Triv o no triv? Il M5S scarica sul Pd e ci nega un futuro
Come per il Tap e per la Tav, il Movimento 5 Stelle sta facendo marcia indietro anche sulle "Triv": l'esplorazione, ai fini dello sfruttamento, di nuovi giacimenti nel Mar Ionio. Sia la base elettorale che la Regione Puglia insorgono. Il Movimento dà la colpa al Pd (che ha autorizzato l'esplorazione) e però promette un futuro senza innovazioni.
L’antico vizio dei politici italiani di prendersi i meriti delle cose positive fatte già dopo pochi giorni di governo e di addossare sui predecessori le colpe delle cose negative fatte dopo mesi o anni di gestione del potere trova un amaro riscontro anche nell’era giallo-verde, in particolare per quanto riguarda una delle due forze di governo, quella che il 4 marzo ha preso più voti di tutte.
Ci riferiamo al caso dei Cinque Stelle, che una dopo l’altra si stanno rimangiando tutte le promesse fatte in campagna elettorale e rischiano di rinunciare ai punti più qualificanti e originali del loro programma di governo. Su Tav, Tap e Ilva le giravolte grilline stanno imbarazzando sempre più una parte dei vertici e, soprattutto, la base, che appare sempre più inferocita, proprio sulle piattaforme digitali e sui social, tanto cari ai Cinque Stelle. Ma non è finita qui. Nelle ultime ore è scoppiata l’ennesima grana per Luigi Di Maio e soci: quella sulle trivellazioni. Anche su questo punto l’ambientalismo spinto dei pentastellati, ostentato in campagna elettorale come uno dei fiori all’occhiello della presunta purezza grillina, ha lasciato il posto alla più bieca e cinica realpolitik, scatenando le ire di elettori e simpatizzanti, ormai sempre più disillusi e pronti a disertare le urne già alle prossime elezioni europee.
Dopo la pubblicazione sul BUIG (il bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle georisorse), lo scorso 31 dicembre 2018, dell’autorizzazione per tre nuovi permessi di ricerca petrolifera a favore della società americana Global MED LLC, con sede legale in Colorado (Usa), è scoppiato un caso sul via libera alle trivellazioni per la ricerca del petrolio nel mar Ionio. Luigi Di Maio, Ministro dello sviluppo economico (Mise), ha spiegato: «Oggi mi si accusa di aver autorizzato trivelle nel mar Ionio. È una bugia. Queste ricerche di idrocarburi (che non sono trivellazioni) erano state autorizzate dal Governo precedente e in particolare dal Ministero dell'ambiente del Ministro Galletti che aveva dato una Valutazione di Impatto Ambientale favorevole. A dicembre, un funzionario del mio ministero ha semplicemente sancito quello che aveva deciso il vecchio Governo. Non poteva fare altrimenti, perché altrimenti avrebbe commesso un reato». Michele Emiliano, governatore della Puglia, ha annunciato: «Impugneremo le nuove autorizzazioni rilasciate dal Mise a cercare idrocarburi nel Mar Ionio. Ci siamo sempre battuti in difesa del nostro mare, e continueremo a farlo». E ha aggiunto sempre più critico nei confronti del governo Lega-M5s: «La battaglia contro le trivellazioni nei mari pugliesi continua: Luigi Di Maio e Sergio Costa come Matteo Renzi e Carlo Calenda. Con la differenza che almeno questi ultimi due erano dichiaratamente a favore delle trivellazioni, mentre Di Maio e Costa hanno tradito ancora una volta quanto dichiarato in campagna elettorale». Il leader dei verdi Angelo Bonelli ha spiegato che la ricerca autorizza l’uso dell'air gun, le bombe d’aria e sonore, che provocano danni ai fondali e alla fauna ittica. «È il regalo di Luigi Di Maio alla Puglia e alla Basilicata dopo Ilva e le autorizzazioni alla Shell rilasciate dal Ministero dell'ambiente», ha attaccato Bonelli.
Di Maio ha aggiunto: «Ho letto che il Governatore della Puglia intende impugnare queste autorizzazioni. Sono contento, non chiedo altro, spero che un giudice blocchi quello che da qui non potevamo bloccare senza commettere un reato a carico del dirigente che doveva apporre la firma. Ma non sarà 'un ricorso contro Di Maio', bensì sarà un ricorso di un governatore del Pd contro una autorizzazione rilasciata dal Pd». Sergio Costa, Ministro dell'ambiente, dice di essere al lavoro assieme al Mise per inserire nel dl Semplificazioni una norma per lo stop a 40 permessi pendenti. «Da quando sono Ministro - ha detto - non ho mai firmato autorizzazioni a trivellare il nostro Paese e i nostri mari e mai lo farò. Non sono diventato Ministro dell'Ambiente per riportare l’Italia al Medioevo economico e ambientale. Anche se arrivasse un parere positivo della Commissione Via, non sarebbe automaticamente una autorizzazione. I permessi rilasciati in questi giorni dal Mise sono purtroppo il compimento amministrativo obbligato di un sì dato dal ministero dell'Ambiente del precedente governo». Il Mise ha a sua volta assicurato che è stato già avviato l’iter di rigetto - per fermare i 7 permessi di ricerca del petrolio in Adriatico e nel Canale di Sicilia.
La vicenda suggerisce, oltre alla riflessione inevitabile sull’andazzo dello scaricabarile sui governi precedenti, che evidentemente è la prassi anche per i Cinque Stelle, un interrogativo sul merito delle questioni. Tutti questi no di una forza di governo, peraltro maggioritaria (almeno stando ai dati del 4 marzo, anche se i sondaggi da mesi parlano di sorpasso della Lega sui Cinque Stelle), sono così funzionali all’interesse del Paese? Forse, pur nella delusione per le continue piroette grilline, che denotano incoerenza e approssimazione, ci sarebbe da essere contenti del ripensamento dei vertici pentastellati.
Altrove nel mondo si costruiscono ponti, si fanno gallerie, si cercano nuove fonti energetiche, nuovi giacimenti, si cerca di contemperare la tutela dell’ambiente con le esigenze di autonomia nazionale, perché dipendere troppo dalle importazioni di energia non è mai una cosa bella per la sovranità di uno Stato. Non si può azzerare ogni iniziativa di sviluppo e di crescita soltanto per paura che le multinazionali gestiscano le grandi partite riguardanti settori strategici per il futuro di una nazione. Se l’alternativa è rinunciare a quel futuro e candidarsi a un avvenire mediocre, beh, meglio pensarci seriamente.