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VITA

Un figlio, ecco il regalo di nozze per Romina

«Parlerò con mio marito Gianluca ma sono sicura che vedendo la mia serenità, anche lui sarà d’accordo di dare a nostro figlio la possibilità di nascere. Un regalo di nozze!». Eppure Romina, già mamma di due bambini, era venuta al Centro perché seriamente intenzionata a interrompere la gravidanza.

Editoriali 23_08_2014
Un figlio, il più bel regalo

Che strana stagione, quest’estate milanese 2014! Il brutto tempo sembra essere diventato una costante ma ciò non rallenta la frequentazione del Centro di Aiuto alla Vita! Questa mattina, per esempio, nel corridoio che porta all’ascensore della scala B dove è dislocata la nostra sede, mi sento chiamare dalla mia amica  Alessandra: «Ti sto mandando una donna che è seriamente intenzionata a interrompere la gravidanza e che è venuta per prenotarsi. Si tratta di un grave problema economico e, sicuramente, anche di progetti andati in frantumi». «Dille che l’aspetto! Grazie».Fuori è proprio una brutta giornata.  Piove e tutto diventa disagevole. La nostra stanza dei colloqui è, però, sempre accogliente, con un leggero profumo e un clima rilassante.

Accendo il computer sperando di poter scrivere anche oggi un progetto di aiuto, sistemo i cuscini del divano dove di solito le persone si siedono e avvio una musica di sottofondo. Quasi subito un bussare alla porta. «Avanti».  Dico cercando di usare un tono leggero ma rassicurante. Così conosco Romina, giovane donna di ventidue anni e giovane sposa da venti giorni. «Cosa posso offrirle?  Un caffè?». «Grazie, non desidero niente.  Sento solo un gran bisogno di parlare». «La prego, sono qui per ascoltarla».

Ascoltare le persone è il nostro desiderio e ci piacerebbe farlo nel migliore dei modi.  In questa società attuale dove tutti hanno voglia di parlare ci deve necessariamente essere qualcuno che ascolti. Faticosamente le parole iniziano a concatenarsi: «Mi chiamo Romina e ho appena compiuto ventidue anni… Ho una relazione stabile con Gianluca, mio marito da venti giorni, sono con lui da cinque anni e siamo contenti. In questo tempo ci sono nati due figli.  Andrea ha due anni e mezzo e Matteo soltanto uno. Gianluca lavora solo per metà giornata e, io, contavo di riprendere a lavorare in autunno dopo aver inserito i bambini alla scuola materna e all’asilo-nido. Sa di questi tempi se non si lavora entrambi, tutto diventa difficile a cominciare dall’affitto di casa che attualmente non stiamo pagando».

Ci guardiamo condividendo la fatica del vivere che è comune a tante persone che incontriamo. Dopo un sospirone, Romina riprende la sua narrazione: «Questa gravidanza non ci voleva! Mi sento come se tutto il mondo mi fosse crollato addosso. Ho deciso di abortire». Come sempre mille domande mi premono per tentare di essere prese  in considerazione. Il nostro metodo di colloquio, però, tende a non aprire la strada all’intervista.  Prendiamo ciò che le persone ci portano e riserviamo le domande al momento in cui ci si configura nel cuore e nella mente un possibile progetto di aiuto. In questo momento vorrei tanto chiederle perché è venuta da noi, ma me ne guardo bene.

Romina intuisce il mio punto interrogativo e fornisce una spiegazione: «Ho tutti i documenti pronti per l’interruzione e sono venuta a prenotarmi. La dottoressa con cui ho parlato e che mi ha dedicato del tempo, mi ha indirizzato da voi. Non riesco a immaginarmi il perché ma sono sicura che volesse aiutarmi a riflettere».Ringraziando dentro di me Alessandra, commento con Romina la legge 194 che prevede una parte di aiuti ordinari e straordinari per offrire la possibilità di scegliere. 

È certo che se non si offrono alla donna altre possibilità, la scelta della donna non è tale. Rimane, davanti a lei, una strada a senso unico ed è quella di rinunciare alla vita del proprio bambino. «Romina, potremmo prendere in esame possibilità diverse. Rinunciare alla vita di un figlio è una cosa definitiva che lascia nella donna un grande buco nero che, a volte, travolge». Dopo un momento che giudico molto importante, Romina riprende il suo racconto: «Sento di volerle dire un’altra cosa. Mia madre, qualche anno fa, si è ritrovata gravida e aveva fatto i miei stessi pensieri. É venuta al vostro centro e l’avete aiutata. Il mio fratellino è nato e lei, ora, è una mamma felice. Quando ha saputo della mia intenzione mi ha chiesto di venire qui».

Questo passaggio non me lo aspettavo. In questi trent’anni della nostra attività, circa 17.000 bambini sono nati anche per il nostro aiuto e sono contenta che tra questi ci sia proprio il fratellino di Romina. «Non siamo ricchi», riprendo rinfrancata, «ma la nostra presenza in Mangiagalli vuole avere davvero l’obiettivo di dare una mano alle donne coraggiose che ci interpellano per un cammino comune. Potremmo fare un progetto che preveda un assegno mensile fino all’anno del bambino, colloqui individuali o di gruppo per sostenere le madri, la fornitura di tutto ciò che risulti indispensabile alla donna e al suo bambino. E' andato bene per tante donne, può andare bene anche per lei?». «Perché non si sanno queste notizie? Si leggono i giornali, si accende la televisione, si ascolta la radio e si sentono solo cose brutte. E, queste che aiutano le persone a stare meglio? Perché nessuno ne parla?». Non so cosa rispondere a Romina.Mi limito a chiederle come si sente adesso. «Mi sento come liberata da un incubo. Parlerò con Gianluca ma sono sicura che vedendo la mia serenità, anche lui sarà d’accordo di dare a nostro figlio la possibilità di nascere. Un regalo di nozze!». Mi prende il solito magone. «Abbiamo, dunque, tante cose da portare avanti insieme…». Mi alzo per salutarla e mi ritrovo le sue braccia strette attorno al collo.