Torino, Nosiglia contro la "dittatura gender"
Torino, da sempre capitale delle tendenze anti-cristiane, oggi è all'avanguardia nella promozione dell'ideologia di genere. Contro questa nuova sfida scende in campo l'arcivescovo Cesare Nosiglia, con una nota dove denuncia la nuova "vera dittatura".
Torino, si sa, è una città laboratorio, o – come disse il beato Giovanni Paolo II (1920-2005) il 13 aprile 1980, in un memorabile discorso durante la sua visita al capoluogo piemontese – un «crogiuolo rovente», dove «lo strato profondo e splendido del cristianesimo» è attaccato dall’eredità ancora presente di un marxismo qui profondamente radicato e da «altre, ben note, correnti di una potente eloquenza ed efficacia negativa: […] tutta l’eredità razionalistica, illuministica, scientista del cosiddetto “liberalismo” laicista delle nazioni dell’occidente, che ha portato con sé la negazione radicale del cristianesimo».
Oggi questa «negazione radicale del cristianesimo» si manifesta soprattutto nell’ideologia del gender, e anche qui Torino è a suo modo all’avanguardia. Non contento di diffondere i materiali nazionali dell’UNAR, il Servizio LGBT del Comune di Torino fa circolare nei licei le sue schede sull’omofobia, pesantemente anticattoliche, che la settimana scorsa il sindaco Piero Fassino aveva fatto rimuovere dal sito della Città dopo le critiche del comitato Sì alla Famiglia cui aveva fatto eco anche il nostro giornale, generando la rivolta del suo assessore alle Pari Opportunità Ilda Curti, che le ha rimesse su Internet, sia pure attenuando i più violenti tra gli attacchi alla Chiesa. Sabato scorso, poi, una delle più grandi manifestazioni nazionali delle Sentinelle in piedi nella centrale Piazza Carignano aveva visto la partecipazione – accanto a politici di centro-destra – del presidente del Consiglio Comunale Giovanni Maria Ferraris, esponente del piccolo partito dei Moderati che in Comune fa maggioranza insieme al PD. «Processato» dai colleghi consiglieri di maggioranza, lunedì Ferraris ha dovuto fare una marcia indietro alla Barilla, dichiarando che si trovava in Piazza Carignano con le Sentinelle più o meno per caso.
In questo clima, il 3 aprile è sceso in campo l’Arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, con una Nota dove denuncia la «vera dittatura» del gender, citando anzitutto l’intervento del 24 marzo del cardinale Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani, in apertura del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana. «La lettura ideologica del “genere” – scrive Nosiglia – è una vera dittatura che vuole appiattire le diversità, omologare tutto fino a trattare l'identità di uomo e donna come pure astrazioni». L’Arcivescovo di Torino cita i manuali dell’UNAR e rivela che «il confronto all'interno del Consiglio Permanente [della Conferenza Episcopale] ha messo in risalto la preoccupazione dei vescovi per forzature che rischiano di colpire pesantemente la famiglia, di associare in maniera indebita religione e omofobia, di presentare come pacifico l'assunto circa l'indifferenza della diversità sessuale dei genitori per la crescita del figlio e di spingere verso il matrimonio tra soggetti dello stesso sesso».
Così delineato il quadro nazionale, Nosiglia passa alla questione delle schede del Servizio LGBT del Comune di Torino, che attaccano la Chiesa, la Bibbia e le associazioni cattoliche che sono scese in campo contro l’ideologia di genere. «Stiamo assistendo – afferma la Nota – a una discriminazione “al contrario”. Il modo in cui le citazioni della Bibbia sono presentate, orienta infatti a giudicare negativamente – e dunque a condannare – proprio chi segue tali insegnamenti, che vengono sottoposti a un’interpretazione strumentale e ideologicamente unilaterale, distorti nello spirito come nella sostanza».
È vero che, dopo le proteste, nelle schede le affermazioni apodittiche contro la Chiesa e la Sacra Scrittura sono state sostituite da domande. Ma le domande sono capziose, contengono già una risposta esplicita ostile alla Chiesa e ispirata all’ideologia di genere, e le modifiche non sono sufficienti. «La strumentale e ideologica interpretazione – afferma l’Arcivescovo – che le domande di alcune schede, preparate dall’assessorato alle Pari opportunità del Comune di Torino e proposte come serie e motivate in una scuola che della cultura deve fare il suo primo obiettivo di qualità e scientificità, sono segno d’ignoranza e risultano improponibili non solo nella prospettiva dei credenti ma ancor più in quella della laicità che è tenuta a rispettare la libertà religiosa dei cittadini».
L’attacco alla libertà religiosa, spiega la Nota, è particolarmente grave quando in nome dell’ideologia di genere si offende e si deride la Bibbia. «Va ricordato che la Bibbia rappresenta per tutte le Chiese e confessioni cristiane un testo sacro che contiene la rivelazione di Dio stesso per il bene dell’umanità. Il rispetto dovuto a questi credenti che rappresentano una parte rilevante dei cittadini di Torino esige che nell’affrontare i testi sacri sia dell’Antico come del Nuovo Testamento si presti molta attenzione alla loro corretta interpretazione come migliaia e migliaia di studiosi di tutti i tempi ci hanno offerto nelle loro opere».
L’Arcivescovo sa che in Comune i fautori dell’ideologia di genere hanno la maggioranza. Se qualcuno all’interno del centro-sinistra si oppone, scatta – il caso Ferraris lo dimostra – l’ormai inflessibile metodo Barilla. Spetta allora agli insegnanti di religione e ai genitori reagire, scuola per scuola. «Di fronte a tale strumentalizzazione del testo sacro, qualora le schede relative all’omofobia che parlano della omosessualità nella Bibbia vengano offerte agli studenti insieme alle altre, è necessario – afferma l’Arcivescovo – che gli insegnanti di religione si facciano carico di spiegare in modo approfondito agli alunni il significato dei brani biblici indicati, sottolineando la superficialità delle domande che le schede propongono». «Infine – conclude la Nota – si richiamano le famiglie con figli nelle scuole di ogni ordine e grado a vigilare perché sul tema della sessualità a scuola si proceda sempre e soltanto con il permesso esplicito delle famiglie stesse, dopo che esse siano state compiutamente informate delle modalità didattiche e dei contenuti che verrebbero proposti».