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IMMIGRAZIONE

Sull'immigrazione i paesi dell'Est sono più pratici

Italia e Ue farebbero meglio a non sottovalutare i partner dell’Europa centro orientale del Gruppo Visegrad, che rifiutano di accogliere migranti illegali e persino i ricollocamenti previsti dalla Ue che riguardano solo le nazionalità a cui Bruxelles riconosce il diritto all’asilo. Invece il nostro governo reagisce con stizza.

Esteri 24_07_2017
Viktor Orban

Prima il ministro degli Esteri austriaco Sebastian Kurz ha minacciato di chiudere di nuovo i confini se l'Italia non fermerà gli "ingressi illegali" dei migranti a Lampedusa, poi il premier ungherese Viktor Orban, a nome dei paesi del Gruppo di Visegrad (Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca) raccomanda a Roma di arginare i flussi migratori nel Mediterraneo, chiudendo i porti o bloccando le partenze dalla Libia.

Stizzite le reazioni del presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, che sottolinea come proprio i leader di quei paesi si siano sempre rifiutati di accogliere i migranti.  "Noi facciamo il nostro dovere, pretendiamo che Europa intera lo faccia al fianco dell'Italia e non accettiamo improbabili lezioni o minacce come quelle che abbiamo ascoltato nei giorni scorsi al nostro Paese", ha commentato il premier.

L'Italia ha due opzioni secondo Orban: chiudere i porti o accettare l'assistenza offerta dall’Europa per fermare l'immigrazione direttamente in Libia. Nella lettera all’Italia i quattro leader di Visegrad scrivono che "stiamo seguendo con grande attenzione gli sviluppi del flusso migratorio", ma sarebbe un errore liquidarla come semplice populismo.

Anche perché i leader dell’Europa centro orientale hanno le idee chiare su immigrazione, islam e terrorismo; temi che nella Mitteleuropa vengono considerati paralleli a differenza dei paesi europei occidentali dominati dalla dittatura del “politicamente corretto”. “Penso che sia un nostro diritto decidere di non volere un elevato numero di musulmani nel nostro Paese” ha detto recentemente Orban. Il ministro degli esteri ceco, Lubomír Zaorálek, ha detto che “la gente che sta arrivando non ha alcun interesse reale a integrarsi” sottolineando la volontà di non “ripetere l’errore commesso dai Paesi occidentali” e  rilevando che “non ci sono attentatori suicidi tra gli ucraini e i vietnamiti”, comunità radicate nella Repubblica Ceca. In Slovacchia il premier Robert Fico sostiene che “non assisteremo a questa follia con le braccia spalancate accettando tutti, indipendentemente dal fatto che siano immigrati economici o no. Dobbiamo cominciare a dire la verità sui flussi migratori. Non voglio vedere una comunità musulmana in Slovacchia. Non voglio che ci siano diverse decine di migliaia di musulmani che promuovono la loro ideologia. Non vogliamo cambiare le tradizioni di questo Paese, che sono costruite sulla tradizione cristiana”.

Un solido impianto di idee e valori che cozza inevitabilmente con una Ue che non sembra in grado di gestire la minaccia dei flussi migratori illegali né di esprimere leader o aspiranti tali determinati. Basti pensare alle “misure immediate” proposte all’Italia da e Martin Schulz, leader della SPD che tra due mesi sfiderà alle urne Angela Merkel. La prima è convincere, in cambio di denaro, altri Paesi europei ad accogliere i migranti giunti in Italia. Schulz però esclude dalla lista la Germania che “ha già dato”. Inoltre propone una strategia europea per l'Africa con “maggiore onestà negli scambi commerciali, aiuti umanitari più efficienti e stop alla vendita di armi nelle aree di crisi”. Misure che anche se avessero un senso e venissero applicate porterebbero forse il benessere in Africa tra 70 anni senza risolvere la crisi attuale. All’approccio buonista e “sessantottardo” dell’Europa Occidentale risponde il pragmatismo dell’Europa Centro-Orientale.

Il Gruppo di Visegrad si appresta infatti a passare dalle parole ai fatti dopo che nel giugno scorso i ministri della difesa di Austria, Croazia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria si sono riuniti a Praga, nell’ambito della “Central European Defence Cooperation” (CEDC) mettendo a punto un piano militare che si attiverà nel caso di emergenza mobilitando gli eserciti congiunti per bloccare nuovi flussi di migranti alle frontiere. Il piano è stato concepito per far fronte a un’eventuale riapertura della “rotta balcanica”, qualora saltasse l’accordo con la Turchia, ma potrebbe venire applicato anche a ovest, lungo i confini austriaci r sloveni con l’Italia. Il documento della CEDC, sancisce la nascita della prima struttura militare multinazionale istituita per contrastare “invasioni” di migranti.

Italia e Ue farebbero meglio a non sottovalutare i partner dell’Europa centro orientale che rifiutano di accogliere migranti illegali e persino i ricollocamenti previsti dalla Ue che riguardano solo le nazionalità a cui Bruxelles riconosce il diritto all’asilo, cioè siriani e in parte iracheni ed eritrei, nazionalità marginali o quasi assenti tra coloro giungono in Italia per lo più da Africa Occidentale e Bangladesh.

La Ue è invece in “guerra” contro il Gruppo di Visegrad e un mese or sono la Commissione ha avviato le procedure di infrazione contro Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca per i mancati ricollocamenti di circa 10 mila migranti sbarcati in Italia e Grecia. Nessuna sanzione, per ora a Croazia, Slovenia e Slovacchia che ne hanno accettati meno di 300, per i due terzi accolti in Slovenia. La procedura d‘infrazione della Ue è ridicola per almeno due ragioni: la prima è che la politica nei confronti dell’immigrazione, tanto più quella illegale, è competenza dei singoli Stati e non dell’Unione.

La seconda è che in tutta la Ue i ricollocamenti procedono a rilento con appena 20 mila persone trasferite su 160 mila previste ed è la stessa Commissione a raccomandare di accelerare le espulsioni nei paesi di origine o di transito di oltre un milione di migranti illegali che non hanno diritto allo status di rifugiati.