Tutti pensano al voto anticipato (ma è la cosa meno sicura)
Di elezioni anticipate i rossogialli continueranno a parlare, ad auspicarle, minacciarle o scongiurarle, ma i fatti sono più testardi, e per capire quello che succederà realmente ci vuole ancora un bel pò di tempo. Anche perché il nodo della riduzione dei parlamentari è impellente.
Improvvisamente da alcuni giorni, nella maggioranza rossogialla si è incominciato a parlare di elezioni anticipate, vuoi per minacciarle (Zingaretti e settori dei 5Stelle) vuoi per esorcizzarle (Renzi in una lunghissima intervista sul Corriere della Sera di ieri, e altri). Quale è la situazione vera?
La minaccia di elezioni anticipate rivela anzitutto lo stato di tensione e lo sfilacciamento crescente dei rapporti in una alleanza che non ha mai saputo trovare un comune sguardo sul futuro, nè una prospettiva condivisa da proporre agli elettori. E l’emergere di problemi nuovi ed enormi come la crisi dell’ILVA, su cui il governo continua a brancolare nell’incertezza, o l’incancrenirsi di problemi vecchi come la crisi di Alitalia (siamo ormai certi dell’ennesimo finanziamento pubblico da 300 milioni) suggeriscono ai partiti più grandi di calcolare se sia preferibile sfidare oggi le urne sapendo di uscirne sconfitti ma cercando di limitare le perdite, o trascinarsi per anni verso il mitico ‘23 che garantisce l’elezione del Presidente della Repubblica, ma rischia di azzerare i consensi.
Non è un caso che il discorso sulla possibilità di elezioni anticipate è uscito con più forza dalla bocca del segretario del PD Zingaretti. I quadri dirigenti del Nazareno sono stufi di fare la parte dei responsabili nel governo, quelli che cercano soluzioni condivise e un linguaggio unitario rinunciando alle proprie ragioni di parte, mentre gli altri di maggioranza inseguono i propri obiettivi di bandiera e se ne fregano di avvalorare l’immagine di un governo diviso per bande.
Addirittura al Senato circola la voce di un accordo già stipulato tra Zingaretti e Giorgetti, a nome della Lega, per andare alle urne dopo le elezioni in Emilia Romagna, che sono fissate per il 26 gennaio. È vero che un accordo Salvini-Zingaretti per andare al voto ci fu già ad agosto, ma allora fallì perchè Zingaretti non controllava i gruppi PD che si ribellarono alla fine anticipata della loro legislatura. Oggi invece, dopo la scissione di Renzi, Zingaretti e i suoi hanno in mano il partito, e i sondaggi non sono affatto negativi, tanto che tutti o quasi i parlamentari potrebbero essere rieletti.
Anche nel Movimento 5 Stelle c’è chi non vedrebbe di cattivo occhio le urne con l’obiettivo di risolvere il problema della leadership, facendo fuori Di Maio, e di sognare un nuovo inizio all’opposizione dopo la disastrosa prova nei due governi di questa legislatura e l’inevitabile bagno di sangue elettorale.
Si oppongono a questa prospettiva i partiti più piccoli, in primis Italia viva che non riesce a decollare nei sondaggi e rimane bloccata a meno del 5%. Per Renzi, le elezioni a primavera segnerebbero la fine dei sogni di gloria, da qui l’accorato appello (un vero grido di dolore) su un’intera pagina del Corriere di ieri perchè l’alleanza non dimentichi che occorre arrivare al ‘23 per non consegnare a Salvini anche il Presidente della Repubblica.
E così si appalesa l’ennesima giravolta dell’ex premier fiorentino, che è passato da punzecchiatore e provocarore quotidiano nei confronti di Conte a suo massimo sostenitore, che gli fornisce idee e piani per governare “tutto il tempo a Conte finchè Italia viva riuscirà a decollare”.
Considerato tutto questo, bisogna comunque tener presente almeno altri tre fatti. Anzitutto Mattarella non concederà comunque le elezioni finchè la manovra non sia approvata anche dalle autorità europee, che già hanno preannunciato osservazioni.
In secondo luogo bisognerà dare soluzione al complicato intreccio costituzionale provocato dall’approvazione della legge che cancella 345 parlamentari. Le firme per chiedere il referendum confermativo sono pronte. Appena saranno presentate, dovrà essere fissato il giorno della consultazione popolare entro 70 giorni, e poi ci vorranno due mesi per disegnare i nuovi collegi, e solo dopo potranno essere fissate le elezioni entro 70 giorni. Se si facesse così c’è il rischio concreto di scavallare l’estate. Oppure prevarrà la tesi di lasciare al suo destino la riduzione dei parlamentari, unico vero successo dei 5Stelle visto il fallimento del reddito di cittadinanza, e si andrà a votare per il numero tradizionale dei parlamentari? Già (terzo fatto), ma con quale legge, quella vecchia tanto amata dalla Destra? o con una nuova su cui non c’è ancora nessun accordo?
In conclusione, di elezioni anticipate i rossogialli continueranno a parlare, ad auspicarle minacciarle o scongiurarle, ma i fatti sono più testardi, e per capire quello che succederà realmente ci vuole ancora un bel pò di tempo.