GERMANIA
Tra crisi economica e nostalgia del Marco
Con la frenata dell'economia tedesca, si alza la voce di quanti vedono nella moneta unica la causa principale della situazione attuale.
Attualità
18_08_2011
La ripresa economica in Germania ha subito dunque nel secondo trimestre una decisa battuta d’arresto. Sebbene i segnali di un “raffreddamento” si stessero manifestando da mesi, la robusta crescita d’inizio anno è stata per il paese una buona base su cui fondare un certo ottimismo. Il deficit dello stato s’è abbassato, il numero dei disoccupati è di un terzo inferiore a quello della maggior parte dei paesi dell’euro e degli USA. Fino ad ora gli imprenditori hanno riferito in prevalenza di affari molto buoni, i libri degli ordini sono pieni, tuttavia tutto questo, neanche troppo alla lunga, potrebbe rivelarsi ingannevole. Non mancano certo quelli, i più pessimisti, che sottolineano la labilità e la vulnerabilità dell’economia mondiale, i cui effetti sono la crisi improvvisa dei mercati finanziari, il grande nervosismo: fin troppo facile, per loro, ricordare quanto avvenuto nell’autunno 2008, quando fu solo l’intervento degli stati a salvare le banche e l’economia reale, grazie all’adozione di enormi pacchetti congiunturali.
Negli ultimi mesi, in Germania, non sono mancate neppure le voci duramente critiche rispetto alle scelte della Merkel e del suo governo relative alle misure da adottare per salvare l’euro. Voci autorevoli, come quella di Hans-Olaf Henkel, l’ex presidente dell’associazione degli industriali tedeschi, il quale da tempo si va dicendo pentito di aver sostenuto a suo tempo l’introduzione della moneta unica europea: “Ho riconosciuto ed ammesso che il mio sostegno all’euro è stato un grosso errore”, ha scritto di recente su Die Welt, “ora noto che risulta essere politicamente più corretto ripetere un errore già commesso piuttosto che riconoscerlo e, se possibile, correggerlo”.
Nei suoi confronti l’opinione pubblica tedesca dominante è molto dura, tanto da fargli aggiungere: “In nessun'altra democrazia vengono così perseguitate le posizioni divergenti dal dominante politicamente corretto come in Germania. Recentemente l’abbiamo sperimentato con il caso Sarrazin e con l’energia atomica. Ora si sta diffondendo un regime di terrore intorno al tema euro”.
A proposito delle scelte fatte dalla Merkel in materia di politica monetaria, Henkel non usa mezzi termini, fino a definire “estremamente irresponsabile” la frase della cancelliera secondo la quale “l’euro è il nostro destino” e ricorda come la moneta unica minacci di provocare il contrario di ciò che avrebbe dovuto favorire: invece di unire gli europei, li sta dividendo. In realtà l’ex presidente degli industriali, definito anche dall’opposizione politica tedesca uno “sciovinista del marco” (così l’ex comunista Jürgen Trittin, ora ai vertici dei Grünen), non è solo a sollevare dubbi sui piani di salvataggio dell’euro.
Hans-Werner Sinn, l’economista docente dell’università di Monaco e direttore dell’Istituto di Ricerca Economica, ha denunciato di recente i rischi di garanzia fino ad ora sconosciuti che sono sorti per il contribuente tedesco tramite i 314 miliardi di euro del denaro della Banca Centrale attinto aggiuntivamente. Ma davanti alla denuncia di Sinn, lamenta ancora Henkel, “la politica ha reagito come le famose tre scimmie: non sento, non vedo, non parlo!”.
Quello messo in rilievo da Henckel riguardo la mancanza di un vero dibattito politico intorno all’euro è condiviso da diversi altri esperti. In effetti la stessa cancelliera, da sempre pronta a seguire il vento del consenso, sembra molto più propensa a dare consigli alla Grecia su come privatizzare, al Portogallo su come risparmiare, al Belgio su come pagare gli stipendi, che a cercare di capire che cosa stia davvero succedendo nel proprio paese. La stessa proposta formulata insieme a Sarkozy di una governance europea comune sembra andare in questa direzione. Henkel e gli altri critici sollecitano piuttosto la messa in discussione di assunti come “l’euro assicura la pace”, “il ritiro dell’euro metterebbe in pericolo l’Europa”, “l’euro assicura mercati aperti” (su quest’ultimo tabù non sarà inutile ricordare come per gli esportatori tedeschi la Polonia risulta essere un paese “aperto” altrettanto quanto la Spagna).
Ad ogni modo si ha l'impressione che il rallentamento della crescita dell’economia tedesca, unito alle incertezze circa il reperimento del denaro necessario a finanziare il radicale cambiamento della politica energetica e alle ormai prossime elezioni per il cancellierato (2013), finiranno per travolgere la diga a difesa dell'euro facendo emergere un vero dibattito sulla moneta europea.