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GUERRA DEI DAZI

Tregua Usa-Cina: il libero commercio non è morto

Nel fine settimana e ieri sono state stipulate due prime importanti tregue nella guerra commerciale fra Usa e Cina. Dazi sospesi da entrambe le parti per 200 miliardi di scambi e un accordo sul colosso cinese Zte, finora sotto sanzioni. E si riducono le tariffe cinesi sulle auto di importazione. La guerra commerciale non era un'apocalisse.

Economia 23_05_2018
Usa-Cina

Nel fine settimana e ieri sono state stipulate due prime importanti tregue nella guerra commerciale fra Usa e Cina. Ieri è stato raggiunto un accordo su Zte, il gigante cinese delle telecomunicazioni su cui Washington aveva imposto le sue sanzioni. Ora le sanzioni saranno rimosse, ma solo in cambio di concessioni commerciali importanti da parte di Pechino. Precursore di questo armistizio era stato un altro scambio di favori, avvenuto lo scorso fine settimana: via i dazi per 150 miliardi di importazioni cinesi in Usa, contro maggiori importazioni in Cina di prodotti agricoli americani.

Chi ha vinto in questa fase della guerra commerciale? Presto dirlo. Trump ha finora buoni e seri motivi di festeggiare questi primi risultati con uno dei suoi soliti tweet: “La Cina ha accettato di comprare grandi quantità di prodotti agricoli IN PIU’ (maiuscolo suo, ndr), una delle notizie migliori da qui a molti anni per i nostri agricoltori”. L’accordo prevede che la Cina sospenda i dazi su prodotti americani per un valore totale di 50 miliardi. Dal canto suo, gli Usa sospendono i dazi su merci cinesi per un totale di 150 miliardi. Fatte le debite proporzioni su potere d’acquisto e valore di mercato delle merci in questione, l’amministrazione Trump ha giudicato equo questo scambio.

Il secondo armistizio riguarda soprattutto il colosso cinese Zte. E’ il secondo produttore di tecnologia delle telecomunicazioni in Cina e il quarto venditore di telefoni cellulari negli Usa, è un gruppo all’avanguardia nello sviluppo della nuova generazione delle reti cellulari, la 5G (oggi navighiamo ancora, in gran parte, con la 4G). Ma ha violato le sanzioni Usa su Iran e Corea del Nord. Per rappresaglia, il Tesoro statunitense aveva imposto il divieto di fornire materie e tecnologie a Zte. La compagnia cinese, fortemente dipendente da fornitori americani, quali la Qualcomm, poteva addirittura finire fuori mercato. Washington ha avuto allora buon gioco a ottenere uno scambio vantaggioso. Ieri il segretario al Tesoro, Steven Mnuchin ha annunciato che il divieto di forniture è stato sospeso e che non vi è mai stata alcuna intenzione di rovinare l’azienda cinese. Fonti del Wall Street Journal riferiscono che, in cambio della sospensione delle sanzioni, Zte possa pagare una multa salata ed epurare la sua classe dirigente. Le concessioni cinesi, però, non si fermano qui.

Ieri, infatti, è stato annunciato da Pechino un altro provvedimento importante: i dazi sulle importazioni di automobili saranno ridotti di 10 punti, dal 25 al 15%, a partire dal prossimo 1 luglio. Inoltre, anche i dazi sulle componenti di automobili, che attualmente vanno dall’8 al 25%, saranno ridotti al 6%. Il Ministero delle Finanze di Pechino, nel commentare queste misure, dichiara che si tratti di una “misura importante per aprire ulteriormente” il mercato cinese al mondo. A causa del protezionismo della Repubblica Popolare, la maggior parte della manifattura delle auto si è trasferita in Cina, formando joint ventures con aziende locali. Ma in ogni caso, i cinesi, l’ultimo anno hanno importato 1 milione e 200mila auto dall’estero. A trarre vantaggio dalla riduzione delle tariffe, annunciata ieri, saranno sicuramente le case automobilistiche americane, come la Ford e la Tesla. Ma anche i maggiori esportatori europei, fra cui la Fca. Non a caso, ieri mattina alla Borsa di Francoforte il titolo Volkswagen guadagnava l’1,5%, Bmw saliva dell’1,6% e Daimler dell’1%, mentre a Piazza Affari le azioni Fca erano arrivate a far segnare un rialzo dell’1,7%.

Come procederà questa guerra commerciale? Secondo le fonti del Wall Street Journal, il segretario al Tesoro Mnuchin e il direttore del Consiglio Economico Nazionale Lawrence Kudlow vogliono puntare a un accordo che permetta di aumentare le esportazioni americane in Cina. Mentre Robert Lighthizer, attuale Rappresentante per il Commercio, vorrebbe chiedere alla Cina riforme più profonde, cambiare le regole con cui Pechino tratta le aziende straniere. Sarebbe favorevole anche a ricorrere a nuove sanzioni commerciali nel caso in cui la Cina vizi il mercato. Sappiamo meno quali siano state le reazioni nella Repubblica Popolare e quali potrebbero essere le sue prossime mosse. Però almeno una parte della classe dirigente cinese, stando a quel che esprime, considera la riduzione dei dazi come un’opportunità, per completare le riforme di mercato di cui il paese ha bisogno.

Sbagliavano, tuttavia, coloro che vedevano questa guerra commerciale fra Usa e Cina come uno scontro destinato a distruggere il libero commercio (con tutte le conseguenze che si possono immaginare: nel secolo scorso è stata soprattutto questa la premessa di entrambe le guerre mondiali). In realtà, sia l’amministrazione Trump che il regime di Pechino si sono mostrati molto più pragmatici. Hanno imposto e poi rimosso misure protezionistiche per ottenere obiettivi a breve termine. Nessuna apocalisse, dunque: nessuno dei due rinuncia al commercio in sé.