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IL FILM

Songbird, in scena lo stato di polizia da Covid

Prossimo futuro, Los Angeles: a furia di mutare il Covid è arrivato al numero 23. Il protagonista è un rider Immune, con braccialetto elettronico. Posti di blocco ovunque, tutti sono collegati con una App e gli infetti portati a forza in un campo-Q. Ecco Songbird, film distopico di Adam Mason con un ottimo cast.

Cinema e tv 13_07_2021

I “no-vax” saranno contenti di sapere che a tempo di record è stato realizzato un film hollywoodiano anti-lockdown e prefiguratore di uno stato di polizia permanente a causa della pandemia. Tanto per non essere equivocato, lo scenario è un prossimo futuro; anzi, un prolungamento dell’attuale presente e un Covid che, a furia di mutare, è arrivato al numero 23. Il film si svolge infatti… tra quattro anni, a Los Angeles, la città di cui Hollywood è una periferia.

Il titolo, Songbird, può alludere a un uccello canoro o a una cantante donna, ma da quel che ho capito può riferirsi anche al protagonista Nico che, per amore della sua fidanzata, decide di scrollarsi di dosso la tutela opprimente delle autorità sanitarie (che ormai sono diventate l’Autorità tout court). Il giovane regista Adam Mason ha convinto un calibro come Michael Bay (tra i migliori porta-soldi della Mecca del Cinema) a produrre la sua opera, che mette in scena star come Demi Moore, Sofia Carson e Alexandra Daddario (occhi incredibili, lanciati da Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo).

Girato in una Los Angeles fantasma (autentica perché, metropoli liberal, ha attuato, come si ricorderà, la più stretta clausura, non fosse altro che per fare un dispetto a Trump), il protagonista è un giovine rider che porta la spesa in motorino per il semplice fatto che è un Immune, cosa che deve dimostrare ogni volta esibendo uno speciale e apposito braccialetto elettronico. Posti di blocco dovunque, con agenti armati e incapsulati in tute-scafandri integrali gialle, il colore della peste (o del bio-hazard, se preferite il basic English). Interessante il fatto che, come accennato, il film non è altro che la proiezione in avanti di quel che potrebbe succedere (o succederà) se l’attuale Covid-19 peggiorasse a furia di mutazioni e i vaccini non riuscissero a tenergli dietro.

Tutti devono stare chiusi in casa a scannerizzarsi continuamente tramite una speciale app nel telefonino. Che è collegata con una centrale. Così, se uno si ammala, l’Autorità lo viene a sapere in tempo reale e scattano le misure sanitarie: l’infetto viene prelevato a forza da una squadra in scafandro e portato in un campo-Q, dove Q sta per quarantena. Da lì non si scappa e nessuno è mai uscito vivo. In città il capo delle squadre è uno psicopatico che, prima, guidava i camion della spazzatura. Poi, venendo meno via via tutti i suoi superiori a causa del contagio, non è rimasto che lui, essendo uno dei rari Immuni.

Il protagonista, tramite il solito amico mago informatico (afroamericano, cela va sans dire), scopre che c’è un fetente riccastro in grado di fornire braccialetti da Immune, falsi ma a prova di verifica. E tutta la storia consiste nelle peripezie di Nico per procurarne uno alla fidanzata prima che le squadre sanitarie vengano a prelevarla. La songbird effettiva è una ragazza che sogna di fare la cantante ma deve soggiacere al fetente di cui sopra che è un produttore musicale. Sarà aiutata da un altro genio informatico (un handicappato).

Insomma, un godibile film trumpiano, anche perché non tutte le minoranze oppresse sono, per fortuna, messe in scena. Di oppresso c’è solo il cittadino medio, cui si prospetta un avvenire cinese complice il coronavirus. God bless America, che ha ancora anticorpi vitali.