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LA TESTIMONIANZA DI UN MISSIONARIO

Siria, apriamo gli occhi sulla pulizia religiosa

Ospite del Meeting, il francescano Firas Lutfi squarcia il velo sulla pulizia religiosa in Siria che ha già fatto 380mila morti. "Quando i jihadisti attaccano fanno paura". "In Siria le radici della vita apostolica e della missionarietà. Sradicarle porterà a far seccare l'albero di tutta la Cristianità". 

Editoriali 23_08_2016
Nazarat a Rimini

Padre Firas Lutfi, 41 anni, originario di Hama in Siria, frate minore conventuale, è viceparroco della parrocchia di San Francesco e Superiore del collegio di Terra Santa ad Aleppo. Ospite in questi giorni del Meeting, è intervenuto sabato al rosario in piazza promosso a Rimini dal Comitato Nazarat per i cristiani perseguitati, questa volta anche in memoria di padre Jacques Hamel. L’iniziativa si ripete ogni 20 del mese ininterrottamente da due anni e si è allargata a numerose altre città italiane ed europee. Il testo che segue è fatto di brani della testimonianza a braccio di sabato scorso di padre Firas, su ciò che sta accadendo ad Aleppo e più in generale nella guerra in Siria, e sulla persecuzione dei cristiani in Siria e nord Iraq. Il testo non è stato rivisto dall'autore. 

In questa guerra, orientativamente, il numero dei morti è 380mila, metà bambini e donne. E' il dramma più eclatante del 21esimo secolo. Rispetto all’inizio, adesso le cose sono molto chiare: c’è uno scenario di lotta internazionale, di grandi interessi politici ed economici che si stanno giocando su quel terreno. Quelli che pagano le maggiori conseguenze sono donne e bambini, gli innocenti.

Da quando è stata interrotta l’ultima strada di accesso, Aleppo è diventata una grande prigione. Prima del conflitto la città contava 3 milioni e mezzo di abitanti. Stiamo assistendo oggi ad una pulizia etnica e religiosa forse mai avvenuta nella storia dell’umanità. I cristiani erano 150mila, oggi sono meno di 30mila. E quelli che sono rimasti sono davvero il piccolo gregge, e sono i più poveri. La nostra presenza come francescani è stare accanto a loro concretamente.

[...] I jihadisti quando attaccano, attaccano con decine di migliaia di soldati, fanno davvero paura. In Iraq, quando lo stato islamico è entrato nella grande valle di Ninive, e ha fatto piazza pulita di 150mila cristiani che per due millenni hanno vissuto lì, hanno segnato le porte dei cristiani con la lettera nun (Nassarah, i cristiani, ndr), per dire: il cristiano che vuole rimanere - ma nessuno è rimasto - deve pagare il prezzo della sua presenza, deve essere tollerato, perché secondo la legge islamica, in uno stato dove si applica sine glossa la legge islamica un cristiano non gode gli stessi diritti.

[...] A padre Jacques Hamel è stata tagliata la gola in nome di Allah. A un altro martire e io ho avuto l’onore di raccoglierne le spoglie, padre Murad, hanno sparato. Anche padre Frans Van der Lugt, un altro gesuita olandese che era rimasto a Homs nella città vecchia accanto a musulmani e cristiani, è stato liquidato con due pallottole alla testa, il giorno prima che arrivassero a un accordo tra il governo e i “ribelli”. Non sono gli unici martiri che hanno dato il loro sangue per Cristo, per la causa del Vangelo, ma sono centinaia di migliaia gli innocenti che muoiono.

Ecco, questo coraggio, il martirio del sangue, forse non è chiesto a tutti noi. Però la parola martire che viene dal greco indica effettivamente sia il martirio della vita - vivere eroicamente la fede, la speranza, la carità - sia la disponibilità ad offrire la vita per il Signore.

Ebbene, il terrorismo, il fanatismo e l’integralismo non è semplicemente vissuto in medio Oriente, ecco un motivo in più per incoraggiarvi a perseverare nella preghiera: affinché questo integralismo, questo fanatismo non arrivi mai a toccare questa bella e benedetta terra d’Italia. Che questo sangue versato per Cristo sia veramente la fine di tutto l’odio, il seme di una cristianità un po’ più autentica, più conforme al Vangelo.

Dopo il martirio di padre Hamel c’è stata la domenica della visita delle chiese. Ben vengano questi gesti. Però purtroppo una chiara denuncia delle grandi scuole dell'Islam, sull’Isis e sulle sue opere non è mai avvenuta, quindi c’è tutto un cammino da fare. Noi incoraggiamo ad arrivare a questo coraggio, a dire: mai più la violenza in nome della religione, in nome di Allah.

Allah nell’Islam è il Dio della misericordia, il Dio della pace, e quindi una lettura fondamentalista del Corano porta avanti un discorso veramente tragico, sanguinoso, esclusivista. Quindi aiutiamo i nostri fratelli musulmani anche a capire il vero volto di questo Dio, che è un Dio veramente misericordioso, non è egoista, è un Dio che è carità, cioè relazione, un amore che si dona e non pensa solo a se stesso.

E’ chiaro che per noi questo amore infinito è stato manifestato tramite la persona di Gesù Cristo. Ma non abbiamo paura di dire questo! Tante volte in nome di un pacifismo o di una paura dell’altro ci chiudiamo in noi stessi. Invece il gesto della diocesi alla quale padre Jacques appartiene, che aveva offerto il terreno per costruire la moschea, purtroppo è stato pagato con il martirio.

E’ un discorso veramente molto scottante, oggigiorno, però un modo anche per non aver paura è quello di ritornare alle radici della nostra fede. In Oriente non abbiamo paura a dire il vero, anche di dare il sangue sull’esempio di padre Jacques, di padre Murad, di padre Van der Lugt. Se il Signore lo vuole, non abbiamo paura di farlo, perché in quelle terre ci sono le radici della cristianità: il Vangelo, la vita apostolica, la vita di Gesù, della Madonna, la vita missionaria di san Paolo, di Barnaba e di Luca che ha scritto il terzo Vangelo sono lì, ad Antiochia, in Gerusalemme, in Siria. Ebbene, se vengono tolte le radici a questo grande albero della cristianità, il resto dell’albero secca e prima o poi muore. Ecco perché è importante unirci tutti quanti alla sofferenza, al dolore dei nostri fratelli cristiani, delle nostre sorelle che patiscono la persecuzione, la fame, la sete.

A nome di tutta la comunità del piccolo gregge rimasto ad Aleppo vorrei sinceramente e con tutto il calore che ho nel cuore dire grazie per la vostra presenza, per quello che fate per noi. Pace e bene.

*viceparroco della parrocchia di San Francesco

e Superiore del collegio di Terra Santa ad Aleppo