Svedesi al voto sulle macerie del multiculturalismo
In Svezia, il vincitore delle prossime elezioni politiche potrebbe benissimo essere Jimmie Åkesson, leader dei Democratici Svedesi, con un programma di euroscetticismo e linea dura sull'immigrazione. Il suo partito è in testa in tutti i sondaggi. La Svezia raccoglie i frutti del fallimento del multiculturalismo, dopo 40 anni di esperimento sociale.
Ancora venti di burrasca sull’Unione europea. La novità è che adesso soffiano da Nord e non più solo dal Mediterraneo. La tranquilla Svezia, l’oasi felice, Paese campione di accoglienza e integrazione è a un bivio che si deciderà domenica con un attesissimo turno elettorale.
A cambiare le sorti di un’intera nazione, e non solo, potrebbe essere Jimmie Åkesson. Politico dal pedigree simile a quello di Sebastian Kurz: giovane, attentissimo all’immagine, eccellente comunicatore è IL leader dei Sweden Democrats, partito di destra noto per le posizioni nazionalistiche ed euroscettiche e fautore di una politica di rigore sull’immigrazione. Negli incubi di Bruxelles c’è un nuovo uomo nero. Infatti, come se non bastasse, Åkesson ha annunciato la volontà di promuovere un referendum per l’uscita del Paese scandinavo dall'Ue da tenersi dopo le elezioni generali. Elezioni che sono diventate fondamentali perché aggiungono la Svezia a quei popoli stanchi di immigrati e intenzionati a votare governi che parlano di confini, interessi nazionali, sovranità, e che precedono di un mese quelle in Baviera – che potrebbero rappresentare il colpo mortale per la Merkel.
Quando da sud si pensa al Paese scandinavo, la mente suggerisce civiltà: è in questo modo che viene celebrato il modello nord europeo, specie se si pensa al funzionamento dello Stato. Ma nell’Eden svedese qualcosa ha iniziato a rompersi, e da tempo. La Svezia è uno dei dieci paesi con la qualità della vita più elevata al mondo, ma il benessere non è capace di curare il malessere coltivato in anni di politiche sbagliate. Il 9 settembre si terranno le elezioni politiche e all’orizzonte ci sono tutti i segnali di un terremoto elettorale: “c’è una ed unica ragione: l’immigrazione”, ha spiegato il politologo Patrik Ohberg dell’università di Gothenburg in una intervista.
I Democratici Svedesi potrebbero arrivare primi con una forchetta che oscilla tra il 23 e il 28 per cento. Nel 2014 lo stesso partito valeva poco più del 12 per cento, mentre il partito socialdemocratico della sinistra moderata prese il 31 per cento e quello moderato di centro il 23 per cento. Come in un remake di un vecchio film, in Svezia potrebbe riproporsi quello che è già successo altrove: conservatori che crescono vertiginosamente, socialisti annichiliti e moderati sia di destra che di sinistra che collassano. E difficilmente i Democratici Svedesi possono essere definiti degli estremisti: dalle elezioni del 2014 il partito ha allontanato alcune delle sue frange più estreme per spezzare l’isolamento cui lo avevano sottoposto gli altri partiti; alcuni dei fuoriusciti hanno formato un nuovo partito, Alternativa per la Svezia, che si è fatto promotore di posizioni ancor più dure in materia di immigrazione e sicurezza.
Negli scorsi anni la Svezia è stato il secondo paese europeo per l’accoglienza dei richiedenti asilo. Ma la storia inizia ben prima. È nel 1975 che il Parlamento svedese decide all’unanimità la trasformazione in un paese multiculturale: quarant’anni dopo sono evidenti a tutti le drammatiche conseguenze di questo esperimento. I crimini violenti sono aumentati del 300%, ancora peggio è per gli stupri. Nel 1975 furono 421 gli stupri denunciati alla polizia; nel 2014, ben 6.620. Stiamo parlando di un incremento del 1.472%. Nel 2017, la polizia svedese confezionava un rapporto, “Utsatta områden 2017”, (“Aree vulnerabili 2017”, comunemente denominate no-go zones o porzioni di territorio che sfuggono al controllo dello Stato stesso) volto a mostrare che nel Paese sono ben 61 le aree di questo tipo riconosciute. E che comprendono 200 reti criminali, di cui fanno parte circa 5 mila delinquenti. Ventitré sono particolarmente critiche: bambini di soli 10 anni sono stati coinvolti in gravi crimini, anche in reati legati al traffico di armi e alla droga. Sono abitate da immigrati soprattutto musulmani.
Un rapporto pubblicato a giugno - “i rapporti con la magistratura nelle aree socialmente vulnerabili”-, redatto dal BRÅ (Brottsförebyggande Rådet), il Consiglio nazionale svedese per la prevenzione della criminalità, mostra invece come i criminali esercitino intimidazioni nei confronti degli svedesi affinché non si presentino a testimoniare, non chiamino la polizia, non si muovano liberamente e non intervengano se assistono ad atti di vandalismo. Secondo il BRÅ, in queste aree il “silenzio è diventato una norma consolidata”. Ma soprattutto il rapporto rivela l'esistenza di sistemi giuridici paralleli, come la moschea. Il Paese è stato letteralmente travolto dall’onda di crimini, stupri, roghi di auto – nel mese di agosto sono stati frequentissimi – aggressioni con sassi e bombe a mano contro le pattuglie della polizia e ambulanza. A febbraio, Peter Springare, ufficiale della polizia svedese, affermava che le violenze sessuali di gruppo sono un nuovo fenomeno culturale in Svezia – una conseguenza degli ultimi 10-15 anni di politica in materia di immigrazione.
Nel 2017 gli immigrati che hanno preso la residenza in Svezia sono stati 117.401; nel 2004 furono appena 38mila. E il 2017 non è nemmeno l’anno record: il gradino più alto del podio spetta al 2016 quando ad entrare nel Paese furono in 135.007. In pratica in quattordici anni gli arrivi sono cresciuti del 208,8 per cento. A raggiungere la Svezia sono stati soprattutto i siriani: 28.015 nel 2015; 48.973 nel 2016 e 20.947 nel 2017. Dall’Afghanistan sono arrivati in 11.309 nel 2017, dall’Iraq in 6.049. Oggi la Svezia ha superato i 10 milioni di abitanti, e sono 897.336 gli stranieri residenti.
Ulf Kristersson, leader del Partito Moderato svedese, in un’intervista concessa al “Financial Times” ha ammesso che la sua Svezia si trova in una situazione peggiore rispetto a quella della crisi finanziaria degli anni Novanta. L’afflusso continuo e massiccio di richiedenti asilo, assistiti e mantenuti a spese dei contribuenti, ha mandato in crisi lo stato sociale svedese. La sanità pubblica è tra le più disfunzionali d’Europa, oltre 350mila pensionati vivono sotto la soglia di povertà e il paese sconta un’annosa penuria di alloggi, aggravata proprio dal continuo afflusso di richiedenti asilo. L’indebitamento delle famiglie svedesi è superiore alla media del Vecchio Continente, e pone una preoccupante ipoteca sull’economia.
Ma in questo contesto particolare la sinistra spera che siano i Verdi a tenere botta per salvare il risultato elettorale. È il riscaldamento globale, infatti, il tema su cui hanno deciso di giocare gli ultimi minuti di confronto prima di domenica. Isabella Lövin, capogruppo del Green Party, ha accusato Åkesson di minimizzare quella che ha definito “la più grande sfida dell'umanità”. “Ora. Il clima non può aspettare”, recitano così i manifesti che hanno tappezzato Stoccolma. Ci si domanda, però, quale tipo di clima dovrebbe preoccupare gli svedesi.