molti di questi oggi sono nella maggioranza, qualcuno è impegnato a fondo nella direzione giusta ma è uniti che avrebbero la possibilità di condizionare le scelte e spingere ad esempio il Nuovo Centro Destra a uscire dal governo davanti all’ostinazione di Renzi nell’andare avanti con il ddl Cirinnà. E non solo per il nodo adozioni, come detto sono le unioni civili da respingere. Qualsiasi altra posizione è un inaccettabile compromesso.

 - CI COSTERANNO ALMENO 22 MILIONI, di T. Scandroglio