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FRANCIA

Toccata e fuga di due terroristi

La rocambolesca fuga dei due presunti terroristi franco-algerini dopo la strage della redazione del Charlie Hebdo. Pur essendo sotto la lente dei servizi segreti sono riusciti a sopprimere i poliziotti di pattuglia e dileguarsi. Cronaca di una giornata fatta di falsi allarmi, misteriosi agguati e tanta paura.

Esteri 09_01_2015
I due ricercati

Dopo aver massacrato la redazione del Charlie Hebdo, il commando di jihadisti crivella di colpi un’auto della polizia e fredda un poliziotto accorso sul luogo della strage, un francese di origine araba, Ahmed Merabet, quarantaduenne, musulmano. E’ l’atto finale della strage, ma il primo episodio di una lunga e rocambolesca fuga. I tre uomini che compongono il commando attraversano tutta Parigi, dal centro al nordest della capitale. Dopo tre chilometri, abbandonano la loro auto e ne sequestrano una seconda, una Clio bianca, costringendo il proprietario a cederla. Si diffonde subito la notizia che potrebbero avere un ostaggio con loro.

In serata vengono diffusi dalla polizia francese i primi dati sui terroristi. Sono due i presunti killer, due fratelli di 34 e 32 anni, più un terzo uomo di 18 anni. I due fratelli hanno lasciato la loro carta di identità nella prima auto usata per la fuga. Distrazione grossolana o depistaggio deliberato? Secondo i documenti si tratta, comunque, di Said e Cherif Kouachi, due fratelli noti alla polizia e ai servizi di intelligence francesi. Secondo la polizia, i due fratelli sono nati a Parigi, e hanno "un profilo di piccolo delinquenti che si sono radicalizzati". Il più giovane, Cherif, era stato arrestato nel 2008 e condannato a 3 anni di prigione, di cui 18 mesi con la condizionale, in quanto componente di una gruppo che inviava combattenti estremisti in Iraq, basata nel 19/o arrondissement di Parigi. Nei mesi scorsi i fratelli Kouachi hanno cercato di sfuggire alla sorveglianza spostandosi da Parigi a Reims, dove avvengono le prime perquisizioni a tappeto delle forze speciali della polizia francese. Dei due, però, neanche traccia.

Il terzo complice viene identificato in un giovane senza dimora di 18 anni, Hamyd Mourad, che, secondo gli inquirenti, avrebbe fatto da autista. Ma a quanto risulta non c’entrerebbe nulla. Quando il suo nome si diffonde nei notiziari, i social network scoppiano, su Twitter parte l’hashtag “Hamyd è innocente” lanciato dai suoi compagni di classe. Giurano che non sia nemmeno mai andato a Parigi, ma fosse rimasto a scuola a Charleville-Mézières. Ieri mattina è Mourad stesso a consegnarsi alle autorità locali, con un solido alibi a suo favore.

Nella stessa mattinata, il terrore si diffonde di nuovo nella capitale francese: sparatoria nella periferia Sud. Secondo una prima ricostruzione degli eventi, due vigili intervengono per un incidente stradale in cui sembra coinvolta una Clio bianca, un’auto simile a quella su cui i due attentatori del Charlie Hebdo. A un certo punto un uomo con addosso uno zaino si avvicina, sfodera un fucile d’assalto e apre il fuoco contro i due agenti per poi fuggire. La vigilessa muore per le ferite riportate, dopo il trasporto in ospedale, un altro agente è ferito. Viene arrestato un sospetto, un nordafricano di 52 anni con precedenti, che andava in giro armato di fucile mitragliatore e indossando un giubbotto antiproiettile. A questo punto le informazioni si confondono. Ci pensa il ministro degli Interni Bernard Cazeneuve ad affermare che l’uomo arrestato non è l'uomo che ha sparato contro i poliziotti. L’attentatore sarebbe ancora in fuga. Inoltre, la versione diffusa dalla polizia afferma anche che non vi sarebbe alcun legame fra questo fatto di sangue e la strage del Charlie Hebdo. 

Dopo la diffusione della notizia, mai confermata, di un assedio ai due presunti killer barricati in una casa nel Nord di Parigi, la zona in cui vengono attualmente condotte le ricerche è nell'estremo Nord della Francia, in Piccardia, dove è scattata la massima allerta. I due fuggitivi sarebbero stati segnalati, inoltre, da una pompa di benzina da essi stessi derubata, nella regione dell’Aisne. Le autorità francesi, comunque, dopo l'ultimo vertice d'emergenza all'Eliseo, ribadiscono la loro politica del silenzio e della riservatezza.

Continuano, nel frattempo, le manifestazioni di solidarietà in tutto il mondo. A Parigi, ferita dall’attacco, non meno di centomila persone si sono date il cambio, in piazza, giorno e notte, tenendo in mano una matita, divenuta il simbolo della protesta contro la violenta censura islamica. “Je Suis Charlie” (io sono Charlie) è lo slogan replicato su tutti i manifesti listati a lutto e ripetuto anche dai tabelloni luminosi delle autostrade francesi. «Il mondo islamico moderato, quello vero, deve prendere le distanze in modo netto da questo atto», dichiara il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco. Papa Francesco lancia il suo hashtag #PrayersForParis in segno di solidarietà alle vittime. Tutte le associazioni musulmane francesi (e non solo) condannano l'attacco dei terroristi.

Ma la Francia, oltre che essere solidale con le vittime è carica di rancore. Il segno di questa diffusa rabbia popolare si manifesta subito, nella notte fra il 7 e l’8 gennaio, con una serie di attacchi vandalici contro le comunità musulmane. Una bomba è lanciata contro la moschea di Le Mans, un ristorante kebab (di fianco alla locale moschea) viene incendiato a Villefranche-sur-Saone, vicino a Lione, colpi di arma da fuoco sono esplosi contro la sala da preghiera di Port-la-Nouvelle, nel Sud della Francia. Nessun morto, si tratta solo di avvertimenti molto pesanti.

Per la repubblica transalpina arriva anche l’ora della demoralizzazione, per il mancato ritrovamento dei terroristi in tutta la giornata di ieri. Comunque finisca la storia, è già un’umiliante sconfitta. Due terroristi, nel mirino dell’intelligence parigina, hanno potuto aggirare i controlli, fare 12 morti e fuggire impuniti. E in serata arriva anche la notizia (dagli Usa) che entrambi i sospetti fossero nella lista delle persone indesiderate sui voli transatlantici.