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EUGENETICA

Un microchip genetico per la caccia al feto Down

Presentato un nuovo sistema per scovare malattie genetiche nelle diagnosi prenatali, una nuova tappa nella corsa alla selezione della razza. 

Attualità 08_04_2011
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Continua la ricerca accanita e perpetua del feto Down: attraverso un microchip genetico è ora possibile ’scovare’ 150 patologie genetiche o difetti di sviluppo come ritardi mentali, molto più di quanto possa ’vedere’ l’amniocentesi classica oggi in uso. La novità si chiama ’Amniochip’ ed è stata messa a punto dall’azienda Genetadi Biotech che l’ha presentata al XXVI Congresso Nazionale di Genetica Umana tenutosi a Murcia in Spagna. Clinicamente non cambia nulla, e la donna si sottopone a una normalissima amniocentesi; poi però, in laboratorio, il materiale prelevato dal liquido amniotico viene analizzato con un sistema più sensibile che moltiplica la risoluzione dell’esame di 100 volte.

Molto raffinato; ma cosa dire dal punto di vista della difesa della vita? E’ giusto andare a conoscere il DNA del figlio prima che nasca se non serve a curarlo e se il rischio che muoia è di 10 ogni 1000 amniocentesi?

Leggiamo cosa dice l’istruzione Donum Vitae. La diagnosi prenatale genetica “è gravemente in contrasto con la legge morale quando contempla l’eventualità, in dipendenza dai risultati, di provocare un aborto (…); la donna che richiedesse la diagnosi con l'intenzione determinata di procedere all'aborto nel caso che l'esito confermi l'esistenza di una malformazione o anomalia, commetterebbe un'azione gravemente illecita. (…) Così pure sarebbe responsabile di illecita collaborazione lo specialista che nel condurre la diagnosi e nel comunicarne l'esito contribuisse volutamente a stabilire o favorire il collegamento tra diagnosi prenatale e aborto”. (Donum Vitae Parte I).

Inoltre, sempre nella Donum Vitae leggiamo: ”Tale diagnosi è lecita se i metodi impiegati, con il consenso dei genitori adeguatamente informati, salvaguardano la vita e l'integrità dell'embrione e di sua madre, non facendo loro correre rischi sproporzionati” (ibidem). Vi sembra che il rischio di morte di 10 feti su 1000 sia sproporzionato o proporzionato?

Ma quello che più ci inquieta è l’accanita ricerca di sistemi di diagnosi prenatale, senza che vediamo altrettanto accanimento di terapie prenatali. Non è un bel mondo se sei concepito con un’anomalia genetica: nessuno – quasi- pensa a curarti e tanti ti scrutano per eliminarti; e se nasci, ti guarderanno come un errore dei genitori.

Il 5 aprile il senato francese ha rigettato l’emendamento proposto da alcuni senatori, tra cui Jean Leonetti, che mirava a far uscire la diagnosi prenatale genetica dalla routine, e renderla disponibile solo su indicazione medica, per evitare proprio una corsa verso l’eugenetica. Il dr Patrick Leblanc, capo del comitato “Per La Salvezza della Medicina Prenatale” ha così commentato la bocciatura: “Il senato rischia di innestare la diagnosi prenatale negli spiriti”.

In Italia di fatto è già così: tra esami per la ricerca della plica nucale, dell’osso nasale, triplo e quadri test, amniocentesi e villo centesi, quante donne italiane non hanno fatto diagnosi genetica prenatale, che diventa nei fatti routine, innestata nella mentalità, sentita come un obbligo?