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NARCISISMO A LEGGE

Tiziano Ferro, il figlio a "tempo determinato" e l'egolatria

Tiziano Ferro ha parlato del desiderio di avere un figlio con un altro uomo, ma solo a tempo determinato, quasi a confessare una paura che già trapelò quando parlava delle possibili «disfunzioni» di bimbi allevati da coppie dello stesso sesso. Probabilmente il cantante sa che essere padri non è un gioco, ma non riesce a sfuggire l'egolatria di cui «sono drogato». Perché la via d'uscita non è il sentimentalismo, ma l'adeguamento alla legge amorosa di Dio. 

Editoriali 24_06_2020

Vuole un figlio, con suo marito. È così che in una sola dichiarazione Tiziano Ferro ha parlato di due falsità giuridiche: che Victor Allen è suo marito e che due uomini possono essere entrambi padri di una stessa persona. 

Come mai i due vogliano crescere un bambino, privandolo della figura materna, Ferro lo ha spiegato così a La Repubblica: «È un bisogno molto forte, e in questo momento mio marito Victor lo vuole ancora di più, forse perché sta per compiere 55 anni». Un po’ come a dire che il figlio è uno sfizio da togliersi, prima o poi. Non c’è traccia del bisogno di quel piccolo o piccola che vogliono “allevare” perché lo spazio culturale e legale, nell’era dell’egoismo consumista protetto per legge, è garantito solo al «bisogno molto forte» (ossia alle pulsioni e agli istinti) degli adulti. Che seguano la legge buona ed ordinata della natura o meno, non importa. 

Perciò anche la realtà del figlio che va accolto così com’è e per sempre, può essere rifiutata. E infatti ormai la maternità e paternità vengono programmate a partire dalle esigenze di chi il figlio lo vuole a qualsiasi costo e a certe condizioni. Ferro, lasciando trapelare un certo timore del "per sempre", ha infatti spiegato che i due vogliono accudire il piccolo solo a tempo determinato utilizzando il sistema di affidi americano: «Qui in America ci sono diverse soluzioni - ha continuato il cantante - come il cosiddetto fostering, ovvero la possibilità di occuparti per un certo tempo di un bimbo, anche senza una vera e propria adozione».

In realtà il “fostering” è simile all’affido italiano, in cui i bambini vivono temporaneamente in famiglie che li accolgono in vista del ricongiungimento con quella di origine. Quando il ricongiungimento non avviene, in teoria il bambino resta nella casa che lo ospita fino ai 18 anni per poi decidere se rimanervi. Insomma, in America come nel nostro paese, l’affido dovrebbe essere temporaneo o meno, ma non in base alla volontà degli adulti (che devono dare tendenzialmente disponibilità illimitata) bensì in base a quella del minore. L’affido dovrebbe esistere, infatti, per tutelare i bambini non per far piacere agli adulti. Ma dalle parole del cantante pare che la tendenza sia un'altra. Non a caso, la domanda su quale sia il bene del bambino non emerge, quasi sepolta sotto l'egocentrismo che non permette di vedere altro dalle proprie aspirazioni, in un mondo che non sa più accettare i limiti come lo spazio in cui si è chiamati a vivere e a costruire.

A dirlo non siamo noi, ma lo stesso cantautore che, intervistato sempre da La Repubblica nel 2017, spiegò perfettamente la malattia del nostro secolo: «Mi sento un po' in riabilitazione da egolatria...dall’esposizione, dalla fama, dall’esuberanza degli ego» che «alla fine ti intrappola in un certo senso, perché ti porta sempre a parlare di te, a guardare le tue foto, a scegliere come vuoi essere, a come sarai da qui a poco dopo».

Ma la colpa non è solo di Ferro e Allen, bensì di un sistema che avallando tutto questo si è scentrato rispetto all’obiettivo di garantire il massimo bene possibile ai minori, soprattutto se in condizioni di fragilità. Per cui in America e in Gran Bretagna è stata persino introdotta la stortura che permette alle coppie non sposate e a persone dello stesso sesso di accedere all’affido e all'adozione.

Non importa se lo studio di Mark Regnerus, ricercatore universitario americano, fortemente criticato pur essendo riconosciuto come ineccepibile in materia, ha dimostrato le difficoltà maggiori degli adulti cresciuti fin da piccoli con persone dello stesso sesso rispetto a chi vive in una famiglia stabile (composta da un uomo e una donna sposati).

Se è vero quello che dice Regnerus, immaginiamoci cosa significhi per bambini già problematici, con bisogni affettivi e di stabilità ancora maggiori degli altri, crescere con persone dello stesso sesso, per poi essere riconsegnati al mittente in caso i due ci ripensino. Ferro probabilmente teme perché intuisce che l'affido è una sfida serissima in cui si dà spesso senza ricevere e che un bambino senza madre può creare problemi, ma pensa di cavarsela con una mezza responsabilità, sempre dimenticando il bene del minore.

E che il clima culturale non aiuti ad uscire davvero dall'"egolatria", come la chiama il cantante, mentre la verità potrebbe liberare dalla menzogna, lo spiega lui stesso: «Ho sempre pensato che la mia vita all’estero mi stesse aiutando a disintossicarmi da questo atteggiamento di “dipendenza da se stesso” sempre. Poi un giorno ero proprio qui in America e stavo organizzando delle cose, sai la banca, la casa…e stufo di alcune risposte, non proprio bellissime, ho detto ad un amico: “Oh, ma veramente qua mi trattano tutti male, non ce la faccio più”. Lui mi guarda e mi fa: “Ma guarda che ti trattano da persona normale”. Questa cosa mi ha scioccato...è una disintossicazione non facile oggi...si diventa schiavi di questa cosa (l'egolatria,ndr)». Poi però parlò dell'«essere sentimentale», ossia dello sfogo delle passioni, come di una cura.

Anche se appunto Ferro, pur cercando di convincersi, sembra in fondo comprendere che un figlio non è un orpello che sta bene ovunque lo si metta: «Da solo non lo farei - ha chiarito - ma con Victor c’è una sensazione di tranquillità». A confermare che l'idea probabilmente lo preoccupa. Anche perché, come disse agitandosi, sempre a La Repubblica, in merito al fatto che in America si vedono molte coppie dello stesso sesso con bambini a carico: «Scopri come funziona, ma anche come disfunziona».

Che non sia completamente annebbiato e che in qualche modo si accorga della realtà, il cantante lo fece poi capire aggiungendo che «siamo schiavi di un’altra cosa che mi terrorizza, che è vivere per l’istante… io penso che invece il mio lavoro vada fatto con un’altra visione…fare qualcosa da qui all’infinito… lasciare un messaggio che rimanga. Questa è la disintossicazione dal proprio ego, uscire da quella scatola in cui ci sei tu al centro, tu al lato, tu sopra, tu sotto».

Nessuno (forse nemmeno i sacerdoti da cui disse di confessarsi da giovane) sembra aver aiutato il cantante a comprendere che per uscire da sé, e quindi dalla sofferenza, occorre seguire qualcono fuori da sé, qualcuno che indichi la Verità inscritta nei cuori umani e nell'ordine naturale delle cose. Chiedendo la grazia a Dio che non è solo «simpatico», come lo ha definito lui, ma soprattutto desideroso per ogni sua creatura della salvezza, legata al progetto che Lui ha per essa. Questa è l'unica cura per decentrarsi e per non bruciare l'istante abbracciandolo, limitato com'è, come luogo dove amare e lasciarsi amare dall'Infinito. L'alternativa, appunto, è rimanere schiavi di se stessi, delle proprie voglie e passioni. Intrappolando anche gli altri, soprattutto chi non ha voce, nella propria "egolatria".