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CRISTIANI

Un genocidio come quello nazista. Ma nessuno si oppone

Il mondo è rimasto in silenzio mentre un milione e mezzo di cristiani in Iraq è stato cacciato, «uno per uno», un «genocidio di cristiani» da parte degli islamisti che vogliono «sradicare il cristianesimo dal mondo». Lo afferma il giornalista americano Johnny Moore nel suo libro “Defying Isis”. Una minaccia come quella del nazismo, «ma senza una singola reazione di coscienza che resista al male». 

Libertà religiosa 23_05_2015
Guerriglieri islamisti

L’Isis in Siria e Iraq certo, ma anche Boko Haran in Nigeria o in Kenia dove i militanti islamici di al-Shabaab hanno massacrato due mesi fa 148 studenti universitari cristiani. Oppure in Pakistan, in Libia, Cina, dove vengono abbattute le croci o nel Nord Corea, dove le persecuzioni comuniste non sono meno crudeli di quelle islamiste. Perseguitati, esiliati, uccisi, decapitati per il solo fatto di essere cristiani. Quella che papa Francesco ha più volte ricordato come la “più grande persecuzione” della storia del cristianesimo, superiore a quella dei primi secoli, oggi continua senza interruzioni, nonostante le denuncia e le drammatiche testimonianze che arrivano da quei luoghi. 

Lo Stato islamico, dalla Siria all’Iraq, è la principale minaccia all’esistenza del cristianesimo. A quasi un anno dalle prime notizie da Mosul, quando le loro case vennero marchiate con la “N” di nazareni, gli orrori, le stragi, le deportazioni si sono moltiplicate. Ma tutto era già pianificato: l’obiettivo dell’Is è sempre stato la pulizia etnica dei seguaci di Cristo. É la tesi che viene rilanciata da un libro del giornalista americano Johnny Moore: Defying Isis (recensito qualche giorno fa dal Foglio) dove in copertina c’è una croce formata da una sciabola rosso sangue. La prova? I cristiani decimati nella chiesa di Nostra Signora della Salvezza di Baghdad: «non vennero massacrati dallo Stato islamico nel 2013», scrive Moore, «neppure nel 2014, ma nel 2010, quando l’Occidente tutto non si accorse dell’ascesa di questo mostro». Quello che è in corso, avverte il giornalista, è un «genocidio di cristiani», perché lo scopo dell’islamismo è «sradicare il cristianesimo dal mondo». Non è una tesi “politica”, sono le cifre dirlo: ogni anno 100mila cristiani vengono assassinati a causa della loro fede, sono 273 al giorno, undici all’ora. E in questo sterminio, sono i fedeli delle Chiese mediorientali a pagare il prezzo più alto. Rivela Moore: «in molte città ci si è “presi cura” di ogni singolo cristiano, sfollato, ucciso o forzatamente convertito, e proprio come i nazisti dipingevano la stella di David sulle case degli ebrei, i jihadisti hanno dipinto la ‘N’ cristiana sulle case delle comunità autoctone per identificarli prima di distruggerli». 

Da Aleppo, in Siria, arriva anche l’avvertimento del vescovo caldeo Antoine Audo: «Siamo ogni giorno sotto le bombe. Aleppo sarà senza cristiani entro un mese». Alle stesse bandiere nere dell’islam e allo stesso genocidio appartiene ciò che succede anche Nigeria, dove il Califfato terrorizza attraverso Boko Haram. Più di cinquemila cattolici sono stati uccisi da questi sanguinari jihadisti nella sola diocesi di Maiduguri, nel nord del Paese a partire dal 2009. Nel complesso sono oltre 13 mila le vittime dei terroristi islamici. Ce lo ricorda un rapporto dell’associazione “Aiuto alla chiesa che soffre”: 100mila cattolici sono stati cacciati dalle loro case e 350 chiese sono state distrutte. Dei quaranta centri parrocchiali di questa sola diocesi, più della metà sono stati abbandonati dai fedeli, altri sono stati occupati dagli islamisti. Basterà, dunque, una sera di preghiera a spezzare questa invincibile catena di orrori e persecuzioni? La Chiesa la propone, perché la domanda al Signore resta la forma più adeguata e radicale per vincere l’odio e arrivare alla pace: alla fine tutto è consegnato nelle mani di Chi solo ha il potere di cambiare davvero le cose. Ma soprattutto, perché non si prega per loro, ma per noi, per domandare a questi martiri la forza e coraggio di imitarli. 

Non si può certo accusare la Chiesa di spiritualismo, incolparla di aver taciuto e non denunciato le responsabilità di questo moderno sterminio. Lo ha fatto in diverse occasioni il Papa, lo hanno fatto i vescovi e le comunità cristiane sottoposte al martirio. Finora con scarsi risultati, perché tanti e intricati sono gli interessi che sostengono e coprono il nuovo olocausto mondiale. Contro i cristiani, ma non solo: contro ogni uomo e i suoi sacri diritti alla libertà e alla fede. È ancora Moore a ricordarlo: la minaccia dell’Isis per l’Occidente «è come quella del nazismo, ma senza una singola reazione di coscienza che resista al male. Il mondo è rimasto in silenzio mentre un milione e mezzo di cristiani in Iraq è stato cacciato, uno per uno». Siamo davanti «al mistero per cui così tanti cristiani in Occidente fanno fatica a vivere per quello per cui molti cristiani sono disposti a morire». Come quei 21 cristiani copti, lavoratori immigrati in Libia vestiti di arancione che, prima di venire decapitati dal boia del Califfo, invocavano in arabo il nome di Gesù e scandivano preghiere. Alcuni di loro avevano tatuato al polso fin dal loro battesimo un unico tatuaggio, la croce di Cristo, affinché, come qualcuno ha scritto, «se anche le parole non avessero potuto esprimere la loro fede, questa era testimoniata dalla loro carne». Con la loro morte hanno manifestato a tutti il senso che avevano dato alle loro vite. Per questo, anche una sola ora di preghiera può fare molto: a noi che vorremmo essere come loro.