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LA DOMANDA

Strage di bambini Possiamo ancora dire buon Natale?

«Non si può immaginare sacrilegio peggiore», ha scritto Adriano Sofri su Repubblica, per commentare la strage di bambini nella scuola di Peshawar. E Claudio Magris, sul Corriere della Sera, si chiede se non «è grottesco dire, tra qualche giorno, Buon Natale». Già, occorre domandarsi cosa ha a che fare il Natale con il bestiale crimine dei talebani...

Editoriali 18_12_2014
Un padre con il figlio ferito dai talebani nell'assalto alla scuola di Peshawar

Più che le parole sono le immagini a dare voce a volti, occhi e carne del bestiale massacro degli innocenti nella scuola di Peshawar. Padri e madri che scappano con i corpicini sanguinanti dei loro bimbi in braccio: «non si può immaginare sacrilegio peggiore», ha scritto Adriano Sofri su Repubblica, «né bersaglio più capace di illustrare gli assassini». Che hanno premeditato la mattanza, sono entrati nella scuola per uccidere il maggior numero di ragazzi e insegnanti e poi immolarsi per la gloria di Allah. Sofri ricorda che questa internazionale del terrore islamico è la stessa che ha mietuto centinaia di vite umane, da Beslan alla Nigeria di Boko Haram, dall’Afghanistan dei taliban all’Iraq del Califfato. Che brucia vivi ragazzi cristiani, deporta popoli, decapita chi si rifiuta di abiurare, ammazza gli stessi musulmani nelle moschee e nelle loro case.

Barbarie e atrocità inedite nella storia contemporanea, tanto da spingere Claudio Magris, sul Corriere della Sera, a immaginare una Quarta Guerra Mondiale, che, a differenza delle precedenti, sarà «l’ultima guerra, ma solo perché sembra che non finirà mai». In questo scenario di orrori continui, la coscienza laica di Magris avverte la lacerante contraddizione in cui si dibatte la nostra occidentale e, suo malgrado, cristiana civiltà. Che è riluttante, non trova più ragioni convincenti per resistere al male e affrontare un nemico sempre più cangiante, condannandosi così a una violenza perpetua.  E allora, dopo il massacro di Peshawar, conclude Magris, diventa perfino «grottesco dire, tra qualche giorno, buon Natale». Parole ultime, colme di desolazione e di resa, così definitive da negare la stessa speranza che per due millenni ha sostenuto la nostra civiltà.

Ecco la vera provocazione che il laico Magris lancia a noi tutti: dopo quei 140 morti innocenti qualcuno avrà ancora il coraggio di augurarsi buon Natale? Traduciamo (prendendoci tutte le responsabilità): cosa resta del mistero del Dio fatto uomo davanti a quegli innocenti uccisi e feriti? Scandalosa e ancora più insensata la morte bambina, perché neppure quella Nascita l’ha potuta evitare. Allora, come ci invita Magris, non c’è ragione degna per la festa, bisogna spegnere le luci perché anche noi, come i genitori di Peshawar, siamo stati traditi dal Natale. I buoni sentimenti non reggono all’urto di quel sangue e di quel macello. Ma già in origine la festa fu così: il Dio Bambino venne al mondo nel sangue, nell’assassinio annunciato della Croce. Ma non solo quella di Gesù: altre vite sono subito spezzate per causa sua. La strage degli innocenti strappati con le spade al seno delle madri, il sangue che macchia i lenzuolini e spazza via ogni aria di serenità e dolcezza. Quei bambini assassinati dalle milizie di Erode, primi martiri di una vendetta bestiale, non sono altro che presagio di una condanna che accompagna il mondo fin dai primi secoli.

Grottesco, scrive Magris e ha ragione: ci sentiamo sorpresi da questa umanità capace di tutto, piena di buone intenzioni, ma più spesso capace degli atti più efferati. I talebani certo, ma anche una madre assassina del suo bambino ci ricorda che il male cancella ogni differenza. «Non si può immaginare sacrilegio peggiore», dice Sofri, ma sappiamo che nella nostra meravigliosa umanità c’è anche qualcosa di storto che supera qualsiasi immaginazione. Dunque, o il Natale parla a questo uomo, sempre in bilico sul nulla, oppure meglio lasciarlo agli imbecilli. «Per amore di quest’uomo, Dio viene al mondo, nasce, soffre, muore. E questo Dio prega, quasi supplica l’uomo di accettare l’aiuto che gli viene offerto. Chiunque non abbia abbastanza coraggio umile per osare di credervi si scandalizzerà».  L'ha scritto Kierkegaard, filosofo laico e cristiano.

Ecco la questione: ci si scandalizza per il dono straordinario che Dio ci concede, non lo si ritiene all'altezza della cattiveria del mondo. Dunque, contro il Mistero si ritorce anche ciò che lo rivela e lo consegna nella realtà. Solo l’umile povertà conviene alla ragione: non ci siamo fatti da soli, Qualcuno ci ha messo a mondo per uno scopo, Lui dà e Lui toglie. Il Mistero è semplice per chi lo vuole vedere. Anzi, è lui che ci guarda.  La percezione nauseante della contingenza, per cui «tutto è di troppo» (Sartre) è invece il nostro angusto sentimento della realtà.  

Lo scrittore americano Cormac McCarthy descrive nel suo romanzo La Strada (imperdibile) questa coscienza devastata della realtà contemporanea. Lo fa attraverso il racconto del viaggio di un padre con il figlio tra le rovine incenerite del mondo dopo un imprecisato day after (la Quinta Guerra Mondiale?). Eppure, anche in questa desolazione, il padre può ragionevolmente rassicurare il figlio sul buon esito del cammino. Lui gli vuole bene, l’orrore è vinto da un abbraccio, dalla certezza che uno scopo buono e positivo c’è. Occorre un incontro per essere attratti e commossi.  Il Natale è l’annuncio di questo abbraccio, di un amore possibile: quello di Dio per gli uomini.  Questo sottrae l’esistenza al grottesco e ci dà il coraggio di augurare anche dopo quest’anno orribile buon Natale.