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EDITORIALE

Un grande segno, non ci trovi distratti

L'enciclica "a quattro mani", il decreto di canonizzazione per Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, sono la testimonianza della profonda comunione nella fede che accomuna i pontefici e che ci porta al cuore della crisi del mondo moderno e al dramma che si svolge nel cuore di ogni uomo.

Editoriali 06_07_2013
Lumen Fidei

Se i segni hanno un significato, quello che è accaduto ieri dice enormemente più della Chiesa e di papa Francesco che non tutte le cose (croce di metallo, scarpe nere e amenità varie) che dall’inizio di questo pontificato hanno tenuto banco sulle prime pagine dei giornali.

Non solo l’enciclica “Lumen Fidei” presentata ieri è stata iniziata e scritta in gran parte da Benedetto XVI e completata da papa Francesco, a dire la comunione profonda e la continuità del Pontificato; ma questa comunione è su ciò che di più importante la Chiesa è chiamata a custodire e trasmettere: “la fede in quel Dio che ci rivela Gesù Cristo”. E’ questo quello che davvero conta.

E allora non è un caso che ieri, contestualmente alla pubblicazione dell’enciclica, siano stati anche firmati i decreti di canonizzazione di due altri papi, giganti della fede, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, che saranno proclamati santi entro il 2013, forse l’8 dicembre. Quattro papi, quattro nazionalità diverse, quattro culture e sensibilità diverse, quattro modi diversi di rapportarsi con i fedeli e con i confratelli nell’episcopato, ma tutti profondamente uniti nel testimoniarci la fede come il tesoro più prezioso per noi e per tutti gli uomini. Non per niente nell’enciclica si sottolinea che “la fede è un’esperienza di comunione” e proprio questo ci testimonia la profonda unità di questi quattro papi.

Uniti anche nell’individuare nella fede e nella trasmissione della fede la vera sfida della nostra epoca. Giovanni XXIII convocò il Concilio, Giovanni Paolo II parlò di nuova evangelizzazione e andò in tutto il mondo per invitare ogni uomo a spalancare le porte a Cristo, Benedetto XVI ha indetto l’Anno della fede in cui stiamo vivendo, papa Francesco proprio dalla Fede ha voluto iniziare con le encicliche. La fede per tutti è il cuore del problema dell’uomo moderno, anche nella Chiesa. Spesso si discute come declinarla nei vari ambiti, come tradurla in piani pastorali, come viverla in politica, ma dandola per scontata. E invece questi papi ci hanno detto e ci dicono che la fede non può essere data per scontata e anche la crisi che vive la Chiesa è soprattutto crisi di fede.

Lo stesso vale per tutto il mondo, a cominciare dall’Occidente secolarizzato e in profonda crisi economica e sociale. La crisi economica – ha più volte detto con chiarezza Benedetto XVI – è anzitutto una crisi morale, e la crisi morale è crisi di fede. Quando non si crede davvero in Dio, morto e risorto per la nostra Salvezza, si cammina nelle tenebre, si è ciechi. La fede è luce, ma non una luce che dissolve tutte le tenebre – si dice con una bellissima immagine nell’enciclica – “ma la lampada che guida i nostri passi nella notte, e ciò è quanto basta per il cammino”.

L’enciclica, lo spettacolo della comunione tra i Pontefici, ci ridestano a questa verità, ci portano dritti al cuore della crisi del nostro mondo, arrivano dritti al dramma che vive nel cuore di ognuno di noi, bisognoso di essere salvato, ci fanno rinascere il desiderio di conversione.

Quanto è accaduto ieri non può essere ridotto alla curiosità di un’enciclica “a quattro mani” o agli aspetti folcloristici dei due nuovi papi santi. E’ un segno grande che non ci deve trovare distratti.