Tsipras rivince, per la Grecia sono nuovi guai
Sembrava dovesse essere la sua Caporetto, e invece Alexis Tsipras ha finito per pareggiare. Non col centrodestra di Nea Demokratia, che i sondaggi davano a pari con Syriza e gli ultimi exit poll di ieri pomeriggio addirittura in vantaggio di tre punti, bensì col proprio risultato dello scorso gennaio: a metà dello scrutinio era a circa il 35,5%, poco sotto il 36,34% delle scorse elezioni.
Sembrava dovesse essere la sua Caporetto, ed invece Alexis Tsipras ha finito per pareggiare. Non col centrodestra di Nea Demokratia, che i sondaggi davano a pari con Syriza e gli ultimi exit poll di ieri pomeriggio addirittura in vantaggio di tre punti, bensì col proprio risultato dello scorso gennaio: poco prima di mezzanotte, all'80% degli scrutini era a circa il 35,5%, poco sotto il 36,34% delle scorse elezioni.
Il partito di centrodestra, invece, si è fermato attorno al 28%, un paio di magri decimi in più rispetto a sei mesi fa. Al terzo posto è arrivata ancora, senza sorprese, Alba Dorata passata dal 6,3% al 7% (altro che boom) seguita dai socialisti Pasok che pareva definitivamente morto ed è riuscito invece a salire di un paio di punti. Ci sono poi comunisti duri e puri (Kke) col 5,5%, i “grillini” pro euro di To Potami (4%), i nazionalisti di Anel (3,7%) e un inconsistente partito di centro, Enosi Kentroon, col 3,4%. Sotto il 3% e quindi fuori dal parlamento Unità Popolare, i “civatiani” di Syriza capitanati dall’ex ministro dell’Energia Panagiotis Lafazanis (clicca qui) e un’altra miriade di partitini che non vale neppure la pena menzionare.
A conti fatti il risultato delle elezioni di ieri non ha cambiato di una virgola quello di gennaio: non solo non solo perché tutti i partiti hanno confermato il risultato delle elezioni precedenti, ma anche perché, ancora una volta, si formerà un governo del tutto identico a quello uscente. A scrutini ancora più che parziali l’ex ministro della Difesa, nonché leader di Anel, Panos Kammenos si è infatti affrettato a dichiarare che il suo partito si alleerà di nuovo con Syriza per governare. Secondo le proiezioni, nel nuovo parlamento Syriza avrà infatti 145 seggi che, sommati ai 10 di Anel, faranno 155: sette in meno dei 162 su cui Tsipras poteva contare all’inizio del proprio governo. Dimettendosi (clicca qui) Alexis non ha sbagliato i calcoli, ma ha fatto piuttosto un azzardo calcolato.
C’erano, del resto, diversi segnali che gli potevano far sperare nella riconferma. 1) Il fatto che, già in occasione del referendum, i sondaggi non siano stati molto teneri con lui (davano “sì” e “no” quasi alla pari, poi il secondo ha vinto con oltre il 60% (clicca qui); 2) la sua posizione obiettivamente più moderata (“non è più lo Tsipras di qualche mese fa”, hanno commentato in molti) che gli ha fatto perdere voti “a sinistra” (finiti nel nulla dello sbarramento), ma guadagnarne altri “a destra”, grazie a elettori moderati che, invece di gettare la loro fiche sul partito che nella crisi ha forse più responsabilità di tutti (ricordiamo che è stato sotto Costas Karamanlis che il debito cresceva mentre il deficit a doppia cifra veniva nascosto), hanno preferito puntare su Tsipras; 3) il fatto di essere ancora il politico più giovane e “nuovo” di tutti.
Peccato che la sua mossa riuscita non renderà la Grecia meno ingovernabile di qualche mese fa. Oltre al fatto che una maggioranza di 155 deputati è davvero esigua (basta qualche assente per far andare sotto il governo), il patto con Anel – che stando a fonti interne di Syriza permetterà di formare un governo in tre giorni – è infatti tutt’altro che solido. I due partiti non condividono alcuna piattaforma elettorale e non sono certo sullo stesso piano da un punto di vista ideale: Anel non è solo fortemente nazionalista e patriottico, ma giunge, nel suo populismo, a punte di xenofobia e antisemitismo (“gli ebrei in Grecia godono di un trattamento fiscale preferenziale” aveva detto qualche anno fa Kammenos). Ed è proprio lui, con le sue uscite poco accorte, un punto dolente della credibilità internazionale del governo di Syriza. Giusto per fare un esempio, a marzo Kammenos ha imbarazzato non poco Tsipras minacciando si “sommergere l’Europa di migranti mischiati a jihadisti”, distribuendo a tutti documenti validi per circolare liberamente nell’area Schengen.
Di fatto Syriza e Anel condividono solo l’opposizione all’austerity, tratto che si è peraltro affievolito molto dopo che a metà luglio Tsipras ha allentato la sua politica d’opposizione alla troika, accettando il memorandum d’intesa (clicca qui). Infine non è detto neppure che i nuovi deputati di Syriza siano agnellini: se molti ribelli si ritroveranno nei salotti extraparlamentari di Unità Popolare, è altrettanto vero che non tutte le “teste calde” hanno fatto il grande salto. Insomma a conti fatti è possibile che la vittoria dimezzata di Tsipras faccia ripiombare di nuovo, a breve, il Paese nell’ingovernabilità. Un vero peccato in un momento in cui, più di ogni altro, la Grecia avrebbe bisogno di stabilità.