Una firma per bloccare la tassa che finanzia l’aborto
L’Organizzazione delle Nazioni Unite sta cercando d’imporre al mondo una odiosa tassa globale per finanziare l’aborto in barba alle nostre e il Catholic Family and Human Rights Institute (C- Fam) in collaborazione con LifeNews.com, lancia una petizione online per fermarla. Intervista a Austin Ruse, fondatore del C-Fam.
L’Organizzazione delle Nazioni Unite sta cercando d’imporre al mondo una odiosa tassa globale per finanziare l’aborto in barba alle nostre libertà (clicca qui) e il Catholic Family and Human Rights Institute, più noto come C-Fam, in collaborazione con LifeNews.com, lancia una petizione online (clicca qui) per fermarla.
La tassa è nell’aria dal 2011, fa parte degli Obiettivi di sviluppo sostenibile calendarizzati dal Palazzo di Vetro per il periodo 2015-2030 ma definiti da C-Fam «da anni il documento globale più importante e forse più pericoloso», e sarà in discussione al World Humanitarian Summit in programma a Istanbul in maggio con l’intento di sottrarre il finanziamento dell’aborto mondiale alla volontà democratica dei cittadini dei Paesi membri delle Nazioni Unite e di rendere insindacabile il modo in cui viene spesa una parte ingente del denaro pubblico.
L’Onu vive infatti solo dei contributi volontari dei Paesi membri e questo è ciò che la burocrazia delle Nazioni Unite odia di più. Con una bella tassa indipendente dalle cancellerie del mondo il problema verrebbe risolto. Una tassa su cosa? Sulle transazioni finanziarie mediante imposte e accise a carico del consumatore; sui cambi di valute a spese dei cittadini ogni volta che si viaggia in Paesi battenti moneta diversa; e sui biglietti aerei pagati di tasca propria dalla gente normale. Ciò cui si sta pensando è insomma una Onu dotata di vita propria e in grado di fare quel che vuole senza più dover rendere conto ad alcuno.
Ma come ci si può concretamente riuscire? «Si dovrà anzitutto trovare un accordo tra Stati», dice a La Nuova Bussola Quotidiana, fondatore e direttore di C-Fam. «Potrebbe per esempio avvenire su base regionale, e in Europa ci si è già arrivati vicino una volta. Il fatto più allarmante è però che negli ultimi anni la proposta è già stata avanzata tre volte nel corso di altrettante discussioni importanti. Sta decisamente diventando una priorità».
Possibile che nessuno Stato reagisca, magari semplicemente sulla base del principio di sovranità nazionale?
«La mia speranza è esattamente quella; contiamo proprio su questo: una reazione decisa di un numero sufficiente di Paesi. Vi si potrebbe poi aggiungere la protesta dei Paesi preoccupati dall’effetto che un tassa simile avrebbe sulle economie loro e del mondo intero».
E come può una semplice raccolta di firme boicottare un’iniziativa tanto potente?
«Una petizione firmata da un numero congruo di persone sarebbe l’espressione di una volontà popolare capace poi d’incidere concretamente su chi prende le decisioni nei gabinetti di governo. Lo scopo della nostra petizione è del resto quello di aumentare il livello della consapevolezza così che la gente comune possa essere adeguatamente informata di quello che sta accadendo per fare pressione sui parlamenti e sulle amministrazioni delle proprie nazioni. Occorre che firmino tutti, adesso».