Sposarsi fa bene al portafogli
La coppia eterosessuale felicemente sposata guadagna di più di tutti gli altri. Il divorzio ha invece costi sociali enormi. Lo dimostrano le statistiche.
Gli Stati Uniti sono il Paese delle opportunità. Hanno oneri fiscali nonostante tutto ben diversi dai nostri, il redditto pro capite è più elevato e il cittadino più ricco. Malgrado le difficoltà, l’impresa privata è lanciatissima, gli investimenti sono lucrativi, il capitalismo è un bene sociale di utilità pubblica. Qual è il segreto del sogno americano? Il matrimonio.
A dimostrarlo sono le statistiche raccolte in uno studio scientifico, Marriage and Economic Well-Being: The Economy of the Family Rises or Falls with Marriage, pubblicato da Patrick F. Fagan (con Andrew J. Kidd e Henry Potrykus), direttore a Washington del Marriage and Religion Research Institute (MERRI), il focus-group del Family Research Council.
Nel 2009, infatti, solo il 5,8% delle famiglie naturali americane viveva sotto la soglia della povertà, e questo soprattutto perché la sicurezza sociale, economica e psicologica garantita dalla struttura matrimoniale eterosessuale stabile produce effetti virtuosi di fiducia reciproca, consente margini di risparmio più ampi e permette investimenti sociali coraggiosi.
Lo conferma anche il solo dato relativo all’autonomia con cui in questo modo i genitori possono allevare ed educare i figli: dipendendo cioè meno dall’assistenza pubblica, che negli Usa incide per 112 miliardi di dollari annui sulle tasche dei contribuenti. Del resto, esiste pure quello che gli economisti, numeri alla mano, indicano come “marriage premium”, ovvero l’aumento automatico nella produttività e negli introiti degli uomini stabilmente sposati causato dal matrimonio. Quel bonus è del resto un fenomeno costante e generalizzato: negli Usa è calcolato al 27%, in Sudafrica al 23%, fra il 1979 e il 1986 è stato del 20% in Australia, Francia, Usa, Germania, Israele, Lussemburgo e Svizzera, tra il 10 e il 20% in Gran Bretagna, Norvegia, Paesi Bassi, Italia e Canada, epperò gli stessi dati non si ripetono uguali in famiglie di divorziati risposati.
Il paper del MERRI mostra del resto come le coppie regolarmente sposate godano di esistenze economicamente più salde e floride delle persone unite da qualsiasi altra struttura “familiare” alternativa. E che invece il divorzio, la separazione dei coniugi e ogni altra forma di convivenza costano alla società moltissimo: calcola per esempio lo studio che se oggi il governo statunitense s’impegnasse e riuscisse a ridurre il numero delle famiglie che si sfasciano di solo un punto percentuale la cosa farebbe risparmiare ai contribuenti circa 1,1 miliardi di dollari l’anno.
Se dunque la correlazione tra benessere socioeconomico e integrità della famiglia eterosessuale regolarmente sposata è insomma nettissima, e di gran lugna superiore a quella mostrata da qualsiasi altra forma di convivenza, esiste altresì una sorta di corsa al ribasso man mano che i legami “familiari” alternativi peggiorano sul piano della stabilità, dell’investimento sul futuro e dunque anche della serenità dei suoi componenti. Peggio delle famiglie stabili di genitori eterosessuali regolarmente sposati stanno cioè quelle di genitori divorziati che si risposano, ma ancora peggio quelle dove i coniugi divorziano e basta, quindi quelle monoparentali e il fondo lo toccano le coppie conviventi.
In media, le coppie sposate stabili presentano infatti redditi doppi rispetto ai divorziati e quattro volte superiori rispetto ai separati. Statisticamente, è più probabile che entrino nel circuito produttivo, vengano impiegati e lavorino a tempo pieno i giovani maschi sposati che non i single. Gli uomini sposati tendono ad avere carriere più stabili, e ciò comporta guadagni superiori quasi del 30% rispetto a quelli dei maschi non sposati. Anche le donne sposate tendono a essere mediamente meno povere; e i figli di coppie regolarmente sposate mostrano, una volta divenuti adulti, più capacità d’intrapresa economica sul mercato. I figli di coppie conviventi se la cavano peggio di loro, ma fanno comunque meglio dei ragazzi con un solo genitore. Per contro, avere alle spalle una storia familiare disastrata aumenta del 50% le possibilità che un ragazzo finisca al livello socioeconomico più basso.
Tra le famiglie di risposati, le statistiche indicano l’alta probabilità che le donne vedano migliorare le proprie condizioni salariali rispetto a quelle intervenute dopo il divorzio, ma in media gli uomini divorziati che si risposano vedono i propri guadagni netti abbassarsi rispetto a quelli di uomini continuativamente sposati.
Le madri divorziate o separate sono 2,38 volte più a rischio di povertà delle donne che restano sposate. Dopo un divorzio, il genitore a cui vengono affidati i figli vede calare del 52% il reddito familiare. Una volta entrati nel mondo del lavoro, i figli di madri divorziate rientrano statisticamente meno degli altri nella fascia maggiore di reddito, e questo indipendentemente dalla fascia in cui rientrano i genitori. Ma l’indice di povertà tra i figli di madri divorziate che si risposano si riduce di un drastico 66%.
Le madri single con più di 20 anni presentano condizioni socioeconomiche mediamente più vicine a quelle delle ragazze madri adolescenti che non a quelle delle donne stabilmente sposate che sono diventate madri alla loro stessa età. Inoltre, le madri single guadagnano meno non solo, ovviamente, delle coppie sposate, ma anche dei padri single e delle famiglie di risposati, ponendosi allo stesso livello, basso, delle coppie conviventi. Oltre un terzo delle madri single vive del resto sotto la soglia di povertà.
Fra le coppie conviventi, le donne tendono poi a lavorare un numero di ore che cresce man mano che aumenta la retribuzione del partner maschile, e questo soprattutto per il fatto che tali coppie scelgono deliberatamente di mantenere separate le proprie ricchezze. Ciò avviene soprattutto fra le coppie che convivono da meno di quattro anni; quelle che invece convivono da più tempo senza essere mai state sposate prima, presentano una media del 78% di guadagni netti in meno dei membri di famiglie eterosessuali sposate stabili. E statisticamente i conviventi conoscono la più bassa crescita di guadagni netti di tutte le strutture “familiari” possibili, posizionandosi alla stessa stregua di vedovi e vedove.
La povertà è infine largamente diffusa fra le coppie che convivono e nei nuclei familiari monoparentali. Più di un terzo delle ragazze madri vive in povertà, e quasi il 60% delle madri single non più adolescenti campa di sussidi statali.
Insomma, la prossima volta che in un dato Paese dovesse abbattersi una pesante crisi economica sarà bene andare subito a controllare lo stato di salute dei matrimoni.