Una nuova Dottrina sociale? No, è proprio la solita
Uno dei temi su cui molti aspettano al varco Papa Francesco è la Dottrina sociale della Chiesa. Ad essa però il ponteficie si è ampiamente riferito già nei primi discorsi, come quando ha invitato a custodire Cristo, l'uomo e il Creato.
Uno dei temi su cui molti staranno aspettando al varco Papa Francesco è presumibilmente la Dottrina sociale della Chiesa. Egli viene dall’America Latina, ha vissuto a contatto con la teologia della liberazione, è gesuita e sono stati tanti i gesuiti che hanno vissuto sbandate teologico-politiche nel continente sudamericano, parla insistentemente di “Chiesa povera e per i poveri”, alla riunione dell’episcopato americano di Aparecida, nel 2007, aveva fatto un intervento ritenuto “ratzingeriano”… insomma motivi per valutare il suo orientamento circa la Dottrina sociale della Chiesa ce ne sono tanti.
A pensarci bene, però, Papa Francesco già ci ha dato un piccolo saggio del suo pensiero in proposito, già ha parlato dell’ABC della Dottrina sociale della Chiesa, pur senza usare questa espressione. Una certa valutazione si può già fare. Questo ABC della Dottrina sociale della Chiesa il Santo Padre ce l’ha dato nell’omelia per l’inizio del pontificato, il 19 marzo 2013, quando ha parlato di “custodire il creato” e ha detto: «Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato!».
Ha poi aggiunto: «La vocazione del custodire, però, non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo. È il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. È l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, poi come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. È il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto è affidato alla custodia dell’uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti. Siate custodi dei doni di Dio!».
Non si tratta di concetti nuovi. Giovanni Paolo II aveva dato fondamentali insegnamenti sull’”ecologia umana”, come si può vedere per esempio nella Centesimus annus n. 38. Benedetto XVI, poi, aveva sviluppato ulteriormente la riflessione alla luce della fede e allargato l’orizzonte degli insegnamenti pontifici. Vorrei almeno ricordare il Discorso alla curia romana per la presentazione degli auguri natalizi del 22 dicembre 2008, ma i riferimenti sarebbero infiniti. La Caritas in veritate affronta ampiamente il tema, soprattutto nel capitolo IV: “Sviluppo dei popoli, diritti e doveri, ambiente” e in particolare nei paragrafi 48 e 51.
Nel suo discorso di inizio pontificato Papa Francesco riprende, in sintesi, questi insegnamenti dei pontefici precedenti, ponendosi sulla stessa lunghezza d’onda. Un primo elemento di piena continuità con il magistero precedente è che prendersi cura del creato non vuol dire solo prendersi cura dell’ambiente naturale o fisico, ma prima di tutto e soprattutto dell’uomo. I riferimenti sono espliciti: «È il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili», significa aver cura della famiglia. Un secondo elemento è che la custodia del creato riguarda non solo gli atteggiamenti individuali ma anche la costruzione comunitaria della polis: «vorrei chiedere, per favore, a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito economico, politico o sociale …: siano custodi della creazione». Un terzo elemento è che la natura è più propriamente detta “il creato” e senza considerarla tale, ossia dono di Dio, - «Siate custodi dei doni di Dio!» - si finisce per non rispettarla. Un ultimo elemento è che tutto si gioca nel cuore dell’uomo e solo dopo nelle strutture. Inutile voler custodire il creato se prima non custodiamo noi stessi, nella pienezza spirituale di questo termine. La custodia del creato «chiede bontà».
Come era già successo per gli insegnamenti dei pontefici precedenti, anche Papa Francesco parla di custodia del creato in modo molto diverso da come ne parlano i giornali o i movimenti ecologisti, o le Ong attive a livello internazionale. Anche nella custodia del creato, in fondo, la Chiesa deve «confessare Cristo», senza di cui essa assomiglierebbe ad una Ong, come il Santo Padre disse alla messa con i Cardinali nella Cappella Sistina il 14 marzo 2013. Ed infatti egli non dice solo di costruire il creato, ma precisa: «Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato!».
In questi brevi cenni del Santo Padre sulla custodia del creato è contenuto, come dicevo, l’ABC della Dottrina sociale della Chiesa. La rivelazione cristiana contiene un messaggio di salvezza in quanto proclama che Cristo è il Salvatore. Però contiene anche un messaggio per la costruzione della convivenza sociale vista nel progetto di Dio creatore.
Custodire il creato vuol dire anche costruire una società secondo il progetto di Dio, ossia mettere in atto la Dottrina sociale della Chiesa. L’aggancio tra fede e ragione, tra grazia e natura è dato proprio dalla creazione (oltre che, poi, dalla caduta originale), senza della quale la religione cristiana non avrebbe titolo ad un ruolo pubblico. La Dottrina sociale della Chiesa cerca di ri-costruire la natura secondo il piano di Dio.
Questa “centralità di Dio”, su cui Benedetto XVI ci aveva insegnato tanto, verticalizza la custodia del creato e lo stesso utilizzo della Dottrina sociale della Chiesa. Nell’omelia di Papa Francesco del 19 marzo questo è molto evidente, quando dice che «Dio non desidera una casa costruita dall’uomo, ma desidera la fedeltà alla sua Parola, al suo disegno».