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IL CONVEGNO

Toh, ci sono femministe contro l'utero in affitto

Il convegno di "Se non ora quando" alla Camera dei Deputati, ma senza il patrocinio della Boldrini è un elemento interessante nel dibattito del fronte contrario all'utero in affitto, ma le motivazioni delle femminsite sono troppo orientate al concetto di autodeterminazione. 

Vita e bioetica 24_03_2017

Il mancato patrocinio da parte della presidenza della Camera, targata Laura Boldrini, all’evento ‘Maternità al bivio: dalla libera scelta alla surrogata. Una sfida mondiale’, forse è il riconoscimento più alto di quanto l’incontro internazionale dei movimenti femministi, tenutosi ieri a Montecitorio, sia stato autenticamente schierato, senza se e senza ma, contro la barbara pratica dell’Utero in affitto.

“La decisione viene istruita dall'Amministrazione, che non mette il 'timbro' dell'Istituzione su iniziative che appoggino una parte o l'altra in questioni complesse e controverse. La stessa scelta, naturalmente, sarebbe stata fatta qualora il patrocinio fosse stato chiesto da chi è a favore della maternità surrogata. E' un elementare segno di terzietà dell'Istituzione Presidenza", si leggeva in mattinata in una nota diffusa dal portavoce della presidente della Camera.

Ma se la Boldrini (eletta nelle liste del partito di Niki Vendola) si permette il lusso della terzietà su un tema così dirimente per il futuro della dignità delle donne, ben altre parole sono state dette nel pomeriggio al convegno organizzato dall’Associazione femminista ‘Se non ora quando’ e che ha visto la partecipazione di numerose parlamentari italiane e europee di tutti gli schieramenti, di rappresentanti di movimenti femministi di tutto il mondo, della cultura, della scienza e persino di diverse organizzazioni del mondo lgbt, come ArciLesbica e Equality. Presenti anche scrittrici e giornaliste impegnate, tra le quali Susanna Tamaro e Monica Ricci Sargentini che cura i temi del mondo femminile per il Corriere della Sera.

Ospiti di punta sono state alcune personalità vicine alle istanze femministe e impegnate nella lotta contro l’utero in affitto nei rispettivi paesi europei di provenienza: Laurence Dumont, vicepresidente dell’Assemblea nazionale francese;  Sheela Saravanan, ricercatrice associata all’Istituto Sud Asia dell’Università di Heidelberg in Germania; Sylviane Agacinski, filosofa e femminista francese nota in tutto il mondo del collettivo CoRP e Stephanie Thögersen, program manager della Swedish Women's Lobby.

Il momento di confronto ha rilanciato l’iniziativa internazionale partita nel gennaio 2016 a Parigi che ha l’obiettivo di chiedere alle istanze delle Nazioni Unite preposte al rispetto delle Convenzioni sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione delle donne (CEDAW), sui diritti umani e sui diritti dei bambini, di aprire una procedura volta a raccomandare il divieto della pratica della maternità surrogata in quanto incompatibile con il rispetto dei diritti umani e della dignità delle donne.

Non solo ma nell’atto di richiesta le femministe riconosco anche l’importanza del riconoscimento della diversità tra i sessi: “La Convenzione CEDAW nel suo preambolo accorda un’attenzione particolare all’eliminazione di tutte le barriere economiche, politiche, soprattutto sociali e culturali che impediscono l’uguaglianza tra donne e uomini e riconosce in particolare il valore fondamentale della differenza tra gli uomini e le donne che appare dunque superiore anche all’autodeterminazione delle differenti culture e al principio del relativismo culturale”

Certo, il presupposto da cui partono le femministe è che la conquista della libertà di scelta è stato un cambiamento di enorme portata che consente alla maternità di  “ridisegnare i confini di una nuova idea di libertà”. “Ma a condizione – è stato affermato con forza - che non venga privata del suo senso umano e che non venga ridotta alla bruta materialità biologica”.

La presidente di  ‘Se non ora quando’ Francesca Izzo ha infatti sottolineato che la soluzione non può essere “l’accettazione di un modello di vita nel quale le donne godono di maggiori libertà ma al prezzo di cancellare ogni loro tratto differente, neutralizzarsi, in nome di quella uguaglianza consegnata alla storia del dominio degli uomini”.

La Izzo ha poi spiegato senza giri di parole che “con l’aiuto della tecnica le donne sentono di poter svincolare la maternità dai limiti temporali, dai limiti corporei coltivando l’illusione di corrispondere al modello di un individuo del tutto padrone di sé, del suo tempo, con un corpo a totale disposizione della propria volontà, quando e come vogliono”. “E d’altra parte – ha proseguito - fidando che una soluzione tecnica si troverà, si può accettare passivamente di rinviare la maternità perché non ci sono soldi, non c’è la sicurezza del lavoro, della casa, ma sentendosi personalmente inadeguate perché avere un figlio appare come una faccenda maledettamente privata”

In pratica il ragionamento delle femministe è questo: se si accetta, come nella maternità surrogata, anche in quella cosiddetta solidaristica, di spezzare l’unitarietà del processo della maternità, di segmentarlo in ovociti, gravidanza e neonato, togliendo alla gravidanza ogni “pregnanza” fisica, emotiva, relazionale e simbolica, facendone un processo meccanico/naturale, si incrinano le basi stesse dell’autodeterminazione.

Tuttavia. Chi si aspettava un dibattito unicamente ad uso e consumo dell’autodeterminazione delle donne è stato poi deluso dai numerosi interventi in cui è stato messo a fuoco il diritto del  bambino a non finire in balia di un turpe oggetto di mercimonio e a non essere allontanato dalla madre, concetto ribadito anche da Aurelio Mancuso, presidente dell’associazione gay Equality.

All’evento era presente anche il ministro della Salute Lorenzin che ha ricordato che la pratica resta illegale in Italia si è impegnata titolo personale (non a nome di tutto il governo) a portare avanti l’impegno per la messa al bando in tutti i Paesi del mondo: "L'utero in affitto deve essere riconosciuto come reato universale, bandito a livello internazionale, allo stesso modo delle altre forme di commercio e schiavitù degli esserei umani e questo in nome delle donne. Do la mia disponibilità a sostenere tutte le iniziative in queste senso che saranno messe in campo”.

"Mater semper certa est, non avrei mai immaginato che un giorno questa evidenza lampante potesse essere messa in discussione”, ha aggiunto l'esponente dell'esecutivo che ha quindi lanciato un stilettata alla Boldrini: “Come donna e come madre non mi stancherò mai di denunciare pubblicamente questa schiavitù e commercio, perchè i diritti delle donne non si difendono solo con la grammatica".

Le promesse di politici hanno lasciato smantellare la legge 40 da parte della magistratura appaiono certamente fuori luogo, ma l’impegno sincero delle femministe e apre nuovi scenari nella difesa di tutta l’antropologia umana.