Un bacio contro Putin?
Baciarsi sulla bocca, anche fra due persone dello stesso sesso, è un gesto tipicamente russo. Però, se si baciano due atlete ai mondiali di Mosca, nell'era delle leggi contro la "propaganda omosessuale" volute da Putin, i media lo trasformano in un gesto pro-gay.
C’era una volta l’Urss e, nel lontano 1979, Leonid Brezhnev e l’alleato tedesco orientale Erich Honecker si baciarono sulla bocca. La foto di quell’esotico gesto di amicizia divenne celeberrima e fu riprodotta in uno dei più famosi graffiti sul Muro di Berlino, tuttora conservato nella capitale della Germania riunificata. Nessuno ha mai pensato che fossero gay.
Per celebrare la loro vittoria ai mondiali di Mosca, le staffettiste russe Tatiana Firova e Ksenija Rizhova, si sono, anche loro, baciate sulla bocca. La foto di quell’esotico gesto di amicizia è diventato celeberrimo. Ma alla foto sono subito seguiti fiumi di commenti sui media occidentali: “È un gesto di protesta contro le leggi di Putin contro la propaganda gay”. Le due ragazze non si sono pronunciate. Ieri, però, è arrivata la smentita della loro portavoce, Alla Glushenko: «era solo un’espressione di gioia».
E c’è da crederci. Per capirlo basta vedere “Il compagno Don Camillo” di Luigi Comencini (tratto da Giovanni Guareschi, anno 1965), quando la delegazione di Brescello viene accolta nel paese gemellato in Unione Sovietica con baci sulle guance e sulla bocca. Ai perplessi e/o inorriditi brescellesi viene spiegato che là si usa festeggiare così.
Ma allora perché perdere tempo sul “gesto di protesta gay” che non c’è? Perché solo due giorni prima, Tatiana Isinbaijeva (zarina del salto con l’asta) aveva dichiarato alla stampa la sua approvazione per le leggi di Putin e aveva invitato a rispettarle. Lo ha detto perché gli atleti delle altre squadre, soprattutto quella statunitense, stanno montando una protesta sempre più visibile contro le leggi di Putin sulla “propaganda omosessuale”. Tatiana ha comunque precisato che la sua è una presa di posizione su quella legge (e sul rispetto delle leggi russe da parte degli atleti ospiti), non contro gli omosessuali: «vorrei che fosse chiaro che io rispetto le opinioni degli altri atleti – ha dichiarato la Isinbaijeva - e voglio dire in termini decisi che sono contraria a qualsiasi discriminazione nei confronti delle persone omosessuali sulla base della loro sessualità». La legge in questione, infatti, non discrimina gli omosessuali, in quanto tali. Censura una parte dell’informazione (quella pro-gay) rivolta ad una parte di pubblico (i minori). È semmai un problema di censura, non di sessismo. E di arbitrarietà: quella norma si presta a libere interpretazioni da parte delle autorità russe, che potrebbero vietare qualunque tipo di informazione, rivolte a qualsivoglia pubblico. Quel che non è vero, è che Mosca condanni i gay.
Un bel polverone per nulla, insomma. Che spiega tante cose sul caos dell’informazione politically correct. In difesa dei diritti gay sono partite massicce campagne stampa contro l’Ungheria (un Paese democratico), l’Uganda, l’Iran, la Russia, in misura minore anche contro il Kazakhstan e l’Azerbaigian. In difesa di tutti gli altri diritti calpestati sistematicamente a Cuba, tanto per fare un esempio, si parla decisamente meno. E Cuba non è un esempio scelto a caso: negli anni ’60, proprio gli anni ruggenti della rivoluzione di Che Guevara e del giovane Fidel Castro, gli omosessuali cubani erano internati nei campi di concentramento. E adesso che Cuba non li perseguita più, i gay pride si chiudono con “feste cubane”.
La confusione regna sovrana sotto il cielo anche della stessa informazione sulla Russia. Oggi, quello di Mosca, è noto solo come regime “anti-gay”. Ci sono ben altri problemi, da quelle parti: gli oppositori politici subiscono processi arbitrari da parte di una magistratura che ha ancora mentalità e metodi sovietici. Le Ong, laiche e religiose che siano, sono considerate alla stregua di “agenti stranieri”. La storiografia russa è ormai diretta dallo Stato, che sta imponendo, dall’alto, un’interpretazione del passato favorevole a Stalin e all’Unione Sovietica (e su questo, i libri di testo italiani, forse, sono persino più realisti del re). Una legge russa vieta le adozioni negli Stati Uniti. Eppure abbiamo visto atleti protestare per la liberazione di Mikheil Khodorkovskij? O per la libertà di insegnamento della storia? O per la libertà di adozione? O per la libertà delle Ong? Lady Gaga e Madonna, in prima linea per i diritti gay in Russia, sanno almeno dell’esistenza di questi problemi? Ne hanno mai parlato nei comizi che improvvisano nei loro concerti? Per ora no.
Quella che interessa è solo la questione omofobia, che sta diventando una vera e propria ossessione, negli Usa di Barack Obama, così come nell’Europa occidentale socialdemocratica.